Economia
Stellantis, così il Dragone si è mangiato Tavares
Solo un mese fa l'ex ad di Stellantis sosteneva che l'unico modo per fronteggiare la concorrenza cinese fosse collaborare con Pechino. Abbaglio strategicamente letale
Stellantis, così il Dragone si è mangiato Tavares
Sembra passata un'era geologica da quando, lo scorso ottobre al Paris Automotive Summit, Carlos Tavares spiegava che l'unico modo che aveva l'Europa per fronteggiare la concorrenza cinese nell'automotive consisteva nel collaborare con l'industria del Dragone. Niente muri, dazi o guerre commerciali: collaborazione doveva essere la parola chiave, da usare e sfruttare per rilanciare la sempre più asfittica produzione delle auto – soprattutto elettriche - nel Vecchio Continente. Sorridente, in completo blu, cravatta azzurra e camicia bianca, Tavares elencava però, seppur con toni generalisti, sfide e problemi della “sua” Stellantis: l'elevato costo delle vetture elettriche, l'aumento dei prezzi dell'energia, l'assenza di incentivi governativi. La ricetta del manager portoghese era insomma formata da due ingredienti: cooperazione e competizione con la Cina.
L'abbaglio cinese di Tavares
Peccato che, a distanza di poco più di un mese da queste belle parole, Tavares avrebbe mollato gli ormeggi e si sarebbe dimesso dal ruolo di Ceo di Stellantis (o, forse, sarebbe addirittura stato cacciato). Colpa di vedute presumibilmente inconciliabili tra l'ex grande capo del gruppo e il gruppo stesso, alle prese nel frattempo con numeri non proprio positivi. Nel terzo trimestre del 2024 le consegne hanno toccato quota 1,148 milioni di unità: significa - 279mila vetture, il 20%, sul 2023, ovvero – 17% in Europa e – 36% in Nord America, due dei mercati più ghiotti per i brand del colosso.
I ricavi, intanto, sono crollati del 27% su base annua a 33 miliardi di euro. Il punto è che per uscire dalle sabbie mobili della famigerata transizione green – la spada di Damocle che sta preoccupando tutti i player occidentali – Tavares aveva scelto di tagliare i costi anziché aumentare le vendite, ma soprattutto di puntare sulla Cina, e non fare gioco di squadra con gli altri attori europei per limitare l'ascesa degli Ev made in China. Detto altrimenti, l'ex Ceo di Stellantis pensava che, stringendo i rapporti con Pechino, in maniera quasi automatica, il suo gruppo sarebbe riuscito ad accelerare sull'elettrico, e pure a recuperare quote di mercato. Abbaglio strategicamente quasi mortale.
E adesso? I sogni infranti di Stellantis
Ci sarà adesso da capire che cosa succederà ai progetti intavolati da Tavares. Su tutti, la gestione del marchio cinese Leapmotor attraverso la joint venture Leapmotor International stretta tra Stellantis e lo stesso Leapmotor. Questo veicolo, unico nel suo genere, avrebbe dovuto aiutare il gruppo guidato dal Ceo portoghese a competere con gli altri rivali cinesi e ad espandersi in tutto il mondo. Sembrava (sarà ancora così?) che la jv dovesse aprire una fabbrica in Europa da qui al 2026, con uno stabilimento Stellantis incaricato di sfornare modelli del brand made in China. Tra le opzioni sul tavolo c'erano quello di Tychy in Polonia – selezionato per la T03 – di Vallée de la Batterie in Francia, varie ipotesi spagnole e pure l'idea Italia con Melfi o Mirafiori.
Con in testa l'obiettivo di accelerare sul fronte Ev, Tavares auspicava una collaborazione cinese per ottenere tecnologia all'avanguardia, ridurre le emissioni di CO2 ed elettrificare la flotta. Anche perché la 500 elettrica di Mirafiori – uno dei modelli di punta del gruppo – non è affatto decollata. Nei primi dieci mesi del 2024 ne sono state vendute meno di 2mila unità. In attesa di saperne di più, intanto, c'è già chi, come Riccardo Ruggeri, ex CEO di New Holland, ritiene plausibile una progressiva fusione tra Stellantis e Renault, e tra l'unione delle due e Volkswagen.