Economia

Sogin brilla con la cura di Gian Luca Artizzu

Rispondendo punto per punto alle domande di un’intervista finita sulla prima pagine del quotidiano diretto da Fabio Tamburini, Artizzu spiega una serie di cose assai importanti

di redazione economia

Sogin brilla con la cura di Gian Luca Artizzu

Non è passata inosservata l’intervista concessa dall’ad di Sogin a Celestina Dominelli sul principale quotidiano economico finanziario italiano, «Il Sole 24 Ore». Sogin è una delle aziende di Stato con la vita più tribolata, storicamente incapace di ‘grippare’ e di performare al meglio, anche se doppiamente strategica: anzitutto perché ha l’ingrato ma delicatissimo compito di risanare le aree che fino agli anni ’80 ospitavano le nostre centrali nucleari e poi perché è la società italiana che, insieme ad Ansaldo nucleare, ha mantenuto vivo (dopo l’annoso referendum che sancì l’addio all’energia atomica) il patrimonio di competenza in un settore che ritorna a essere decisivo oggi con gli auspicati piani del governo italiano di ritorno, appunto, al nucleare.

Artizzu è al timone di questa impresa importante da un anno e mezzo, ha trovato disastri e con fatica immane sta risanando la situazione. Rispondendo punto per punto alle domande di un’intervista finita sulla prima pagine del quotidiano diretto da Fabio Tamburini, Artizzu spiega una serie di cose assai importanti, a partire dal fatto che prima non c’erano numeri certi e tempi realistici sul piano di decommissioning e oggi finalmente sì. La gestione Artizzu si è segnalata da subito all’insegna di una ‘operazione serietà’ che ha fatto storcere il naso a qualcuno ma che è stata apprezzata da parte dell’azionista di riferimento, come fa capire lo stesso ad di Sogin: «Da subito, grazie al sostegno del Ministero dell’Economia, ho potuto avviare una ristrutturazione organizzativa che ha portato alla rotazione dei dirigenti di prima fascia - spiega - e ho ridotto i livelli decisionali per procedere più agilmente».

Esplicito, dunque, il riferimento al ministro Giorgetti e ai suoi più stretti collaboratori. Ma non solo. Intervistato sul vero rebus del decommissioning, ovvero l’individuazione delle procedure e del sito dove collocare il deposito unico nazionale delle scorie nucleari, Artizzu spiega: «Siamo ben incanalati perché il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con il Ministro Pichetto Fratin ha fatto un lavoro molto serio per incardinare il processo. Si tratta di un timing realistico con qualche sfida dentro che tiene conto della complessità normativa e ingegneristica dell’intero progetto. Ripeto, realismo e serietà».

E ancora: «Molte resistenze sono determinate da una propaganda avversa al nucleare, un sito del genere, progettato con i massimi standard di sicurezza, cederà una radioattività così bassa da non distinguersi dalle radiazioni naturali. Chi deciderà di accogliere il Deposito ed il Parco Tecnologico avrà un’infrastruttura all’avanguardia, con le conseguenti ricadute economiche, occupazionali e di evoluzione scientifica sul territorio».

Quanto ai numeri della dismissione delle vecchie centrali nucleari, Artizzu parla chiaro: «Rimettere ordine nella pianificazione, era un passaggio necessario, perché nel vecchio piano c’erano evidenti discrasie. Veniva infatti stimato un impegno di 8 miliardi al 2042 per messa in sicurezza, combustibile e smantellamento, ma non si teneva conto di una serie di costi che abbiamo fatto emergere, oltre all’impatto dell’inflazione e delle materie prime. Ora emergono i costi legati all’allungamento di dieci anni dei tempi di entrata in servizio del deposito nazionale e di alcune attività di smantellamento. Nel complesso, un’operazione serietà che abbiamo ritenuto fortemente necessaria». Dunque procedure e linee di comando snellite, una pianificazione aggiornata e ordinata, una collaborazione interistituzionale fluida. Viene voglia di scommettere, in una svolta finalmente positiva.

E per l’eventuale ritorno al nucleare? Artizzu non ama i giri di parole: «Sogin è spesso un capro espiatorio per responsabilità non sue. Attaccano noi per attaccare il nucleare, mentre all’estero siamo visti come benchmark, tanto che il nostro piano di decommissioning è stato replicato altrove e la Radwaste Management School, il nostro centro di formazione, è un successo che forma professionalità importanti anche all’esterno. Sogin ha un patrimonio di competenze formidabili che potranno tornare utili anche nella partita sul nuovo nucleare al centro dei piani del governo, ma che sono già oggi la migliore garanzia della sicurezza nucleare in Italia».