Economia
Risiko, la Borsa scommette su Castagna. Col Banco UniCredit riacciuffa Intesa
Banco Bpm torna al centro delle scommesse a Piazza Affari sul risiko bancario. Dopo un avvio in sordina il titolo ha preso a salire con decisione e al giro di boa guida il listino principale con un +6,51% a 1,3515 euro seguito da Bper Banca (+5,3% a 2,064 euro) e da UniCredit (+4%). Secondo alcune indiscrezioni ci sono stati contatti tra UniCredit e il Banco per valutare una ipotetica business combination, avendo verificato l'impossibilità di procedere con l'acquisizione di Mps (+1,4%) alla luce delle incertezze legate ai rischi legali e all'eventuale garanzia da parte dello Stato.
"L'ipotesi di aggregazione avrebbe un forte razionale industriale - scrivono gli analisti di Equita - in quanto rafforzerebbe in modo significativo il posizionamento competitivo di Unicredit in Italia sia in termini assoluti (quota di mercato dall'11% al 18%) che relativi". Intesa Sanpaolo, ricordano gli esperti, grazie all'operazione con Ubi ha il 20%, specialmente al Nord (quota di mercato da 10% a 20%). Il trend non solo in Italia, ma anche in Europa, come nel caso di Caixa-Bankia "va nella direzione di creare player di dimensioni maggiori, con quote di mercato superiori al 20%, per ottenere economie di scala a fronte dei maggiori costi fissi (investimenti in tecnologia) e capitale (regolamentazione) richiesti dal business".
L'agenzia Radiocor-Il Sole 24 Ore ricorda che Equita in un report recente aveva gia' messo in evidenza che il consumo di capitale derivante dagli effetti regolamentari negativi che Unicredit si attende per gli anni 2020-21 corrisponde all'entità dell'assorbimento che deriverebbe da un'acquisizione di Banco Bpm fino a 2,4 euro, con un pagamento 40% in cash e post oneri di ristrutturazione. Questo capitale, ragiona Equita, potrebbe essere allocato alla crescita esterna.
Per il Banco Bpm, sul mercato ci sono anche altre opzioni di crescita esterna. Equita calcola che, "considerando lo stesso approccio applicato nella recente operazione Caixa-Bankia in cui le due banche hanno utilizzato il buffer contro lo Srep a fronte degli oneri di ristrutturazione, ipotizzando 2,4 miliardi di oneri di ristrutturazione, la combined entity avrebbe infatti un Cet1 di 12,3% e un buffer contro lo Srep di 331 punti base (contro 415 punti base stand-alone per entrambe le banche)". In base alle stime degli analisti, "il deal potrebbe risultare migliorativo per l'utile per azione del 6% per Unicredit al 2022 e dell'11% al 2023, con un ritorno sull'investimento del 18%".
Banco Bpm, intanto, ha smentito "seccamente" ogni contatto con UniCredit, che da parte sua ha ribadito più volte di non essere interessata a M&A e di voler utilizzare il capitale in eccesso, dopo gli accantonamenti prudenziali per l'emergenza Covid, per remunerare i propri azionisti con dividendi e buyback. In ogni caso, soprattutto dopo l'acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo, entrambi gli istituti resteranno inevitabilmente al centro dei rumors sul consolidamento del settore: UniCredit come possibile elemento aggregatore e Banco Bpm come uno dei pochi candidati ancora rimasti "liberi".
"Nel caso di Banco Bpm, riteniamo che UniCredit non abbia nessuna fretta, vista la pulizia e la solidità di bilancio e l'assenza di alternative sul mercato domestico per i prossimi mesi", commentano gli analisti di Mediobanca. Gli esperti di Piazzetta Cuccia ritengono quindi che il tempo giochi a favore di UniCredit che, "preparandosi in anticipo sugli oneri legati al Covid e dopo l'operazione Intesa-Ubi, è il principale aggregatore domestico e in posizione di forza, con un certo numero di potenziali opzioni a disposizione".
Il tempo, infatti, consentirà di avere "maggior visibilita" sui costi effettivi della pandemia e sulla solidità dei concorrenti domestici, al momento solo parzialmente riflessa nelle valutazioni, dato che UniCredit puo' contare su uno dei coefficienti Cet1 più alti, su una delle incidenze di Npl più basse e su uno dei più alti livelli di copertura" dei crediti deteriorati.