Economia

La Tasi progressiva è sui valori di mercato delle case

La Tasi attuale è leggermente regressiva se consideriamo le sole famiglie proprietarie. Ma prima di eliminarla vale la pena chiedersi se sia possibile costruire un’imposta immobiliare progressiva. Partendo magari dai valori di mercato delle case, visto che la riforma del catasto è ancora lontana.

Tasse per pagare i servizi degli enti locali

Quando si discute di imposte immobiliari, gli aspetti distributivi sono importanti, ma non decisivi. Chi difende queste imposte, di solito le giustifica come contropartita dei servizi forniti dagli enti locali, che in gran parte hanno a che fare proprio con l’organizzazione e la gestione degli spazi urbani e quindi anche con le abitazioni.
L’idea di una service tax era alla base dell’introduzione della Tasi, che poi si è sostanzialmente tramutata in una riedizione dell’Imu. In altre parole, è economicamente fondato che i soggetti passivi di questo tipo di tributo siano gli utilizzatori degli immobili, perché la spesa dei comuni è indirizzata a loro vantaggio; in caso di locazione potrebbe anche essere coerente il riparto dell’imposta tra inquilino e proprietario, nella misura in cui nei comuni ben amministrati il valore dei fabbricati è più alto.
Il governo non ha dato a queste argomentazioni gran peso, indicando come prioritaria l’esigenza di rilanciare il mercato immobiliare e sottolineando l’effetto psicologico sui consumi della presa d’atto che le imposte diminuiscono sul serio. In realtà, l’effetto sul mercato delle abitazioni è quantomeno discutibile e la riduzione di gettito dovuta all’eliminazione della Tasi, circa 4 miliardi, è poca cosa sui bilanci familiari, a meno di non tirare in ballo appunto effetti di tipo “psicologico”.
Con la decisione di abolire la Tasi sulla prima casa, però, gli argomenti puramente redistributivi sono tornati di attualità: l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha dichiarato che in questo modo si mette in discussione l’articolo 53 della Costituzione, il quale stabilisce criteri di progressività per il sistema tributario. Altri hanno sottolineato che in valore assoluto i ricchi pagano più dei poveri, perché vivono in abitazioni che in media hanno maggior valore catastale, ma in percentuale del reddito familiare la Tasi pesa di più sui redditi bassi. Opinioni opposte, quindi. Altri ancora hanno affermato che l’articolo 53 non va scomodato perché la Tasi sottopone a imposizione il patrimonio e non il reddito. Ma la capacità contributiva cui fa riferimento la Costituzione non si esaurisce nel solo reddito e dipende anche dal patrimonio. Concentriamoci però sugli effetti sulla distribuzione del reddito. Se la Tasi è progressiva sul reddito, a maggior ragione lo sarà sul patrimonio, che ha una distribuzione più concentrata.

Quanto pesa la Tasi sulle famiglie

Se guardiamo alle sole famiglie proprietarie dell’abitazione, la Tasi attuale è in effetti leggermente regressiva, come conferma anche la Relazione generale della Banca d’Italia per il 2014 (pag. 102). Tuttavia, vanno fatte alcune precisazioni.
Se vogliamo conoscere l’impatto della Tasi prima casa su tutte le famiglie italiane, dobbiamo considerare anche quelle degli inquilini, che si trovano in genere nella parte inferiore della distribuzione del reddito e che pagano una Tasi nulla o molto inferiore rispetto ai proprietari.
Non è detto quindi che su tutte le famiglie italiane l’incidenza della Tasi sia decrescente rispetto al reddito. Nel lavoro ripreso dalla Relazione della Banca d’Italia si legge infatti che “la regressività scomparirebbe ove si includessero anche le famiglie non proprietarie e si assegnasse loro un’imposta nulla”. È ragionevole che le poche decine di euro che gravano in genere sui conduttori non cambino le cose.
Ma anche se la Tasi attuale è regressiva, prima di eliminarla può essere utile chiedersi se sia possibile costruire un’imposta immobiliare progressiva. Massimo Bordignon, Simone Pellegrino e Gilberto Turati su lavoce.info hanno proposto di introdurre una detrazione tale da esentare tutte le famiglie più povere. Il fine ultimo è limitare la perdita di gettito, da destinare a riduzioni di altre imposte. Ci sarebbe una soluzione più radicale: sostituire alle rendite catastali, vecchie e inique, i valori di mercato come base imponibile dell’imposta. È ora che si inizi a discuterne, perché di riforma del catasto non se ne vede l’ombra nonostante sia nelle agende politiche da almeno un ventennio.
La figura 1 mostra l’incidenza percentuale sul reddito di un’imposta uguale all’1 per mille del valore di mercato delle prime case. Sulle sole famiglie in proprietà sarebbe regressiva, ma su tutte le famiglie italiane sarebbe leggermente progressiva. Il gettito medio per famiglia proprietaria sarebbe di circa 230 euro all’anno.
Una deduzione potrebbe aumentare la progressività del prelievo, riducendo il carico sulle famiglie a reddito più basso. La figura 2 presenta appunto l’incidenza sul reddito dell’imposta con una deduzione di 100mila euro dal valore di mercato, a parità di gettito con il caso precedente. L’imposta diventerebbe quasi proporzionale anche sui soli nuclei in proprietà, e decisamente progressiva su tutte le famiglie.

figura1bordignon

figura2bordignon

L’idea che sia “giusto” abolire la Tasi prima casa perché è regressiva non sta quindi in piedi: già ora l’imposta è di fatto proporzionale sul complesso delle famiglie. E se davvero si volessero usare le moderne tecnologie informatiche e i mitici “big data”, sarebbe possibile passare dai valori catastali a quelli di mercato e costruire un’imposta sulla prima casa sicuramente progressiva anche sul reddito, oltre che sul patrimonio. Mantenendo questa imposta si potrebbero ridurre quelle sul lavoro, aiutando molto di più la crescita economica, rafforzando l’autonomia degli enti locali e anche la progressività del sistema tributario. Vale la pena tenerlo a mente, anche ora che la stiamo cancellando.

da http://www.lavoce.info