Economia
Telecom, Generali e Mediobanca: il silenzio assordante della Consob
Tim, l’ora dei messaggi trasversali e delle valutazioni
La fuga di notizie sul piano industriale di Labriola
Sperare che la Consob accenda un faro, un riflettore, anche solo una lampadina è esercizio fideistico e spesso destinato a rimanere senza risultati. Non è stato fatto – se non settimane dopo – nel momento in cui la battaglia di Trieste tra pattisti e Mediobanca infuriava, con ogni probabilità non succederà neanche questa volta con Tim.
Eppure, in un caso come nell’altro, l’authority dovrebbe provare a dire la sua. Perché con Generali parliamo di un’azienda che ha in pancia 660 miliardi, di cui 60 in buoni del tesoro; per quanto riguarda l’ex-Sip, ci stiamo riferendo a un’azienda che dovrebbe ricoprire un ruolo cardine nella digitalizzazione del Paese promessa dal Pnrr.
Ciononostante ci si ritrova la domenica sera a leggere smentite da parte dell’azienda. Il motivo? La richiesta che le autorità vigilino di fronte alla fuga di notizie che arrivano in merito al famoso piano industriale. Tim, infatti, ha emesso una nota piuttosto dura annunciando il ricorso agli organismi competenti per evitare che informazioni - al momento da verificare - possano ulteriormente danneggiare la società.
Qual è la pietra dello scandalo? Secondo diverse fonti, il fondo americano Kkr sarebbe pronto a mettersi di traverso rispetto all’idea di Pietro Labriola di procedere a una scissione di Tim tra una ServiceCo che si occupa dei servizi e una NetCo che invece dovrebbe essere il punto di riferimento della rete.
Più d’uno sostiene che Kkr, oltre ad avere necessità di ottenere una risposta sulla possibile Opa annunciata a fine novembre – su cui diremo dopo – potrebbe addirittura mettere il veto all’operazione di scorporo perché, in quanto azionista di FiberCop con il 37,5%, godrebbe di protezioni speciali sul ritorno dell’investimento. E Tim teme che queste e altre notizie trapelate negli ultimi giorni non possano far altro che nuocerle.
(Segue...)