Economia
Opa Tim-Kkr, tra silenzi e non detti: tutti i punti ancora da chiarire
Rimane misterioso come la Consob, che si è espressa su qualsiasi tema di finanza, non abbia proferito verbo sull'andamento del titolo
A proposito di silenzi, rimane misterioso come la Consob di Paolo Savona, che si è espressa su qualsiasi tema di finanza (come è giusto che sia) non abbia proferito verbo quando il titolo di uno degli asset più strategici in Italia, su cui si vuole costruire un pezzo importante della ripartenza, è prima balzato del 30% e poi è calato il giorno dopo di quasi il 3%. Non si tratta di prese di beneficio, ma di speculazione bella e buona. E servirebbe che si accendesse un faro, una luce o almeno un cerino.
Invece niente. Infine c’è Cdp. Il secondo azionista di Tim non si è ancora pronunciato, nonostante detenga il 9,8% dell’azienda. E non l’ha fatto per almeno due motivi: il primo è che fino alla presentazione del piano industriale prevista per il 25 novembre alle ore 15 il “low profile” sarà l’unico mantra dalle parti di Via Goito. Il secondo motivo è che il valore di carico della partecipazione in Tim è tra gli 0,65 e gli 0,7 euro per azione. L’offerta “amichevole” di Kkr è lontanissima da una soglia minima per evitare che un investimento condotto in più tranche si tramuti in un segno “meno” su un bilancio che è sempre stato in crescita anche durante la pandemia.
Dunque, se da una parte l’Opa teorica degli americani è legata all’adesione del 51% del capitale (e quindi non servirebbe l’adesione di Vivendi o di Cdp) è naturale pensare che fino a quando non si saprà che cosa voglia fare Dario Scannapieco la partita rimarrà congelata. Non è un caso, quindi, che Kkr abbia dato quattro settimane di tempo.