Reddito di cittadinanza, Fornero gela il M5S: "Ha già fatto dietrofront"
Def, reddito di cittadinanza e vincoli di bilancio: l'intervista di Affaritaliani.it all'ex ministro del Lavoro Elsa Fornero
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
La dichiarazione del ministro del Lavoro in pectore del M5S Pasquale Tridico sul reddito di inclusione? "Direi che si tratta di un cambiamento di posizione di 180 gradi sul reddito di cittadinanza. Cioè totale. E' una conferma che in campagna elettorale si dice una cosa e poi, quando ci si avvicina al governo, l'atteggiamento delle forze politche è completamento diverso". Così l'ex ministro del Welfare Elsa Fornero, intervistata da Affaritaliani.it, commenta la posizione del M5S a favore del reddito di inclusione (Rei). Posizione che dimostra come con l'avvicinarsi del Def le forze politiche dovranno fare i conti con i vincoli di bilancio. "Ma non per omaggio all'Europa - dice la Fornero - ma perché sennò alla prossima asta dei Btp si renderanno conto che sarà più difficile chiedere soldi ai mercati per pagare gli insegnanti, mandare avanti gli ospedali e i centri per l'impiego". E sull'opzione risoluzione unica per il Def...
Secondo il ministro del Lavoro in pectore del M5S Pasquale Tridico il reddito di inclusione del governo Renzi-Gentiloni, strumento che "va rinforzato sul piano delle risorse", "concettualmente è molto simile al reddito di cittadinanza e può essere una base di partenza". Come ha letto queste dichiarazioni?
"Direi che si tratta di un cambiamento di posizione di 180 gradi. Cioè totale".
Perché?
"Se, al contrario, avessero sempre affermato in campagna elettorale che il reddito di inclusione è la strada da percorrere, che le risorse sono insufficienti e che bisogna raggiungere più persone, condizionando lo strumento al fatto che i beneficiari siano attivi e che ci siano uffici in grado di aiutarli nella ricerca del lavoro, allora l'elettorato avrebbe avuto l'idea di una continuità della misura di welfare e non di una contrapposizione frontale con quanto messo in campo dai precedenti governi. E' una conferma del fatto che in campagna elettorale si dice una cosa e poi, quando ci si avvicina al governo, l'atteggiamento è completamento diverso. E' un'amara soddisfazione".
Perché?
"Era stato il governo Monti, con la sottosegretaria al Ministero del Lavoro Maria Cecilia Guerra, a fare i primi passi sul reddito di inclusione. Se uno, quindi, legge le misure dei precedenti esecutivi in maniera positiva e non sempre in negativo come al contrario viene fatto in Italia, si può anche pensare che ci sia una sorta di continuità. Continuità che passa da una tradizione di sussidi dati senza nessuna condizionalità ad un'apertura su sussidi che sono condizionali al fatto che la persona si dia da fare e che l'amministrazione pubblica sia in grado di predisporre gli uffici per professionalità capaci anche di attivare le persone e di far incontrare la domanda e l'offerta nel mercato del lavoro. Ci vorrebbe un po' di coerenza in politica, perché altrimenti si finisce per prendere in giro il cittadino. Purtroppo, però, la politica ha rinunciato a fare azione formativa".
Le dichiarazioni di Tridico sono dettate dal fatto che il Paese si sta avvicinando all'appuntamento con il Def in cui il governo entrante dovrà formalizzare le linee guida delle proprie azioni di politica economica e quindi, contabilmente, dovrà inevitabilmente scontrarsi con i vincoli di bilancio?
"Le dichiarazioni sono di un tecnico, consapevole quindi di un fattore che spesso in politica viene dimenticato come il vincolo di bilancio. Vincolo che, quando ci sono debiti molto elevati alle spalle, si può allentare con molta prudenza e liberando risorse da altre spese. Chi andrà al governo si accorgerà che ogni volta che taglierà una spesa avrà a che fare con una persona che beneficia di quei flussi. Persone che non amano sentirsi definire come degli sprechi pubblici e che dovranno poi essere aiutati con il reddito di inclusione. La famosa spending review è un'operazione difficile da realizzare nel breve periodo e per liberare risorse necessita di un orizzonte temporale ampio".
Sta prendendo corpo l'ipotesi, avvalorata anche da quanto spiegato da Lorenzo Fioramonti, candidato ministro allo Sviluppo economico del M5S, di una "risoluzione unica" per il Def da votare in Parlamento in cui ogni forza politica cercherà d'inserire le parti essenziali del proprio programma nel documento: si va dalla flat tax fino al superamento della riforma Fornero sulle pensioni e al reddito di cittadinanza/inclusione. Tutto ciò, al netto un pacchetto originale di circa 30 miliardi che contiene sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, precedenti impegni con l'Europa e spese non differibili. E' possibile o qualcuno dovrà rinunciare a qualcosa?
"E, dico io ironicamente, non c'è altro da aggiungere alla lista? La flat tax è una rivoluzione fiscale che richiede un salto del buio. Tutto si può fare, ma con grandi danni per la collettività. Superare, ad esempio, la legge Fornero facendo piccoli ritocchi alla fine significa cancellare la riforma. C'è una enorme mancanza di rispetto per i cittadini. Sul Def le forze politiche dovranno fare molta attenzione a come si muoveranno, ma non per omaggio all'Europa, ma perché altrimenti si accorgeranno che alla prossima asta dei Btp i rendimenti per chiedere prestiti ai mercati saliranno e, con essi, la spesa finale dello Stato per interessi. Rendendo più difficile reperire i soldi per pagare, ad esempio, gli insegnanti, mandare avanti gli ospedali e i centri per l'impiego".