Economia
"Re Gianni"Zonin via con un milione. Pensione d'oro da PopVicenza
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Ha sempre detto prima o poi di voler tornare tra i suoi vigneti disseminati tra Piemonte, Veneto, Toscana e Sicilia. A fianco del figlio Domenico a cui ha affidato le redini del suo impero vitivinicolo. Ora nonostante il disastro della Banca Popolare di Vicenza da lui presieduta per quasi un ventennio, Giovanni Zonin "un viticultore prestato alla finanza" come amava definirsi fino a poco tempo fa, lo farà con un assegno da milione di euro che la Popolare berica gli staccherrà per il suo ruolo di presidente nel 2015 (lo stesso che ha staccato anche nel 2014). Proprio l'anno della parabola discendente dell'istituto nordestino che da cacciatore nel risiko bancario è finito miseramente nella "lista degli osservati speciali" della Bce, da rafforzare con un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro e da quotare immediatamente in Borsa. 575 esuberi e 150 sportelli da chiudere, la triste eredità di un gruppo che conta 5.500 dipendenti, 703 filiali.
E dire che a "Re Gianni" Zonin, come lo chiamano in terra vicentina, campione nazionale del settore vitivinicolo, in Mediobanca, il cuore pulsante della City milanese, fino a qualche anno fa stendevano i tappeti rossi. Ora, la discesa agli inferi: per l'ex presidente della Popolare di Vicenza sono scattate le indagini della procura per le ipotesi di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza e l'Antitrust ha aperta un'istruttoria per presunta pratica commerciale scorretta nei confronti della banca che sotto la gestione Zonin avrebbe condizionato l'erogazione di prestiti a favore dei clienti (mutui, prestiti personali, aperture di credito in conto corrente) all'acquisto da parte loro di azioni o obbligazioni convertibili dell'istituto a caccia di risorse per rafforzare urgentemente il patrimonio.
A Vicenza, dove dicono che Zonin non si faccia più vedere neanche in centro (se non con la scorta), vie dove prima talvolta capitava d'incrociarlo spesso mentre passeggiava in tarda mattinata, sono imbufaliti. Specialmente quei piccoli risparmiatori (fra i quasi 119 mila soci complessivi) che dal 2011 hanno visto polverizzare il valore delle azioni della banca nordestina, da 62,5 euro a 6,30 euro, il 90% in meno. Un'amara medicina del valore di 5 miliardi complessivi da bere per la trasformazione in Spa del gruppo e portarlo a Piazza Affari.
Chissà cosa avranno pensato i malcapitati dopo aver saputo che Zonin, con una manovra sulle sue holding (probabilmente una mossa anti-sequestri futuri, si maligna), ha assicurato il controllo del suo impero vinicolo ai tre figli. Tre bonifici per un totale di 2,5 milioni sono appena arrivati nel conto dell’accomandita "Gianni Zonin Vineyards". Denaro per ricapitalizzare la Sas, retta da un intreccio di titoli in proprietà e usufrutto tra il capostipite e i figli. L’aumento, però, viene sottoscritto solo dai figli che salgono così al 50,02% garantendosi, a cascata, il controllo del gruppo. Un tempismo perfetto, non c'è che dire. Com'è che si dice? A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca?