Franca Leosini, la geniale Joan Crawford delle cronache giudiziarie
Continua (e cresce) il successo della giornalista più amata dal web e dai millennials, miscela vincente di istrionismo e competenza
A Franca Leosini basta ricomparire in Tv per una puntata speciale di Storie Maledette per far scatenare il web, illuminando d'immenso la domenica dei milioni di #leosiners che la seguono da anni, in costante aumento.
Già, perché quello per Franca è un autentico culto, simile a quello che si ha per dive larger than life come Joan Crawford o come la fittizia Alexis Morell Carrington Colby Dexter Rowan di Dynasty interpretata da Joan Collins negli anni Ottanta. Un culto che accomuna giovani, meno giovani e giovanissimi, quelli stessi Millennials che disdegnano la televisione e che però abbandonano ogni altra piattaforma o congegno moderno per fiondarsi sul vetusto piccolo schermo a seguire le gesta della loro eroina.
Le frasi a effetto con ricercatezze e arabeschi verbali che riconciliano con la lingua italiana, le battute taglienti, la bocca che sorride beffarda senza mostrare i denti, la testa reclinata di lato come quella di un cobra pronto a saettare per mordere, Franca Leosini ci permette di affacciarsi sull'abisso dell'animo criminale esponendosi in prima persona e uscendone sempre intatta, algida e imperturbata. E tuttavia, quelle sue audaci incursioni nel baratro ci consentono di raccogliere nuovi dettagli su omicidi e delitti, e su coloro ritenuti responsabili, di osservare la storia da un'altra angolazione, di formarci nuovi punti di vista che non avremmo mai preso in considerazione. Franca Leosini studia mesi e mesi le vicende tormentose che intendere affrontare, si concentra sulle sudate carte, si insinua nelle minime fessure di ogni caso di cronaca nera, con l'accanita determinazione di un predatrice di sepolcri ma con il rispetto di un'archeologa per qualunque reliquia, reperto o scoperta ella possa portare alla luce.
Franca Leosini è come il Tribunale della Storia per Benedetto Croce, né assolve né condanna, soltanto registra, e nel registrare i fatti, asettica seppur istrionica nello sviscerarli, apre nuove finestre di indagine su corridoi bui con porte che sembravano ormai sigillate per sempre. La sua teatralità, che ricorda per l'appunto quella dei personaggi amabilmente sopra le righe e camp (nel senso migliore del termine) interpretate da Joan Crawford soprattutto negli anni Cinquanta, con i capelli alla "maschietta", le sopracciglie marcatissime e lo sguardo volitivo, la sua teatralità dicevamo diviene strumento per ammaliare l'imputato di turno, trasformandosi in grimaldello per forzarne la mente traendone segreti mai rivelati, particolari sottaciuti, dettagli celati. Esumando nuove, imprevedibili sfaccettature dell'animo dei colpevoli (o presunti tali) e anche di chi guarda. Catartica come il personaggio femminile di un film noir e al tempo stesso istigatrice alla riflessione come una delle migliori giornaliste qual è.
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