Economia
"Terre rare? Lo stop di Pechino distruggerà gli Usa. Ma Trump ha già pronto un piano B molto più spregiudicato"
Il blocco dei materiali critici è una mossa forte per Stati Uniti ed Europa, ma Trump potrebbe avere una leva ancora più potente. Ne parla Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, società italiana di consulenza indipendente sulle materie prime

Donald Trump e Xi Jinping
Guerra commerciale tra dazi e blocco delle terre rare, l'intervista all'esperto: "La mossa di Pechino minaccia gli Usa, ma Trump ha un asso nella manica"
La Cina chiude il rubinetto delle terre rare nel pieno del braccio di ferro commerciale con Washington. Come? Sospendendo l’export di minerali critici e magneti – indispensabili per auto elettriche, droni, robot, missili e chip – e bloccando le spedizioni in diversi porti, in attesa di nuove regole. Secondo il New York Times, il provvedimento potrebbe trasformarsi in un embargo permanente, colpendo anche la difesa americana.
Xi Jinping mira dritto al tallone d’Achille di Trump, che da anni arranca sul fronte delle terre rare: prima ha provato a cercarle in Groenlandia, poi in certe aree dell'Ucraina. Ora, però, la ritorsione è reale e tocca il nervo scoperto della manifattura hi-tech Usa, e non solo. Ma quanto dipendono davvero gli Stati Uniti da Pechino in termini di materiali critici? E cosa rischia l’Occidente se salta l’asse dei metalli strategici? Affaritaliani.it ha approfondito il tema con Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity.
"Fondamentalmente, sia l'America che l'Europa dipendono in modo estremo dalle materie prime, in particolare dalle terre rare cinesi. Il problema non riguarda tanto l'estrazione, quanto la raffinazione, infatti la Cina controlla oltre il 90% della raffinazione globale di terre rare. Questa stretta si inserisce in un processo che ha preso il via circa due anni fa, con le prime restrizioni sulle esportazioni di minerali strategici utilizzati nel settore della difesa, come il gallio e il germanio. Successivamente, a questi si sono aggiunti la grafite e l'antimonio, e infine anche il titanio e il tungsteno", spiega l'esperto.
Aggiunge Torlizzi: "Con il bando totale alle terre rare, il governo cinese compie un ulteriore salto nella militarizzazione delle materie prime, che rappresentano uno dei suoi leverage più potenti. Questo avrà un impatto significativo sui settori del green e della difesa, che sono i più colpiti da questo embargo. Inizialmente, le aziende occidentali potrebbero non risentirne immediatamente, perché alcune, nell'ultimo anno, hanno iniziato un processo di accumulo delle scorte. Ma la maggior parte delle imprese è completamente scoperta: non ha pensato di aumentare i magazzini, soprattutto in Europa, dove l'economia sta rallentando fortemente. Insomma in una situazione di debolezza economica, le aziende non si sono sentite di fare scorte".
Ma quanto farà male questa mossa cinese? "Sarà una manovra che colpirà duramente sia l'industria europea che quella americana. Qui ci troviamo di fronte a una situazione di grave scopertura, un problema di cui l'Europa era ben consapevole già quattro anni fa. Nonostante ciò, non è stato fatto nulla a livello europeo – e ancor meno a livello italiano – per diversificare le fonti di approvvigionamento o per creare una capacità autonoma europea e italiana. Questa negligenza, purtroppo, ci peserà molto nei prossimi mesi".
E come potrebbe rispondere Trump per proteggersi da questi dazi? "Trump ha diverse opzioni di risposta", spiega Torlizzi, "noi ci concentriamo spesso sull'aspetto commerciale, ma il vero punto di forza degli Stati Uniti sono il dollaro e la loro capacità militare." E aggiunge: "Non dimentichiamoci che l'80% dell'approvvigionamento di petrolio in Cina passa attraverso lo stretto di Malacca, un punto di vulnerabilità enorme per i cinesi. Quindi questa presunta invincibilità della Cina non è affatto reale, soprattutto nel settore delle risorse fossili. È proprio per questo motivo che i cinesi hanno accelerato sul settore dell'elettrico negli ultimi decenni: sanno quanto siano vulnerabili sul fronte del petrolio."
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"Le armi americane, quindi l'aspetto militare, e il dollaro sono i veri punti di forza degli Stati Uniti", spiega Torlizzi. "Gran parte del debito delle imprese cinesi è denominato in dollari, quindi una restrizione della liquidità in dollari farebbe gravemente male alla Cina. Tuttavia, al momento queste leve non sono ancora state sfruttate come armi, perché l'amministrazione americana sta concentrando la sua strategia sull'uso dei dazi".
E conclude: "Ma il tema del dollaro, ovvero la militarizzazione del dollaro, è una mossa più spregiudicata della forza militare stessa. Non si tratta solo di una strategia contro la Cina, ma anche contro tutta l'Europa."