Economia

Versace, l'affarone della famiglia. Rumors: ora tocca a Trussardi

Il “turnaround” del gruppo della Medusa ha permesso alla famiglia di strappare multipli elevati in quella che potrebbe essere la prima di una serie di M&A

La voce circolava ormai da mesi: la famiglia Versace era pronta a vendere, dopo una “cura” che ha riportato in nero i conti, col risultato netto passato dal rosso di 7,4 milioni del 2016 all’utile di 15 milioni lo scorso anno a fronte di un fatturato salito del 18% (da 686 a quasi 810 milioni) e sempre più vicino all’obiettivo di salire sopra il miliardo di euro. E così è stato: dopo che il dossier Versace è passato sulle scrivanie dei numeri uno dei maggiori gruppi del lusso, da Kering a Tiffany, a spuntarla è stato il produttore americano di borse di lusso Michael Kors pronto a sborsare circa 2 miliardi di dollari pur di aggiudicarsi la casa della Medusa. Decisione che gli investitori internazionali a Wall Street non hanno gradito, punendo il titolo Kors. 

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Il doppio della valutazione accettata da Blackstone, socia al 20% di Gianni Versace Spa (la società operativa che passa ora di mano) dal 2014, quando appunto la griffe italiana venne valutata 1 miliardo di euro. Per la famiglia, che dopo la morte del fondatore Gianni, ucciso nel 1997, aveva trovato nel team Donatella e Santo Versace (sorella e fratello dell’ucciso) una perfetta coppia di timonieri per il gruppo, era un’offerta di quelle che non si potevano rifiutare dopo che l’ipotesi di una quotazione in borsa era finita su un binario morto da oltre un anno, per Kors la prosecuzione di una strategia di crescita tramite acquisizioni di marchi del lusso attivi in settori affini al “core business” che già lo scorso anno aveva portato il gruppo americano a rilevare per 900 milioni di sterline il produttore britannico di scarpe Jimmy Choo.

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Del resto i multipli sono di tutto rispetto: il gruppo Versace, in cui Donatella rimmarrà con una quota di minoranza e come direttore artistico,  viene pagata 1,45 volte il fatturato 2017 ovvero oltre 66 volte gli utili dello scorso esercizio ed anche guardando agli obiettivi la valutazione resta di tutto rispetto. Non sono però il massimo per simili operazioni, probabilmente a causa di un rilancio che deve ancora riverberare i propri effetti sui conti, visto che nel 2013 Lvmh rilevò Loro Piana valutandola 2,7 miliardi a fronte di 700 milioni di vendite (ma in quel caso l’utile era pari al 20% delle vendite, circa 140 milioni), ossia 3,85 volte (ma solo poco più di 19 volte gli utili).

Nel 2015 Cavalli cedette il 90% della propria maison a Clessidra sulla base di una valutazione, si disse, di 350 milioni di euro debiti inclusi (una novantina di milioni) dopo essere stato a un passo dal cederla l’anno prima al fondo russo VTB Capital (si parlò di una valutazione attorno ai 400 milioni) a fronte di vendite per scarsi 210 milioni, dunque con un multiplo pari a 1,67 volte. Lo scorso giugno, infine, è stato il Fondo strategico italiano (Fsi, controllato da Cassa depositi e prestiti) a entrare nel settore moda-lusso rilevando il 41,2% di Missoni per 70 milioni di euro, a fronte di 150 milioni di giro d’affari e di un Ebitda attorno al 10%. In questo caso la famiglia Missoni ha comunque mantenuto il controllo (col 58,8% del capitale) e punta a rafforzare ulteriormente il gruppo che dunque potrebbe vedere salire la valutazione oltre i 170 milioni impliciti nel prezzo pagato da Fsi.

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Gigi Hadid per Versace


 

La vendita di Versace potrebbe comunque essere solo un ghiotto antipasto di un nuovo banchetto da parte dei grandi gruppi della finanza e del lusso nel settore moda italiano. Il prossimo a passare la mano potrebbe essere Trussardi, che ha chiuso il 2017 con 30,6 milioni di perdita (dopo il rosso di 7,44 milioni già segnato nel 2016), un Ebitda calato del 38,6% a 3,167 milioni e un indebitamento netto per 5,15 milioni a fine anno che ha portato la società nel corso di questi mesi a rifinanziarsi per 51,5 milioni e a lanciare un aumento di capitale da 5 milioni.

Trussardi spera di tornare in utile già il prossimo anno e questo potrebbe accelerare un’eventuale cessione, per la quale sembra essere in pole position un altro fondo partecipato da Cdp, Quattro R, specializzato in “turnaround” e ristrutturazioni aziendali. Chi per il momento continua a resistere a ogni lusinga, italiana o straniera che sia, è Ferragamo, che a inizio mese ha smentito l’ennesima indiscrezione che voleva la famiglia (che controlla la società con una quota del 65%) contattata da alcuni fondi di private equity per valutare una possibile intesa.

(Segue...)