Economia
Quotate, filotto negativo dell'industria. L'Italia perde il confronto su tutto
Fatturato, crescita dei ricavi, profitti, market-cap e investimenti: l'annuario R&S di Mediobanca sulle quotate e la comparazione con gli altri gruppi europei
Un filotto negativo: fatturato e ritmo di crescita dei ricavi, profitti, market-cap e investimenti. E meno male che siamo la seconda economia manifatturiera d'Europa. La quarantaquattresima edizione dell'annuario R&S di Mediobanca sulle quotate conferma un quadro poco confortante per l'industria italiana. Nella top 10 europea per fatturato non compare infatti alcun gruppo tricolore.
Dominano invece i gruppi tedeschi che fatturano poco meno della metà del Pil italiano, con le 4 prime aziende tedesche (Volkswagen, Daimler, Bmw e Siemens) che da sole valgono più dei primi 10 big italiani. Da rilevare che la manifattura italiana determina soltanto il 5,5% del fatturato cumulato europeo (contro il 55,8% della Germania, il 25,6% della Francia e il 13,1% Regno Unito) e il 4,6% del rispettivo Pil nazionale (contro il 24,1% della Germania, il 15,9% della Francia e l'8% del Regno Unito).
Allargando poi lo sguardo al quinquiennio 2014-2018, si osserva come il ritmo di crescita dei ricavi dei big player italiani sia più blando (+8%) rispetto ai britannici (+23,7%), francesi (+23,6%) e tedeschi (+15,1%). L'Italia è fanalino di coda anche in quanto a utili: suoi solo 3 dei 493 miliardi generati complessivamente in cinque anni. Meglio di tutti la Germania (218 miliardi), seguita da Regno Unito (140 miliardi) e Francia (132 mld).
Nemmeno la Borsa premia i big player italiani la cui capitalizzazione di mercato ha subito un calo del -8,7% sul 2014, inferiore solo al -15,7% dei big tedeschi. Crescono, invece, francesi (+32,1%) e britannici (+7,8%).
Gli investimenti si confermano infine il vero punto debole dei big italiani (15 mld nel 2014-2018, -9% in cinque anni) che faticano anche in quanto a redditività (ebit margin nel 2018 pari al 3,1%). I gruppi tedeschi investono esponenzialmente di più (460 mld, il 33,1% in più sul 2014), seguiti dai francesi (69 mld, +32,9%) e dai britannici (34 mld, +19,2%). Investimenti premiati da una redditività maggiore: ebit margin al 18,4% per il Regno Unito, all'11,9% per la Francia e al 7,8% per la Germania.
Le uniche note positive arrivano dall'aumento della solidità finanziaria dei grandi gruppi del nostro Paese e dall'incremento dei ricavi seppur in frenata rispetto al risultato dell'anno precedente. La situazione dei big sul fronte patrimoniale migliora grazie alla bassa incidenza della componente immateriale sul totale attivo e alla disponibilità in cassa. "Con un capitale netto tangibile in percentuale dei debiti finanziari pari al 57,3% - si legge infatti nello studio - sono secondi solo ai tedeschi (88,9%) e appaiono più solidi dei francesi (48,1%) e dei britannici (in negativo a causa dell'elevata presenza di intangibles)".
Per quanto riguarda infine i ricavi, il giro d'affari aggregato dei 42 grandi gruppi italiani quotati in Borsa è salito nel corso del 2018 del 3,3% a 366 miliardi contro i 354 miliardi dell'anno precedente. Al risultato, che è comunque pari alla metà dell'incremento del 6,6% registrato l'anno precedente, hanno contribuito in misura cruciale le esportazioni (+6%) mentre la domanda interna è rimasta asfittica con un modestissimo aumento dello 0,2%.
Ancora una volta il settore energetico ha fatto la parte del leone incidendo per oltre la meta' (52,8%) sul fatturato aggregato grazie a una crescita del 7,5% dei ricavi legata ai maggiori prezzi del greggio. Cresce anche la manifattura (+2,6%) che genera il 26,8% del giro d'affari totale. Proviene prevalentemente dal terziario (autostrade, poste, tlc, tv, ecc.) infine la quota restante. Nel 2018-2014 sono aumentati i ricavi delle grandi aziende private (+15,8%), al contrario delle pubbliche (-9,2%) che pero' fatturano mediamente il triplo e determinano il 65,7% delle vendite (contro il 34,3% delle private).
Bene soprattutto i gruppi manifatturieri privati (+3% sul 2017) rispetto a quelli pubblici (+1,7%), specialmente se si allarga il confronto ai cinque anni (+30,7% i privati, -17,3% i pubblici). Nel 2018 Eni (di nuovo prima dopo 4 anni con 75,8 miliardi) ed Enel (tornata seconda con 73,1), hanno inciso per il 41% sul fatturato aggregato seguite da Fca Italy (27,2 mld) e Poste Italiane (25,6 mld).
In termini di performance, solo cinque gruppi hanno messo a segno un aumento dei ricavi in doppia cifra: si tratta di Saras (+35,9%), Moncler (+18,9%), Eni (+13,3%, unico gruppo pubblico fra i primi tre), Interpump (+11,6%) e Iren (+10%, prima local utility).