Economia
Société Générale ha il 5,34% del Leone: ecco perché e che cosa succederà
Sbaglia chi pensa che dopo la morte di Leonardo Del Vecchio ora in Generali comandi, ancor di più, la linea di Piazzetta Cuccia: Milleri e Bardin non arretrano
Il futuro di Generali
Chiarito il nuovo assetto azionario, dunque, rimane da sciogliere il nodo sul posto lasciato vacante da Caltagirone nel consiglio di amministrazione di Generali. Al momento la situazione è piuttosto incerta. Fonti vicine al costruttore romano dichiarano di attendersi una qualche forma di apertura da parte del board del Leone. Ma le mosse possibili sono complesse. Intanto, perché il nome di Luciano Cirinà, che è stato indicato dalla lista Caltagirone, viene considerato irricevibile dalla maggioranza. Che lamenta l'incompatibilità del manager, ex prima linea proprio sotto Donnet - che aveva addirittura aiutato a stilare il piano industriale da presentare in assemblea - e poi diventato l'amministratore delegato in pectore dei "pattisti". Proprio per questo cambio di casacca in corsa, Generali ha avviato una causa di lavoro con Cirinà dopo averlo licenziato in tronco. Dalla lista di minoranza, però, si fa notare come non vi siano evidenze di un'incompatibilità del manager.
A quanto risulta ad Affaritaliani.it, tra l'altro, la stessa Consob, non ravvisando profili di incompatibilità in Cirinà, ha chiesto lumi alla maggioranza domandando se vi fossero motivi - non a conoscenza dell'Authority - per cui il manager non fosse adatto a sedere in consiglio. Non basta: il nome di Cirinà era il quinto nella lista presentata dopo Caltagirone, Marina Broggi, Flavio Cattaneo e Roberta Neri. Se si fosse deciso di metterlo terzo, che cosa sarebbe successo? Si sarebbe arrivati a un impasse già allora? E poi: siamo davvero sicuri che Cirinà vorrebbe entrare in consiglio di amministrazione come pietra dello scandalo? O non avrebbe forse tutto l'interesse a lavorare nel migliore dei modi, per fugare qualsiasi dubbio sulla sua lealtà e per terminare al tempo stesso la querelle con il Leone? Al momento non è dato sapere che cosa succederà, ma certo il dossier rimane ingarbugliato perché entrambi le parti in causa hanno qualche ragione da spendere.
Il ruolo della Delfin
C'è un ulteriore passaggio ancora tutto da esplorare. Si è pensato, forse erroneamente, che la morte di Leonardo Del Vecchio avrebbe rafforzato il potere di Alberto Nagel su Mediobanca e, indirettamente, su Generali. Tutto è ancora in via di definizione e il primo cda di Delfin con il nuovo assetto (i sei figli, la moglie Nicoletta Zampillo e il di lei figlio Rocco Basilico) guidato dall'amministratore delegato Romolo Bardin e dal neo presidente Francesco Milleri dovrà dire molto. Quello che però a Milano si ripete in molti salotti è che l'amministratore delegato di EssilorLuxottica sia stato al centro di vari bisbigli che l'hanno non poco indispettito. Di più: fu lo stesso Milleri a suggerire a Del Vecchio la strategia su Mediobanca ed è difficile pensare che ora si decida di abbandonarla. Lo stesso vale a Trieste, visto che ogni scossone sulla governance di Piazzetta Cuccia ha un enorme risalto all'ombra del Leone. Se, dunque, domani si troverà un nome che pacifichi gli animi, bene. Anche perché sono passati due mesi e mezzo dalla vittoria della lista di maggioranza e ancora non si è trovata la quadra sui ruoli. Se però anche domani dovesse esserci una fumata nera, allora ci troveremo davanti a uno stallo complicato per un'azienda che ha oltre 600 miliardi di attivi in portafoglio. E ci sarebbe davvero da preoccuparsi.