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Economia
Tim, la strada stretta di Calenda. Spin-off rete, il jolly di Bollorè

Scettici circa una escalation appaiono anche gli uomini di Equita Sim: “Il Governo non può impedire il cambio di controllo a soggetti comunitari, ma può imporre dei “remedies” a tutela degli interessi pubblici”. Quale potrebbe essere il rischio maggiore per Vincent Bolloré, già stoppato all’Agcom su Mediaset? Secondo gli analisti è “difficile pensare che i “remedies” possano forzare uno spin-off della rete. Un caso particolare potrebbe essere rappresentato da Sparkle, la rete internazionale di Tim, che potrebbe rientrare tra gli asset di sicurezza nazionale, su cui il Governo ha poteri più stringenti”, ipotesi che sembra convincere anche i colleghi di Websim. 

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Quello che nonostante le smentite di Calenda è chiaro a tutti è che “le discussioni sembrano prevalentemente guidate da considerazioni politiche, intrecciandosi in questo momento considerazioni elettorali, le negoziazione con la Francia su Stx-Fincantieri, l’idea del Governo di riportare la rete Telecom sotto controllo pubblico e il tema sul controllo di Mediaset”. Motivo per cui, aggiungono gli uomini di Websim, il governo potrebbe cercare “altri ambiti in cui far valere la sua influenza”.

Quali possano essere in concreto, al di là di Sparkle, nessuno pare saperlo, nel frattempo si iniziano a studiare le possibili “contromisure” che lo stesso Bolloré potrebbe varare per giocare d’anticipo, ad esempio lo scorporo e quotazione della rete Tim. Secondo Mediobanca Securities “la quotazione di Inwit ha dimostrato l’interesse per l’infrastruttura tlc” da parte degli investitori e quindi Bolloré e i suoi uomini potrebbero farci seriamente un pensierino, visto che un’eventuale Ipo “potrebbe funzionare e potrebbe anche arrivare a dimezzare quasi il debito di Telecom Italia”.

Per di più, in termini di valutazione “il business italiano scambia a 4,7 volte l’Ebitda rispetto alle 6,4 volte del settore: una Ipo da 20 miliardi si confronterebbe con una capitalizzazione di mercato di 17 miliardi euro del gruppo nel suo complesso”. Così, se Telecom Italia decidesse di quotare la rete fissa di Tim (magari con un’operazione che potrebbe vedere la partecipazione di Cdp nelle vesti di “cornerstone investor”), la valutazione implicita “dell’anima commerciale” del business italiano secondo gli uomini di Piazzetta Cuccia “sarebbe sotto le 3 volte l’Ebitda, o a uno sconto di oltre 50% rispetto ai concorrenti”.

A questo punto resta da capire se tutto questo si risolverà nella classica “tempesta in un bicchiere” d’agosto e già a settembre, con una possibile intesa sul dossier Stx France-Fincantieri. di “golden power” in Telecom Italia e dello scorporo della rete non si parlerà più. O se, al contrario, Bolloré romperà gli indugi, separerà e quoterà la rete fissa di Tim per poi stringere un patto sui contenuti con Canal+ (ed eventualmente Mediaset) e trasformerà Tim in una società editoriale pura.

Luca Spoldi

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