Economia

Tim-Poste, meno operatori e tariffe più alte: brutte notizie per i consumatori. Che cosa succede ora

Poste sale al 24,8% di Tim: che cosa si nasconde dietro l'acquisizione che verrà perfezionata dopo l'autorizzazione dell'Autorità (attesa a giugno)

di Maddalena Camera

Tim, il governo punta al consolidamento nel settore delle tlc

Brutte notizie per i consumatori: il governo punta sul consolidamento nel settore delle tlc con la conseguenza di un possibile aumento delle tariffe. Lo dice il sottosegretario del ministero dell'economia Federico Freni. "Tim dovrebbe essere protagonista del consolidamento nel settore tlc"-  ha detto.

La strategia è lampante: meno operatori, tariffe più alte. Anche se il pasticcio l'ha fatto l'Antitrust, italiano ed europeo, quando, dopo l'acquisizione di Wind da parte di Tre, permise, anzi sollecitò, l'entrata di un nuovo operatore infrastrutturato in Italia per riportare il numero degli stessi a quattro.  

Così arriva  Iliad che per conquistare rapidamente quote di mercato praticò tariffe basse, obbligando anche gli altri operatori a tagliarle. Il paradosso è che ora anche Iliad spera in un consolidamento e, si sa, il suo obiettivo preferito è proprio Tim. E quindi il governo si è attivato per garantire un azionista di maggioranza forte: Poste. Ma il consolidamento piace, ovvio. Si tratta della strada più facile per aumentare i ricavi. Con i soldi di Poste, lo dice anche Freni.

 "La guerra dei prezzi porta benefici a tutti i consumatori - ha spiegato - ma crea problemi dal punto di vista della gestione, senza tariffe competitive investire è difficile. Il consolidamento nell'ambito delle tlc è certamente qualcosa che va fatto. In questo contesto, l'operazione di Poste in Tim denota una spiccata vivacità industriale e finanziaria da parte di questa società".

L'acquisizione del 15% da parte del gruppo guidato da Matteo del Fante  verrà perfezionata dopo l'autorizzazione dell'Autorità (attesa a giugno) ma nella sostanza Poste è già il primo socio di Tim (con il 24,9%), dopo che per dieci anni al primo posto con il 23,7%, si trovava Vivendi (secondo indiscrezioni dovrebbe anche ritirare la causa contro Tim per la vendita della rete)  che ha venduto la sua quota al prezzo di mercato con un incasso che dovrebbe essere intorno ai 680 milioni di euro. Molto meno dunque di quanto pagato dal gruppo di Vincent Bollorè. In realtà è la prima volta che un azionista di maggioranza esce di scena senza garantirsi un premio rispetto al valore di mercato dei titoli. Ma per Tim non c'era scelta.

In dieci anni il titolo ha perso il 70% del suo valore mentre Poste, nello stesso periodo, ha più che raddoppiato. Per gli analisti l'operazione è positiva ma il prezzo obiettivo non fa certo venire l'acquolina in bocca agli investitori: 0,36 euro contro gli 0,30 attuali. Infatti anche con l'integrazione a livello industriale le sinergie al momento sono modeste: dalla razionalizzazione dei 5 mila negozi Tim per non sovrapporsi ai 12 mila di Poste arriverebbero 200-300 milioni mentre dalla migrazione sulla rete Tim di PosteMobile, oggi su rete Vodafone circa 200 milioni.

In compenso l'ad di Tim Pietro Labriola insiste per aumentare la sua remunerazione con incentivi per il lavoro (ottimo?) svolto: in totale 4,5 milioni ma la decisione deve passare dall'assemblea. Sul fronte della governance c'è attesa per l'assemblea di Tim del 24 giugno.

Se Poste sfiduciasse il cda, sarebbe un operatore attivo e quindi dovrebbe consolidare la società di tlc nei suoi conti, accollandosi anche i 7,5 miliardi di debiti. Il mercato si attende invece che fino a giugno il governo faccia pressione su alcuni consiglieri che dovrebbero cedere il posto a rappresentanti di Poste, società controllata dal Mef al 35% tramite Cdp.

Tra coloro che potrebbero lasciare, la presidente Alberta Figari, per consentire a Poste di mettere un suo uomo tipo Giuseppe Lasco e Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cdp, società uscita dal capitale con la cessione a Poste della tranche del 9,81%. Potrebbe invece esserci un cambio al vertice del responsabile delle finanze.  

Adrian Calaza potrebbe lasciare dopo che al cda straordinario del 10 marzo 2024 si presentò dimissionario, perché ritenuto responsabile del crollo del titolo (-25%) a causa di un errore di comunicazione. Domani si svolgerà un cda di Tim già programmato con una informativa sulle trattative per incassare dal governo il miliardo di euro del canone non dovuto. Intanto il titolo scende in Borsa di circa il 2%. 

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