Economia

Produzione industriale, l'economista: "Solo un recupero. Crescita non omogenea"

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

La produzione industriale a luglio ha segnato un rialzo dell'1,1% rispetto al mese precedente e rispetto al luglio 2014 si assiste a una crescita del 2,7%, da confrontare con un decremento tendenziale dello 0,3% a giugno. Dopo gli altri indicatori incoraggianti sui consumi interni, siamo finalmente di fronte a un rafforzamento strutturale della nostra economia?
"Dal punto di vista della domanda interna, inizia a muoversi qualcosa, visto il pessimo punto da cui partiva l'Italia. I consumi non potevano rimanere così compressi per tanto tempo. C'è da sottolineare un aspetto, però".

Quale?
"Se andiamo a vedere il dato disaggregato sui consumi si rileva il grosso contributo delle auto, beni che hanno un elevato tasso di sostituzione. Se posso fare una battuta, direi quindi che la rondine del dato sulla produzione industriale non fa ancora la primavera della crescita. La disaggregazione numero mette in luce rimbalzi attesi rimandati ormai da tantissimo tempo. Per il momento si stanno riprendendo solo i beni semidurevoli. Quando vedremo una omogenea distribuzione della domanda allora potremo finalmente affermare di essere fuori dal tunnel. E' eccessivo parlare di crescita. Possiamo dire che è iniziato un recupero delle posizioni perdute che è iniziato in maniera asimmetrica, proprio lì dove la perdita era stata elevata. Bisogna capire poi, se nei prossimi mesi questa crescita si distribuirà in maniera omogenea. In compenso, per quanto ancora un po' fragile, l'export resiste e in certi casi aumenta con buoni tassi. In alcune aree a rischio come Russia, Nord Africa e Brasile perdiamo quote mentre si riaprono delle prospettive in altri Paesi come Egitto, Iran o Cuba. Anche la stessa Cina, che sta espandendo il proprio Pil non più su una spesa di sovrainvestimenti pubblici ma su beni di consumo durevoli, rappresenta una grande opportunità per l'Italia che è più specializzata nella produzione di componenti light. Il quadro macroeconomico rimane più interessante all'estero che in Italia. E questo spacca il Paese".

Cioè?
"L'Italia si sta dividendo fra un parte che esporta e una che resta invece ferma perché basata su un modello di produzione fatto di servizi locali e di indotto pubblico. E in queste aree, le speranze di crescita sono molto minime. Se, come ha annunciato il governo Renzi, vogliamo trovare le risorse per finanziare il taglio delle tasse bisogna ridurre progressivamente e proporzionalmente la spesa pubblica. O, perlomeno, non farla crescere allo stesso tasso. Nel frattempo i settori industriali che si sono consolidati e si sono aperti al commercio internazionale riescono a godere del basso prezzo delle commodity, del basso costo del denaro e dell'euro più debole. Ancora una volta l'Italia non ha direttrici perfettamente simmetriche che nel medio periodo richiedono una prudenza ancora grande. Ripeto quindi: una rondine del rimbalzo non è ancora una primavera dello sviluppo. Ci vuole prudenza e bisogna attendere dati destagionalizzati".

Visto l'andamento di questi ultimi inducatori, però, possiamo almeno attenderci per la fine dell'anno una revisione al rialzo del dato sulla crescita, un aumento inizialmente previsto nel Def dello 0,7%?
"L'Istat ha appena fatto sapere che, tutto sommato, possiamo considerarlo acquisito. Quindi, credo che alla fine la revisione al rialzo ci sarà, anche se il dato esatto lo vedremo solo a consuntivo".

Un bene nella trattativa con l'Europa, per i margini di flessibilità sul deficit, nella stesura della prossima legge di Stabilità...
"Certo. Cambiando un pochino il target del 2015, muterà anche un po' l'esito della nogoziazione con Bruxelles e avremo maggiore forza contrattuale. L'economia si basa molto sulla psicologia: i piccoli segnali della produzione industriale aiuteranno a mettere in moto dei meccanismi psicologici degli attori dell'economia che spingeranno alla fine il cambiamento".