Esteri

Il 2025 del Medio Oriente tra il miraggio della pace e i timori di nuovi conflitti

E' ancora grandissima l'incertezza in tutte le aree del Medio Oriente che sono state teatro di conflitti sanguinosi negli scorsi mesi. E quale sarà l'impegno degli Usa nell'area?

di Mauro Indelicato

Il 2025 del Medio Oriente tra il miraggio della pace e i timori di nuovi conflitti

Se il 2024 ha rappresentato un anno caratterizzato da instabilità e guerre in tutta la regione mediorientale, il nuovo anno nasce sotto l'insegna dell'incognita. Tutti i vari dossier aperti infatti, potrebbero essere chiusi nel giro di poche settimane oppure, al contrario, dare vita a ulteriori tensioni e nuovi conflitti. Il 2025, in poche parole, sembra destinato a non avere mezze misure: potrebbero spegnersi i diversi focolai di guerra oppure, dall'altro lato, c'è il rischio dell'emersione di ulteriori situazioni di instabilità.

Medio Oriente, il nodo immigrazione

Guardando all'area mediorientale nella sua interezza, occorre ovviamente anche guardare al Mediterraneo. E quindi alla situazione dei vari Paesi del Magreb che si affacciano su uno dei mari più importanti sotto il profilo strategico. Lungo la sponda meridionale, anche in questo caso non mancano le incognite. La Tunisia è alle prese con una difficile situazione economica, mai migliorata nonostante i pieni poteri assunti dal presidente Kais Saied da alcuni anni a questa parte. Ancora più intricata è invece la matassa in Libia, Paese che dalla caduta di Gheddafi nel 2011 non è ancora riuscito a riacquisire una certa unità.

Dalla Tunisia e dalla Libia, come ben noto, arrivano la stragrande maggioranza dei migranti che sbarcano lungo le nostre coste. Anche nel 2025 dunque, la situazione in questi due Paesi sarà fondamentale per l'Italia per comprendere cosa doversi aspettare sul fronte immigrazione. Il 2024 ha visto un ridimensionamento dell'emergenza: negli ultimi 12 mesi sono sbarcati lungo le nostre coste poco più di 65mila migranti, a fronte dei 153.621 dell'anno precedente.

Il calo è stato favorito dalle azioni di controllo delle coste da parte di Tunisi e dal calo delle partenze dalle coste libiche. Congiunture che non sono però strutturali ma solo temporanee: dunque, per confermare il ridimensionamento dell'emergenza, sarà fondamentale intuire il contesto tunisino e libico nei prossimi 12 mesi. In Tunisia la variabile da controllare è legata all'economia: le casse del Paese nordafricano sono rette unicamente dagli aiuti che arrivano dalle petromonarchie, i cui dollari rappresentano gli unici sussidi in grado di evitare il definitivo tracollo.

In Libia invece la vera incognita è, come da 13 anni a questa parte, legata alla sicurezza. Il Paese è ancora diviso in varie aree di influenza interna ed esterna, con le autorità di Tripoli a ovest e l'esercito del generale Haftar a est mai del tutto riappacificati. Negli ultimi mesi sul dossier libico ha pesato lo spettro di una ripresa degli scontri nelle regioni meridionali, tuttavia per adesso la situazione è stabile. Ma senza una definitiva ricomposizione del quadro politico, lo spettro di una ripresa delle partenze è destinato a rimanere molto radicato.

Il confronto tra potenze nel Mediterraneo

Se il discorso immigrazione interessa soprattutto i Paesi della costa settentrionale del Mediterraneo, Italia in primis, la questione legata alla più generale stabilità della regione passa dal confronto tra le varie potenze impegnate sul campo. Il Mediterraneo mantiene ancora oggi una sua centralità e fa gola a diversi attori.

Nel 2025 occorrerà valutare l'impegno degli Usa nell'area, con la variabile rappresentata dalle mosse del rientrante presidente Donald Trump. Il tycoon, nel corso del suo primo mandato, ha attuato un progressivo disimpegno dal Mediterraneo. L'uscente Joe Biden si è invece occupato più attivamente della Libia, anche in funzione anti russa. Mosca è infatti in contatto con il generale Haftar, con il Cremlino impegnato a trovare una nuova base mediterranea.

Proprio la presenza russa rappresenta un'altra grande incognita del nuovo anno. La sconfitta di Bashar Al Assad in Siria potrebbe privare Mosca della base di Tartus, storico appoggio risalente al 1971 e oggi in balia degli eventi che stanno sconvolgendo il contesto siriano. Se la Russia dovesse perdere l'approdo di Tartus, potrebbe mettere in discussione proprio il suo impegno in Libia e, a cascata, anche quello nel Sahel.

Il peso degli attori regionali

In attesa di capire le mosse di Washington e Mosca nel Mediterraneo, gli altri attori regionali sono pronti a inseguire nel 2025 i propri obiettivi nell'intero contesto mediorientale. A partire dalla Turchia, vera vincitrice della partita siriana e con il presidente Erdogan nel ruolo di “pigliatutto” negli ultimi mesi del 2024. L'ingresso delle milizie anti Assad a Damasco ha segnato un punto fondamentale per Ankara nella regione: ora la Turchia ha la possibilità di estendere la sua influenza in Siria e dunque nel cuore del Medio Oriente.

Di contro, l'Iran con il nuovo anno dovrà leccarsi le ferite lasciate dagli ultimi 12 mesi. Teheran ha perso un alleato fondamentale quale Assad, così come ha assistito al ridimensionamento della potenza di fuoco del gruppo sciita libanese di Hezbollah, decimato dai colpi di Israele. Al tramonto del sogno di creare una mezzaluna sciita, si aggiungono le difficoltà economiche interne che stanno costringendo il governo a razionare anche l'erogazione di energia.

C'è poi il ruolo giocato dalle potenze del Golfo: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar manterranno le proprie linee vocate da un lato alla mediazione dei vari conflitti in corso e, dall'altro, a ritagliarsi ciascuno una propria fetta di influenza dal Mediterraneo al Golfo.

La questione legata a Gaza e al Libano

Ma ovviamente, anche nel 2025 il principale tassello del mosaico mediorientale sarà rappresentato dal conflitto israelo-palestinese. Le tregue faticosamente ricercate tra Gaza e il Libano potrebbero dare il via a una stagione di distensione oppure, in un'eventualità diametralmente opposta, potrebbero rappresentare solo una pausa di un conflitto ancora più lungo. L'impressione è che tra la Striscia di Gaza e il sud del Libano passerà, ancora una volta, buona parte degli equilibri nella regione.