Economia
Ue, gli economisti: "Il fondo? Un cerotto. Briciole rispetto ai 2.000 mld Usa"
L'opinione degli economisti Tria, Piga, Mingardi sulla misura anti-disoccupazione Ue
Il nuovo stanziamento fino a 100 miliardi di euro in favore dei Paesi più colpiti dal coronavirus, annunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, è una misura "sicuramente interessante", ma non è un intervento risolutivo quanto piuttosto "un gigantesco cerotto" utile per "restare un po' a galla". Uscire dalla crisi e far ripartire l'economia, infatti, "è tutt'altra cosa". Ne sono convinti gli economisti Giovanni Tria, Alberto Mingardi e Gustavo Piga, che a colloquio con l'AGI, hanno messo in evidenza come il fattore tempo, la possibilità di aumentare il debito e la lucidità di capire "una volta tolto il cerotto" a quali settori dare la priorità per ripartire, siano le chiavi per "trovare la cura" e "uscire dalla crisi". Sempre che non si arrivi al punto - e' la tesi di uno di loro - di arrivare a soluzioni di lunga gittata per far fronte a scenari eccezionali, come la stampa di carta moneta da parte della Bce.
GIOVANNI TRIA, TEMPI EUROPA SONO LUNGHI. AGIRE SUBITO. L'ex ministro dell'Economia e delle finanze, Giovanni Tria, ritiene "una cosa buona" che l'Europa apra la strada a questo tipo di interventi, ma non li reputa risolutivi. "Certamente - osserva - è importante che si mettano in piedi degli strumenti di intervento a livello europeo, ma sono convinto che in ogni caso noi abbiamo bisogno di un intervento pubblico di dimensioni molto più ampie, e soprattutto immediato".
Per Tria, quindi, "l'Italia deve decidersi ad andare sul mercato ad aumentare il proprio debito, in una situazione in cui l'Europa lo rende possibile e in cui la Bce ha garantito in qualche modo che non permetterà la divergenza eccessiva tra gli spread. E quindi da' una copertura". Perchè, spiega il professore, "c'è bisogno di finanziamenti immediati al sistema. L'apertura della presidente von der Leyen - ragiona - e' interessante ma questi meccanismi europei finchè vengono messi in piedi richiedono tempo e discussioni, ammesso poi che le proposte siano approvate. Parliamo comunque di tempi medio-lunghi che noi non possiamo permetterci di aspettare. Dobbiamo convincerci di questo. Gli altri Paesi già si stanno muovendo autonomamente".
E prosegue nel ragionamento: "Non si può aspettare oltre: bisogna immediatamente coprire le imprese del valore aggiunto perso in questo periodo di lockdown. Questo non solo per ripartire, ma per permettere di tenere in piedi tutti i flussi di pagamenti dell'economia che altrimenti si interromperebbero. Per questo servono ingenti somme, almeno tre punti di Pil o forse di più, e non possiamo aspettare l'intervento degli strumenti europei". D'altra parte, osserva ancora, "i margini ci sono: c'è necessità di un intervento che copra un deficit non strutturale ma una tantum, e quindi non intacca la sostenibiltà del debito prospettica anche se lo aumenta di uno scalino. L'Europa ha sospeso il patto di stabilità, ha dato più libertà alle banche per il rispetto dei requisiti patrimoniali e la Bce è intervenuta pesantemente. E il nostro spread si sta mantenendo stabile, anche se ormai è ovvio che il nostro debito aumentera' di parecchio. Quindi approfittiamo di questo".
ALBERTO MINGARDI, DA EUROPA 'CEROTTO' NON 'PENSIERO MAGICO'. Alberto Mingardi parla invece dell'ulteriore intervento di liquidita' dell'Europa come di "un gigantesco cerotto" che non cura ma cerca di "tenere a galla le imprese, che oggi hanno solo costi e non entrate", per tutto il periodo del lockdown. "E' evidente che si tratta di un gigantesco cerotto - sottolinea l'economista - ma il punto è vedere com'è ridotta la ferita quando togliamo il cerotto" e agire di conseguenza. "La vera questione - insiste - è quella di vedere che cosa succede quando si toglie il cerotto. Cioè che cosa siamo in grado di fare per consentire un ripartire dell'economia. E questo francamente non puo' farlo l'Unione europea, quello sta tutto a noi. E non è neanche una cosa che ha fare solo con i soldi, perchè dipende da come ci porremo rispetto alle necessità del dopo-crisi. Dipende - spiega - da come e se agevoleremo la riallocazione delle risorse da settori che faranno più fatica e ci metteranno piu' tempo a tornare alla normalità a settori che invece possano avere addirittura una domanda superiore rispetto a prima della crisi. Se sapremo farlo, ne usciremo come un paziente che ha avuto la febbre alta per un certo periodo e poi lentamente torna alla normalità, altrimenti avremo un'insufficienza respiratoria che andrà avanti per anni".
E avverte: "Ci sono dei problemi seri di tenuta sociale. Sono dei problemi a breve termine ed è chiaro che su queste cose il denaro serve e il governo ci sta pensando. Ma attenzione a non trasformare la possibilità di indebitarsi da un lato e l'arrivo di qualche aiuto dall'altro in 'pensiero magico'. Non pensiamo che sarà questo a risolvere il problema. Il problema è: mentre diamo liquidità alle imprese per fare in modo che non chiudano ci stiamo attrezzando per far si' che tornino a produrre e a ristrutturarsi non appena ce ne saranno le condizioni? Comprare tempo è importantissimo, ma non è cio' da cui dipende l'esito della crisi".
GUSTAVO PIGA, IL CANNONE (DI CARTA MONETA) DELLA BCE. Per Gustavo Piga "i 100 miliardi di euro annunciati sono lo 0,66% per Pil europeo: anche se è una cifra quattro volte superiore ai 25 miliardi promessi solo un mese fa dalla presidente della Commissione Ue - osserva - stiamo parlando di briciole rispetto alla manovra messa in campo da Donald Trump per l'America".
Una cifra, sottolinea l'economista, docente a Tor Vergata, "che pur se esigua perche' va ripartita tra i vari Paesi potra' far comodo" ma "di certo non e' la soluzione". E spiega: "Sappiamo bene e l'abbiamo sempre saputo che noi abbiamo bisogno di spendere i nostri soldi e non possiamo aspettarci solidarieta' ne' dall'Unione europea, perche' non ha il bilancio per farlo, ne' dagli altri Paesi perche' non hanno ancora la voglia di farlo. L'avranno forse fra altri 40-50 anni di vivere insieme cosi' che si acquisira' un senso di comunita'. In questo momento ognuno deve andare per conto proprio senza che gli altri si oppongano, e mi sembra che questo l'Europa l'abbia garantito togliendo il patto di stabilita' e crescita. Ha fatto un passo indietro per farne due in avanti".
Ma, continua nell'analisi, "a un certo punto il rischio per l'Italia e' che l'impatto sara' cosi' devastante che avremo bisogno di un aiuto europeo che non deve venire dal bilancio ma deve venire da un'azione concertata dei singoli Stati europei: qualcuno dice un bond comune, qualcuno il Mes senza condizionalita'". Ma se la crisi sara' diventata cosi' grave da dover necessitare una richiesta esterna, il professore "piuttosto che il Mes o l'eurobond (che poi comunque dovremmo restituire)" pensa a un intervento della Banca centrale europea: "Il vero cannone a lunga gittata - spiega - senza debito, la stampa di carta moneta da parte della Bce, come farebbe un vero Stato federale europeo, direttamente trasferita sui conti delle imprese o dei cittadini in difficolta'. Un territorio nuovo dove la politica monetaria diventerebbe, come poche volte nella nostra storia, politica fiscale, e di cui conosciamo poco le conseguenze - conclude - ma d'altronde conosciamo altrettanto poco le conseguenze economiche del virus".