Economia
Web tax sul tesoretto delle 5 sorelle. Il G7 vuole mettere le mani su 440 mld
Il G7 valuta l’introduzione della web tax, obiettivo il “tesoro” delle cinque sorelle: 440 miliardi di dollari di liquidità finora non tassata
Le chiamano le “cinque sorelle” del web mondiale: si tratta di Apple, Google, Microsoft, Amazon e Facebook, autentici colossi statunitensi del digitale che operano sui principali mercati mondiali e che finora hanno sfruttato le maglie larghe della regolamentazione fiscale per abbattere il peso delle imposte sui propri bilanci, mantenendo all’estero la maggior parte degli utili.

Un “tesoro” che vale centinaia di miliardi di dollari a cui guarda da tempo Donald Trump, che con la sua bozza di riforma fiscale si è proposto di favorirne il rimpatrio abbattendo dal 35% al 15% l’imposta sugli utili delle società e consentendo loro di rimpatriare la liquidità detenuta all’estero pagando una sola volta la tassa sull’operazione. Ora però il G7 sembra voler chiudere un accordo sulla “web tax” chiedendo all’Ocse di elaborare proposte concrete in merito ad una futura tassazione equa e coordinata dell’economia digitale da applicare in tutte le grandi economie mondiali.
Si tratterebbe di un modo per spartire la torta tra più stati, come auspicato dall’Italia, anche se resta da capire in base a quale criterio verrebbe effettuata tale spartizione (la proposta italiana suggerisce di basarsi sul traffico dati, introducendo una sorta di “contatore digitale”). La web tax “è una proposta che sta prendendo corpo, ci sono diverse proposte nazionali ma il G7 serve proprio a trovare la convergenza” ha confermato stamane il ministro italiano dell’Economia e Finanze, Pier Carlo Padoan.

Ma di che numeri parliamo? Nel complesso le sole società Usa detengono oltre 2.500 miliardi di dollari di liquidità. Con oltre 814 miliardi di dollari di capitalizzazione Apple è tra tutte un gigante tra i giganti: la società della mela lo scorso anno ha fatturato 215,6 miliardi di dollari, un dato sufficiente a inserirla al 47esimo posto nella lista dei paesi al mondo per Pil nominale, davanti al Portogallo (che l’anno scorso ha registrato un Pil di poco meno di 205 miliardi di dollari).
Gli utili sono leggermente calati a 45,7 miliardi dai 53,4 miliardi del 2015, in compenso le riserve a fine anno sono salite ancora a 237,6 miliardi (ovvero a 257 miliardi dopo i primi tre mesi dell’anno), di cui 216 risultavano detenute fuori dagli Stati Uniti. Alphabet (la holding che controlla Google) vale invece “solo” 651 miliardi di dollari di capitalizzazione, a fronte di un fatturato 2016 pari a 90,27 miliardi e di un utile pari a poco meno di 19,5 miliardi.
(Segue...)