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Economia
Pensioni, Renzi: metterò più risorse. Riforma pronta, ultime notizie: dettagli

Pensioni, sulla riforma Renzi promette più soldi. "Quello delle pensioni è un tema sul quale bisogna lavorare perche' negli anni scorsi si e ' intervenuti con l'accetta". Cosi' il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parlando alla festa dell 'Unita' di Bosco Albergati (Modena). "Ci sono - ha sottolineato - le pensioni minime troppo basse. Dovremo trovare delle risorse in piu' per le pensioni, e non, come dice qualche scienziato, togliere i soldi dalle pensioni. Dobbiamo portare aiuto a chi non ce la fa".

Riforme delle pensioni, ultime notizie

Possibilità di anticipare il pensionamento e incremento dei redditi disponibili per i pensionati meno ricchi. È verso questi obiettivi che si sta muovendo da mesi il governo nella messa punto di un piano che vuole superare sostanzialmente due nodi dell’attuale sistema previdenziale-assistenziale: l’incremento dei requisiti per andare in pensione e l’adeguatezza dei trattamenti.

«Ci sono ancora un sacco di cose da fare - ha affermato ieri il presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi intervenendo alla festa del Pd in provincia di Modena - come le pensioni. È un tema sul quale bisogna lavorare perché in passato si è intervenuto con l’accetta, c’è uno scalino troppo grosso e le pensioni minime sono troppo basse».

Lo scalino - scrive Il Sole 24 Ore - è quello che si è determinato dai requisiti previsti ante e post riforma previdenziale messa a punto d’urgenza nel 2011 dal governo Monti. Ci sono lavoratori che si sono visti posticipare la prima uscita utile di 4-5 anni. Per le situazioni più evidenti si è intervenuti con sette provvedimenti di salvaguardia che potenzialmente coinvolgeranno 172.466 persone e forse ce ne sarà un ottavo con la prossima legge di Stabilità. Per tutti gli altri, invece, si sta ragionando su come intervenire.

L’Ape (anticipo pensionistico) dovrebbe essere l’intervento principale, almeno in termini di platea potenziale di interessati, in quanto riguarda tutti i lavoratori dipendenti. L’impianto generale è chiaro:?chi esce dal lavoro prima (fino a 3 anni e 7 mesi rispetto al requisito di vecchiaia) dovrà pagarsi la flessibilità tramite un prestito erogato dalle banche e da rimborsare in venti anni. Per le persone più in difficoltà è previsto un intervento compensativo dello Stato sotto forma di detrazioni fiscali. I dettagli, però, sono ancora da svelare e potranno fare la differenza. Perché sulle pensioni gli italiani sono sensibili e un costo troppo elevato, ma anche procedure complesse, potrebbero affondare lo strumento.

Il ricorso al finanziamento da parte di soggetti privati, però, è necessario per non impattare sui conti. Tecnicamente si potrebbe semplicemente ridurre l’importo della pensione a chi anticipa, perché versa meno contributi e incassa, almeno in teoria, per un periodo più lungo. Ma nel breve termine questa operazione determina un aggravio per i conti dello Stato (meno entrate sotto forma di contributi e più uscite in pensioni) e quindi ecco la via obbligata del prestito da parte delle banche.

Due ulteriori interventi sul tema della flessibilità dovrebbero riguardare due categorie particolarmente penalizzate dall’innalzamento dei requisiti: chi ha iniziato a lavorare molto giovane e chi svolge attività usuranti (definizione peraltro piuttosto ristretta che non include impieghi quali il muratore). Per costoro si dovrebbe in qualche modo ritornare al passato, consentendo di andare in pensione non troppo dopo i 60 anni.

Potrebbe risultare soprattutto utile per il futuro, caratterizzato da percorsi lavorativi frammentati ed eterogenei, l’intervento sulle ricongiunzioni. Quello che viene indicato come la possibilità di ricongiungere gratuitamente i vari spezzoni contributivi in realtà assomiglia più a un mix tra l’attuale cumulo e la totalizzazione (una proposta in tal senso è stata presentata dall’Inps guidata dal presidente Tito Boeri). Certo è che a fronte di requisiti sempre più elevati accompagnati da carriere lavorative discontinue, la possibilità di valorizzare al meglio tutti i periodi contributivi diventa una necessità.

Tutto questo piano, anche per gli interventi sull’adeguatezza (ampliamento della platea della no tax area e della quattordicesima o incremento di quest’ultima), deve fare i conti con il nodo dei fondi a disposizione. Fino a ieri il governo ha ipotizzando un budget complessivo da 1,5 miliardi, ritenuto insufficiente dai sindacati, per i quali ci vuole almeno un miliardo in più.

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