Economia
Truffa dell'olio: ecco i marchi che vendevano un "finto" extravergine
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
MARTINA DIXIT/ "Seguiamo con attenzione l'evoluzione delle indagini della Procura di Torino, perchè èfondamentale tutelare un settore strategico come quello dell'olio d'oliva italiano. Da mesi abbiamo rafforzato i controlli, soprattutto in considerazione della scorsa annata olearia che è stata tra le più complicate degli ultimi anni. Nel 2014 il nostro Ispettorato repressione frodi ha portato avanti oltre 6 mila controlli sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. E' importante ora fare chiarezza per tutelare i consumatori e migliaia di aziende oneste impegnate oggi nella nuova campagna di produzione". Così il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, sulle indagini della Procura di Torino su olio extravergine contraffatto |
"Un caso Volkswagen dell'olio? Parrebbe proprio di sì", dice ad Affaritaliani.it Rolando Manfredini, capo area sicurezza alimentare e produttiva della Coldiretti, l'associazione datoriale che raggruppa le imprese agfricole italiane. "Grosse aziende dell'olio, come la Carapelli, la Bertolli e l'olio Sasso, hanno secondo il fascicolo aperto dal pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello, venduto olio d’oliva come extravergine, ma che extravergine non era. Una truffa, perché probabilmente, le aziende sapevano che quell'olio non possedeva le caratteristiche descritte nell'etichetta del prodotto".
Le parole di Manfredini si riferiscono alle indagini fatte scattare dalla Procura di Torino dopo una segnalazione partita da una rivista specializzata ai danni dei rappresentanti legali di sette aziende, marchi leader nel settore: Carapelli, Santa Sabina, Bertolli gentile, Coricelli, Sasso, Primadonna (confezionato per la Lidl) e Antica Badia (per Eurospin). Fascicolo che ipotizza il reato di frode in commercio, per cui, secondo l'articolo 515 del codice penale si rischiano due anni di reclusione e una multa fino a duemila euro circa (a prodotto), dopo un richiamo immediato del prodotto dagli scaffali dei supermercati italiani ed europei (c'è un sistema di tracciabilità che deve consentire il recupero immediato).
I carabinieri del Nas hanno prelevato alcuni campioni di olio fatti poi analizzare dai laboratori delle agenzie delle dogane. Sono state analizzate 20 bottiglie d’olio etichettate come extravergine e in 9 casi però i campioni non avevano superato l’esame organolettico. "Perché un olio venga classificato come extravergine - spiega Manfredini - deve possedere determinate caratteristiche, che sono dui due tipi: chimiche oggettive, deve avere un'acidità cioè inferiore allo 0,8% (nell'olio vergine, invece, l'acidità non deve superare i due gradi) e sensoriali, assegnate da un panel test in cui si effettuano determinate misure. Questi parametri, stabiliti per legge, devono assolutamente essere rispettati nella vendita".
"Non ci credo che sia stato commesso un errore", aggiunge ancora l'esperto secondo cui "ci può esser stato un comportamento fraudolento nell'aggirare i controlli". Insomma, una truffa bella e buona come quella architettata dalla casa automobilistica tedesca che ha truccato i sistemi di rilevazione delle emissioni di CO2 dal motore, anche se una piccola "attenuante" potrebbe essere rappresentata da un deterioramento di alcune caratteristiche dell'olio imputabili alla conservazione del prodotto. Comunque, allo stato attuale "si sta imbrogliando il consumatore perché gli si sta vendendo un olio più pregiato, ma che pregiato non era".
Gli addetti ai lavori ipotizzano già cosa può aver spinto i big dell'olio tricolore (l'Italia è il secondo Paese al mondo per produzione) a spingere sull'acceleratore della truffa. E cioè la terribile annata 2014 nella raccolta delle olive (maltempo, gelate durante la fioritura, la mosca dell'ulivo, ecc...), in cui l'Italia ha rastrellato dai propri alberi soltanto 230-240 mila tonnellate circa (sotto le 300 mila, il dato ufficiale) rispetto alle 470-500 mila tonnellate raccolte invece in media ogni anno. Produzione estremamente scarsa che, incalzata dalla performance della Grecia, ha messo a rischio il nostro secondo posto nel raking mondiale dell'olio. Ciò ha spinto l'Italia, che è già il primo importatore mondiale di olive (circa 700 mila tonnellate), ad aumentare le richieste di partite di olive dall'estero, non di grande qualità e non in grado di garantire i consueti quantitativi di produzione di olio extravergine (che costa di più, con effetti evidenti sul fatturato totale). La truffa è servita.