Economia
Todini, Dinasty attorno al patrimonio. Saga familiare fatta di denunce e...
La madre di Luisa Todini: "Ha un bisogno impellente di liquidità". L'imprenditrice, ex europarlamentare: difendo solo il patrimonio familiare
Un volto notissimo, anche al pubblico televisivo, quello di Luisa Todini, imprenditrice, ex europarlamentare forzista, ex consigliere di amministrazione della Rai ed ex presidente di Poste Italiane chiamata da Matteo Renzi. Ma con un'intricata vicenda familiare alle spalle che in queste sta emergendo in tutta la sua drammaticità. Vicenda che domani dovrebbe scrivere l’ultimo capitolo (in un ricorso, il giudice della prima sezione civile del Tribunale di Roma è chiamato ad esprimersi sulle capacità della madre Maria Rita Clementi) di una saga fatta di denunce e controdenunce fra madre con il fratello da una parte e figlia dall’altra. Saga che si trascina da oltre un anno, con oggetto la tutela di un patrimonio, frutto di un’avventura imprenditoriale terminata con la cessione della Todini Costruzioni al gruppo Salini, e che negli anni si è eroso.
Secondo quanto ricostruisce infatti il Fatto Quotidiano che porta alla luce l’intricata Dinasty, la storia ruota attorno a un trust familiare che la signora Maria Rita Clementi, 78 anni, ha costituito un anno fa a vantaggio e tutela di entrambi i figli (Luisa e Stefano) in parti uguali. La decisione, secondo la madre e i suoi legali, non piace alla figlia alle prese con un “bisogno impellente di liquidità”. Ragion per cui a inizio 2018 Luisa Todini fa istanza di nomina di un amministratore di sostegno nei panni di se stessa, che viene però rigettata dal giudice tutelare una prima volta a gennaio ed è appesa al ricorso che andrà in udienza domani, presso la prima sezione civile del Tribunale di Roma.
A luglio 2018 presenta anche una denuncia per circonvenzione di incapace contro il fratello Stefano su cui pende la richiesta di archiviazione. La madre, scrive sempre il Fatto, assistita dal penalista Alessandro Sammarco, riferisce di visite mediche e test neuropsicologici orchestrati “con l’inganno” da Luisa allo scopo di provare la sua incapacità, di come sia arrivata a offrire vantaggi economici al medico di famiglia perché la certificasse. E questo “pur avendole ceduto su un piatto d’argento, attraverso il trust, l’impero che ho creato e che a differenza dei miei figli ho mantenuto integro, anche perché l’unico decremento patrimoniale che ho avuto è costituito dalle donazioni e dai prestiti che gli ho fatto”.
Poi un'altra accusa della madre: “Tutti sanno che la Todini Costruzioni Spa, da Luisa ereditata dal padre, nelle sue mani ha maturato oltre 400 milioni di debiti. Grazie all’intervento del suo amico Berlusconi non è fallita, ma è stata acquistata da Salini. Oggi mi sento braccata, oggetto di una intimidazione costante finalizzata al solo scopo di farmi cedere alle sue pretese economiche”. E ancora: “Depositato il ricorso, mia figlia ha scritto a tutte le mie banche per bloccare i conti, con Bnl c’è addirittura riuscita, al punto che ho fatto causa alla banca. Per fare ciò, ovviamente, Luisa fa leva sulle sue conoscenze sia in ambito imprenditoriale e finanziario, che politico”.
La versione della figlia, Luisa Todini, raccolta sempre dal Fatto ovviamente è diversa e verte sulle accuse alla madre e al fratello incapaci di tutelare il tutelare il patrimonio accumulato dal padre e morto nel 2001. “Alla sua morte, mia madre ha ereditato 65 milioni tra immobili, depositi bancari e investimenti finanziari. Mio fratello ha dilapidato la sua parte, non è in grado di amministrare neanche se stesso e si appoggia completamente a lei che soffre di disturbo bipolare e spesso è in stato confusionale. Se del patrimonio restano 10 milioni, è tanto ”, racconta al quotidiano diretto da Marco Travaglio la Todini.
Alle accuse della madre, l’ex presidente di Poste risponde di “aver richiesto l’amministratore di sostegno come misura di protezione nel suo interesse: di questo passo, non le rimarrà niente e lei ha bisogno di aiuto”. Il motivo? Secondo la Todini, dopo aver depositato la richiesta sulle capacità della madre, il genitore “è stato sottratto tre volte dai suoi legali alla perizia disposta dal giudice tutelare, e l’indomani è stata condotta davanti a un notaio a costituire un trust decennale irrevocabile basato alle Isole Cook proprio allo scopo di impedire la nomina di un amministratore. I beneficiari siamo io e mio fratello, ma gli amministratori con firma singola sui conti sono gli stessi Sammarco e Giuseppe Ciaccheri, legale e consulente di fiducia di Stefano. Si sono attribuiti un compenso di 40 mila euro l’anno, in pratica si sono garantiti 800 mila euro in dieci anni. Alla disponente spetta un vitalizio di 50 mila euro al mese, ma con una carta che non vale nulla perché mia madre non è beneficiaria del trust. L’atto, non per caso, specifica che se uno dei beneficiari indicati fa qualcosa per limitare il potere dispositivo di mia madre perde tutto”.
Intanto, accusa ancora la Todini, i legali “hanno speso 400 mila euro tra tasse e trust. Io chiedo solo che mia madre abbia a disposizione quel che resta del patrimonio da cui è stata espropriata. Se volessi spillare soldi non chiederei una misura di protezione per cui non si muove uno spillo senza supervisione di un giudice. Arrivo anche a dire che sia indicato Sammarco, così non può far danni”.