Pil, crescita in frenata. Finanziaria: strada in salita per il governo Conte
Il Pil potrebbe crescere solo dell’1,1% e dello 0,9% nel 2019. Sarebbero 14,5 mld di minore ricchezza che finirebbero con l’inasprire il confronto con l'Ue
Secondo: ogni volte che il deficit di bilancio è superiore all’incremento nominale del Pil (variazione reale più inflazione), il rapporto debito/Pil aumenta. Trovandosi già oltre il 130%, valore più che doppio di quel 60% considerato unanimamente una soglia “di sicurezza”, se il Pil nominale non sale abbastanza, il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles circa lo “spazio di manovra” da concedere all’Italia rischia di farsi rovente. La Ue finora ha previsto che, se nulla fosse stato fatto, la crescita avrebbe ridotto il deficit all’1,7% del Pil quest’anno e il prossimo.
Ottimo, visto che l’inflazione quest’anno dovrebbe essere pari (almeno) all’1,4% secondo l’Istat (era indicata all’1,5% nel Def) e che Bank of America Merrill Lynch la vede addirittura all’1,8% quest’anno (all’1,5% l’anno prossimo). Il che significherebbe un Pil nominale del 2,9% nel 2018 e del 2,4% nel 2019, livelli a cui si potrebbe spingere il deficit senza che il rapporto debito/Pil peggiori.
Via via che la crescita rallenta, però, il deficit “sostenibile” si restringe e le tensioni con la Ue (e la Germania in particolare) tenderanno a crescere. Il percorso davanti al governo Conte appare dunque molto stretto e accidentato e qualcuno potrebbe essere tentato, dall’una o dall’altra parte, di far saltare il tavolo. Il che, in un momento in cui la Bce sta per porre fine al quantitative easing (QE) rischierebbe di produrre ulteriore tensione su tassi e spread sui titoli di stato italiani. Quei titoli che in larga misura sono nelle casse delle banche italiane, con tutti i rischi che ciò comporterebbe in termini di prevedibile nuova “stretta del credito” che a sua volta potrebbe generare un ulteriore impulso frenante sulla crescita, facendo avvitare rapidamente l’economia in una spirale recessiva da cui con fatica l’Italia è uscita dopo la crisi del 2008, più tardi e più lentamente di tutti gli altri paesi d’Europa.
Luca Spoldi