Economia
Telepass scarica oneri sui clienti. L'altro business d'oro dei Benetton
Quando il monopolio diventa prepotenza...
Tuttavia da una società che da 27 anni è leader nei pedaggi automatici con una quota di mercato del 30% in Europa (e del 60% sulla rete autostradale in Italia) e che oltre ai pedaggi autostradali gestisce servizi di pagamento sosta nei parcheggi in struttura convenzionati presso aeroporti, fiere, centri cittadini e stazioni, di accesso all’area C di Milano, di strisce blue in varie città italiane e dal 2015 offre la possibilità di acquistare i biglietti per il traghettamento sullo Stretto di Messina, ci si attenderebbe una maggiore attenzione ai rapporti coi clienti. Clienti che, per inciso, a fronte di 158 milioni di fatturato registra un Ebitda (margine operativo lordo) di 91 milioni, pari al 57,5% del fatturato stesso. Come dire che Telepass “costa” solo 67 milioni, ampiamente ripagato dai canoni annui (appunto pari a 158 milioni).

Sono costi “equi”? La procedura di chiusura unilaterale dei contratti quando scadono le carte di credito (e non vi è dunque più chi “garantisca” il credito anticipato da Telepass) è migliorabile? Per rispondere correttamente sarebbe necessario vedere come agirebbero altri concorrenti, peccato che, come detto, in Italia di concorrenti Telepass non ne abbia affatto.
Nel nostro Paese la concorrenza è un concetto da confinare, per quanto possibile, solo sui manuali di economia, anche o forse soprattutto nel caso di imperi che valgono tra 8 e 9 miliardi di euro come quello dei Benetton. Imperi che non risentirebbero “materialmente” della concorrenza su business il cui giro d’affari annuale non raggiunge neppure il 2% del valore di tutte le attività del gruppo. Attività, per di più, che potrebbero a breve crescere ulteriormente se andrà in porto il matrimonio tra Atlantia e la spagnola Abertis, aprendo nuovi mercati anche a Telepass. Sempre che non si concretizzi una contro offerta: dannata concorrenza.
Luca Spoldi