Economia

Tassi, Bastasin ad Affari: "Eccesso di timore. Italia al sicuro fino al 2025"

di Andrea Deugeni

Caro-energia, inflazione, crescita, tassi d'interesse e sostenibilità del debito: l'economista Carlo Bastasin analizza lo scenario per il nostro Paese

"Inflazione sotto il 2% nel 2023 e il ritorno del Patto di Stabilità non spaventa"

"C’è un eccesso di timore sui tassi d’interesse. Il mercato ha reagito in modo un po’ istintivo, perché la Bce, la Bank of England e anche la Commissione europea al momento stimano che l'inflazione tornerà sotto il 2% nel 2023. La sostenibilità futura del nostro debito? Dipenderà dal fatto che i generosi aiuti europei del Pnrr vengano usati bene e cioè se riusciranno ad alzere il tasso di crescita potenziale del nostro Paese di circa mezzo punto percentuale di Pil”.

Lo spiega ad Affaritaliani.it l'economista Carlo Bastasin, associato come senior fellow al Brookings Institution, il più importante think tank del mondo con base a Washington, prima economista per il Peterson Institute for International Economics sempre nella capitale Usa. Bastasin non si mostra preoccupato per il futuro aumento del costo del denaro, neanche nel 2023, “prima di tutto perché dal 2016 la Bce ha acquistato quasi interamente le emissioni di titoli italiani di debito. E ciò significa che anche se ci fosse un aumento dei tassi il nostro Paese non lo sentirebbe fino al 2025, quando i titoli andranno a scadenza. Titoli su cui ci può ancora essere un intervento della Bce".

Carlo BastasinDa sinistra, gli economisti Jean-Paul Fitoussi, Bastasin e Gianni Toniolo

 

E il ritorno dal 2023 del Patto di Stabilità?

Le regole sono state in vigore anche in passato, ma nessuno ha mai fatto valere l’unica regola che fa paura al nostro Paese e cioè quella della riduzione del debito per un ventesimo all’anno della quota eccedente il rapporto debito/Pil al 60%", dice.

L'INTERVISTA

Nelle sue previsioni economiche d'inverno, la Commissione europea ha appena tagliato le stime di crescita dell’Italia per il 2022 dal 4,3% stimato in autunno al 4,1% per le interruzioni prolungate lungo la supply chain e il forte aumento dei prezzi dell'energia. Caro-bollette, chiusura dei programmi di acquisto di titoli da parte della Bce e Bundesbank in pressing per l’aumento dei tassi d’interesse, con  Goldman Sachs e Deutsche Bank che prevedono due incrementi del costo del denaro nell’Eurozona già quest’anno da 0,25%: dobbiamo preoccuparci per il percorso di riduzione del nostro debito pubblico e per la sua sostenibilità futura?
“Non è semplice avere un quadro di ciò che sta succedendo. Le stime sull’inflazione degli economisti della Bce la identificano ancora come un fenomeno che tende a ridursi. E lo stesso fa la Bank of England”.

Bundesbank Nagel Lagarde
I banchieri centrali Jens Weidmann, Christine Lagarde e Joachim Nagel

E anche la stessa Commissione valuta che tornerà all’1,7% nel 2023… “Esatto, quindi se crediamo alle stime di questi previsori internazionali, stime che sono abbastanza condivise, forse c’è un eccesso di timore sui tassi d’interesse e il mercato ha reagito in modo un po’ istintivo. Una sorta di risposta automatica, per cui appena gli operatori registrano un cambio di scenario corrono subito a guardare i punti di debolezza di un Paese. E su questi temi,  l’Italia tradizionalmente offre degli spunti. Dal punto di vista della sostenibilità del debito, poi, tutto dipenderà dal fatto che i generosi aiuti europei del Pnrr vengano usati bene”.

In che modo?
“Per essere usati bene significa che i fondi comunitari devono alzare il tasso di crescita potenziale del Paese di circa mezzo punto percentuale di Pil. Ciò che vedo è che il Recovery Plan prevede molti investimenti sostitutivi, che erano cioè già previsti e finanziati, con l’Unione europea che è subentrata. Non sono molti, invece, quelli aggiuntivi. La qualità degli investimenti, poi, è difficile da valutare, perché sappiamo che ci sarà molto cemento messo su strada e ferrovie, ma la crescita potenziale aumenta inngenere grazie ad altri fattori”.

draghi franco
Il premier Mario Draghi e il ministro dell'Economia Daniele Franco

 

Quindi, dipenderà tutto dal prosieguo della “messa a terra” del Pnrr
“Esatto. Non è poco riuscire ad alzare la crescita potenziale dell’Italia di mezzo punto. Sarebbe importante riuscirci, ma è un dubbio. Dal punto di vista del numeratore e cioè del debito, (rapporto debito/Pil, ndr) invece, c’è un eccesso di allarme”.

Perché?
“Prima di tutto, perché dal 2016 la Bce ha acquistato quasi interamente le nostre emissioni di titoli di debito. Questo significa che se anche ci fosse un aumento dei tassi d’interesse, il nostro Paese non lo sentirebbe fino al 2025, quando le obbligazioni andranno a scadenza. Poi, non è escluso che vengano rifinanziate. Finora l'Eurotower ha acquistato molti titoli attraverso il Pandemic Programme (Pepp), programma di emergenza che ora viene a scadere. Ma la differenza fra il Pepp e l’App, l’Asset Purchase Programme che potrebbe in teoria compensarlo è che il primo poteva essere asimmetrico e infatti la Bce ha comprato più che proporzionalmente titoli italiani, mentre l’App non ha questa prerogativa. Venendo però anche quest’anno a scadenza un sacco di bond, il rifinanziamento fa sì che Francoforte possa riacquistare titoli con proporzioni discrezionali. La Bce quindi potrà decidere di acquistare molti altre obbligazioni sovrane di un Paese che potrebbe essere in difficoltà”.

E questo sarebbe d’aiuto per il nostro Paese…
“Esatto. L’inflazione poi sembra non crescere tanto nel medio periodo e quindi è un fattore il cui effetto sui tassi d’interesse potrebbe esaurirsi fra poco. Poi, sul lungo termine, riguardo al sostenibilità del debito, tutto dipenderà dalla crescita potenziale del nostro Paese”.

 

(Segue: la riforma del Patto di Stabilità in Europa, il rischio sanzioni comunitarie e quello instabilità politica nel 2023)