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Economia
Shrinkflation, confezioni più piccole ma stessi prezzi: consumatori beffati

Mini-packaging e maxi-prezzi: il mistero della Shrinkflation. Ecco che cosa sta succedendo 

La spesa al supermercato è diventata un campo minato per il consumatore attento: prodotti che si restringono, ma prezzi che rimangono fermi o addirittura salgono. Non bastavano i rincari post-pandemia a pesare sul portafogli, ora siamo entrati nell'era della shrinkflation, un fenomeno subdolo e crescente che sta trasformando il modo in cui acquistiamo. Il termine "shrinkflation", dall'inglese "shrink" (ridurre) e "inflation" (inflazione), descrive una tendenza preoccupante che prende sempre più piede nei supermercati: le aziende riducono la quantità dei loro prodotti mantenendo inalterato il prezzo, o peggio, incrementandolo. Inevitabilmente questo trend (se così vogliamo chiamarlo), sta largamente, e silenziosamente, intaccando diversi e molteplici settori dell'alimentare diventando parte integrante della nostra esperienza di acquisto, un gioco ingannevole che i produttori giocano sul mercato per preservare i loro margini di profitto.

Secondo un'analisi di Altroconsumo la shrinkflation si manifesta attraverso la riduzione graduale e lenta delle quantità di prodotto all'interno delle confezioni. In poche parole, il tutto viene fatto davanti ai nostri occhi, adottando discrezione e astuzia per evitare reazioni immediate da parte dei consumatori. Il fenomeno colpisce in particolare prodotti di largo consumo, da pacchi di pasta a colombe pasquali, da fette biscottate a mozzarelle. La confezione rimane familiare, ma il contenuto si contrae sottilmente, un gioco di prestigio che sfugge spesso all'attenzione distratta del consumatore, almeno fino a quando si trova alla cassa con un prezzo invariato ma una quantità inferiore di prodotto tra le mani. In mesi di monitoraggio Altroconsumo ha riscontrato variazioni importanti nel quantitativo di prodotto all'interno delle confezioni: una strategia che fa lievitare i costi al chilo o al litro fino al 200%, complice anche l’inflazione. Succede quindi che le confezioni mutano qualche particolare estetico, aggiungono magari un ingrediente e, contemporaneamente, il peso del contenuto si fa più leggero. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica.

Esempi lampanti sono il detersivo per piatti Nelsen che passa da 1 litro a 900 ml, poi a 850 ml, mentre il prezzo al litro incrementa del 53%.

Nelsen, foto presa da Altroconsumo
 

Le Pringles Originals da 200 a 175 grammi, con un rialzo del prezzo al chilo del 22%.

Pringles, foto presa da Altroconsumo
 

Vediamo anche l'esempio di Vidal bagnoschiuma tonificante al muschio bianco: nel passaggio da 750 a 650 ml il prezzo al litro è salito del 22%, ma la confezione è rimasta pressoché identica, perché è diminuito il contenuto. 

Vidal sapone, foto presa da Altroconsumo
 

Prendiamo invece una bottiglia di birra Heineken Original. In alcuni supermercati, la disponibilità varia: da Esselunga, troviamo solo la bottiglia da 50 cl, mentre da Lidl quella da 40 cl. Ciò influisce sul prezzo al litro, con un aumento del 13% per la bottiglia da 50 cl rispetto a quella da 66 cl, e del 29% per quella da 40 cl.

Heineken, foto presa da Altroconsumo
 

Come tutelarsi dalla Shrinkflation

Sebbene calcolare con estrema precisione l'incremento dei costi e la riduzione delle quantità sia un enigma alla Sherlock Holmes, il rischio è che le micro-reduzioni cumulative si traducano in un salasso per il portafoglio del consumatore medio nel lungo periodo.

Per sfuggire a questa strategia di "mini-rapina" legale, occorrerebbe adottare un approccio alla spesa da maestro di finanza. Potremmo iniziare controllando le dimensioni e i pesi dei prodotti, fare una scrutinio da peso massimo al supermercato, confrontando i costi al kg o al litro. Oppure leggere l'etichetta con la precisione di un critico gastronomico, valutare il prezzo al chilo anziché il totale sullo scontrino, e mettere sotto esame le promozioni speciali.

La shrinkflation, se da un lato sembra il trucco del mago per affrontare gli aumenti di costo senza farci battere ciglio al bancomat, dall'altro solleva ovvi interrogativi sull'effettiva etica e trasparenza dietro questo fenomeno. Pur essendo una mossa furba per tamponare le finanze durante tempi di incertezza economica, rischia nel tempo di minare la fiducia dei consumatori, soprattuto perchè dopo le varie crisi degli ultimi anni, il consumatore è più sveglio che mai quindi le aziende che giocano a nascondino con tattiche poco trasparenti potrebbero ritrovarsi a fare il conto amaro dei loro stessi trucchi.

LEGGI ANCHE: L'inflazione mangia i risparmi degli italiani: bruciati 152 miliardi






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