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Pnrr e crescita del Mezzogiorno. SRM, Deandreis: "Le risorse vanno spese bene"

Eduardo Cagnazzi

Dagli studi del Centro SRM (collegato con Intesa Sanpaolo) emerge che la crescita del Paese è stata inferiore almeno di un punto percentuale rispetto all’Europa

Deandreis (SRM): “Grazie all’Europa, le risorse ci sono e sono notevoli, ma vanno spese bene”

Dagli studi del Centro Srm (collegato con Intesa Sanpaolo) emerge che, negli ultimi venti anni, la crescita del Paese è stata inferiore almeno di un punto percentuale rispetto all’Europa. E, nel contempo, il Mezzogiorno è cresciuto meno del resto del Paese. L’economia post Covid è però in ripresa e il Pnrr e le riforme indicano una strada possibile per accelerare i processi di coesione territoriale. Intesa Sanpaolo è fortemente impegnata a sostenere questo percorso che ha al centro il ruolo delle imprese, come dimostra l’accordo firmato tra il Ceo Carlo Messina e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Con questo accordo il Gruppo bancario mette a disposizione 150 miliardi di euro per il rafforzamento della struttura finanziaria delle aziende, la digitalizzazione e l’innovazione, la valorizzazione delle filiera, la sostenibilità. E, in accompagnamento al Pnrr, per ogni euro di risorse pubbliche metterà a disposizione del tessuto produttivo oltre 2 euro.  

Grazie all’Europa, le risorse ci sono e sono notevoli, ma vanno spese bene”, dice il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis. "Esclusivamente per il territorio meridionale, le risorse ammontano a oltre 200 miliardi: 82 miliardi del Pnrr (2021/2026), 54 miliardi di fondi strutturali (2021/2027), 58 miliardi del Fondo sviluppo e coesione (2021/2030), 8,4 miliardi del React Eu, 9,4 miliardi per l’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, 1,2 miliardi del Just Transition Fund. Non solo vanno spese in maniera adeguata, occorre una nuova visione strategica fondata su quattro pilastri: industria, turismo e ambiente, energie rinnovabili, economia del mare".

Srm rileva che il Mezzogiorno è player industriale importante, anche perché l’industria al Sud è fortemente interdipendente con quella del Nord. Inoltre, nel manifatturiero 100 euro investiti nel Mezzogiorno generano una ricaduta aggiuntiva di 58 euro nel resto d’Italia. E per ogni euro che va all’estero se ne aggiunge poco più di un altro (1,3) destinato nel resto del Paese.

Su quali obiettivi puntare, Deandreis dichiara: "Aumentare la densità imprenditoriale, accrescere la dimensione di impresa, migliorare sensibilmente gli investimenti in ricerca, innovazione e digitalizzazione, fattori di competitività del tessuto produttivo. Si deve però puntare su un turismo sempre più "sostenibile, responsabile e intelligente" per favorire l’attrattività, la ricaduta economica e ridurre l’impatto ambientale. Puntare quindi sulla qualità, accrescere le connessioni con l’ambiente e la cultura e favorire l’effettiva ricaduta economica sul territorio. Il Sud rappresenta la chiave per raggiungere il target del 30% di quota green sui consumi finali al 2030, stabilito nel Piano nazionale per l’Energia e il clima italiano. Il Sud possiede un importante patrimonio di energie rinnovabili producendo il 53,2% di Eolico, Solare e Bioenergie, che può offrire un eccellente contributo al raggiungimento dei nuovi target di de-carbonizzazione. Il Mezzogiorno potrebbe inoltre candidarsi a hub europeo dell’idrogeno verde per la posizione geografica al centro del Mediterraneo, la vasta rete infrastrutturale e un solido know how scientifico e progettuale. Nel Mediterraneo transita infatti il 30% del traffico energetico marittimo mondiale ed è sede di importanti porti energy (oil & gas): Messina, Augusta e Cagliari sono tra i primi cinque porti italiani con  60 milioni di tonnellate di liquid bulk (38% del totale nazionale, anno 2020)".

Porti, shipping e logistica. Con oltre 4.400 imprese della filiera dello shopping, 15,8 miliardi di valore aggiunto generato dall’economia del mare, e sette Zes autorizzate con grandi opportunità per attrarre investitori, gli scali del Sud sono una risorsa essenziale per l’economia italiana e per il posizionamento geo-economico del Mezzogiorno. Occorre però che i porti del Mezzogiorno si trasformino in motori di sviluppo del territorio e hub logistici. Srm ha da tempo indicato la strada: internazionalizzazione, intermodalità, formazione, innovazione, free zone ed energia green.