Cinema

Non Sono Quello Che Sono: Edoardo Leo porta l’Otello nella Roma più oscura

In Non Sono Quello Che Sono, Edoardo Leo reinterpreta l’Otello di Shakespeare ambientandolo nella malavita romana. Una tragedia potente e attuale che colpisce dritto al cuore.

Edoardo Leo non si limita a reinterpretare l’Otello di Shakespeare; lo scardina, lo riassembla e lo immerge nel torbido mondo della malavita romana degli anni 2000. Non Sono Quello Che Sono non è solo un adattamento, è una sfida, un grido feroce che si aggrappa al passato per dialogare con un presente crudo e disarmante.

Un thriller che respira Shakespeare


La premessa è ambiziosa: trasporre una delle tragedie più celebri di Shakespeare in un contesto contemporaneo, mantenendo intatta la forza dei dialoghi originali. Leo sceglie il dialetto romano come linguaggio, e la scelta è geniale: ogni parola diventa un pugno nello stomaco, ogni frase una nota stonata che echeggia in un mondo già sprofondato nel caos morale. Ma il regista non si limita a tradurre; usa il dialetto per amplificare il senso di brutalità e disumanità, creando un ponte tra l’arte classica e la cronaca nera di oggi.

La Trama: Una Spirale di Distruzione


Ambientato sul litorale laziale, Non Sono Quello Che Sono racconta la discesa agli inferi di Otello (Javad Moraqib), un boss mafioso divorato dalla gelosia, manipolato dal machiavellico Iago (interpretato dallo stesso Leo). Quando Otello sospetta che la sua giovane moglie Desdemona (Ambrosia Caldarelli) lo tradisca con Michele (Matteo Olivetti), si scatena una spirale di inganni e violenza che culmina nella tragedia. La sceneggiatura di Leo rimane fedele alla struttura dell’opera originale, ma la colloca in un contesto iperrealistico, in cui ogni gesto è carico di disperazione e ogni personaggio è una bomba a orologeria.

 

Un cast che vive i personaggi


Leo dimostra un controllo magistrale sia dietro la macchina da presa sia davanti: il suo Iago è un serpente viscido, che si muove con astuzia e crudeltà in un mondo già corrotto. Javad Moraqib offre un Otello complesso e stratificato, un uomo potente ma vulnerabile, continuamente ferito dagli insulti razzisti e dalle sue stesse insicurezze. Ambrosia Caldarelli, nel ruolo di Desdemona, brilla per delicatezza e intensità, incarnando la tragedia di una donna che ama troppo. Antonia Truppo, nel ruolo di Emilia, è una rivelazione, offrendo una delle performance più emotivamente coinvolgenti del film.

La regia: tra realismo e lirismo


La fotografia di Marco Bassano cattura una Roma desolata e senza tempo, un paesaggio che sembra quasi sospeso, specchio della prigionia emotiva dei personaggi. Leo utilizza spesso la camera a mano, immergendo lo spettatore in un’esperienza quasi documentaristica, dove ogni sguardo e ogni silenzio hanno un peso. Ma è nel contrasto tra i dialoghi shakespeariani e la brutalità visiva che il film trova il suo cuore pulsante.

Un adattamento coraggioso ma imperfetto


Non Sono Quello Che Sono non è un film per tutti. È denso, cupo, a tratti quasi soffocante nella sua fedeltà al testo originale e nella sua volontà di portare Shakespeare nelle viscere della Roma criminale. L’operazione è coraggiosa e tecnicamente impeccabile, ma rischia di alienare il pubblico che cerca una narrazione più accessibile. Eppure, questa è forse la più grande forza del film: Leo non fa concessioni. Questo è un Otello che non chiede scusa, che ti trascina nel fango e ti costringe a guardare.

Conclusione: Un cinema che fa male, ma serve


Edoardo Leo ha creato un’opera che non solo rende omaggio a Shakespeare, ma lo utilizza come strumento per esplorare temi ancora spaventosamente attuali: il femminicidio, il maschilismo, il razzismo. Non Sono Quello Che Sono è un film che ti lascia con il fiato corto, che ti fa uscire dalla sala con più domande che risposte. È un cinema che fa male, ma è un male necessario.
 

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