Esteri
Arabia Saudita, giustiziato imam al-Nimr. Rabbia dell'Islam sciita
L'Arabia Saudita comincia il 2016 con quarantasette esecuzioni capitali, tra cui quella di un noto religioso sciita, scatenando la rabbia dell'Iran e le proteste delle fazioni sciite in Iraq, Libano, Yemen e Bahrein.
Per il governo saudita molte delle persone condannate a morte e giustiziate sarebbero state coinvolte in una serie di attentati compiuti da al-Qaeda tra il 2003 e il 2006. Ma alcuni di essi erano oppositori del regime ultraconservatore e a maggioranza sunnita. Secondo i dati di Amnesty International, l'Arabia Saudita è tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni nel mondo, secondo solo a Cina e Iran: dal 1985 al 2005 sono state messe a morte oltre 2200 persone. Da gennaio ad agosto 2015, le esecuzioni sono state più di 150. Le condanne sono state eseguite tramite decapitazione.
L'esecuzione di Nimr al-Nimr. Come detto tra i condannati a morte c'è anche un influente religioso sciita, lo sceicco Nimr al-Nimr. Lo sceicco è stato uno dei leader del movimento di protesta partito nel 2011 nella Provincia Orientale del Paese, da dove viene gran parte del petrolio saudita. Molto popolare tra i giovani, aveva invitato la sua gente (la minoranza principale del paese, da sempre considerata un pericolo da Ryad per la sua vicinanza religiosa con l'arcinemico iraniano) a cavalcare l'onda delle primavere arabe per chiedere più diritti e più indipendenza al regime a maggioranza sunnita. Ma allo stesso tempo aveva invitato a non usare la violenza. Fu arrestato nel 2012 in un episodio misterioso (si disse che avesse risposto al fuoco dei poliziotti) ma non furono fornite prove. Di certo lui fu portato via ferito. Al suo fermo erano seguite proteste di piazza con morti. La sua pena capitale con l'accusa di "incitamento alla lotta settaria" è stata confermata il 25 ottobre scorso. Quando apparve di fronte ai giudici, tre anni fa, mostrava segni di torture: dopo di lui, furono arrestati il fratello Mohammed e poi il nipote diciassettenne Alì.
La reazione dell'Islam sciita. La sua morte ha scatenato l'ira dell'Islam sciita e potrebbe avere gravi conseguenze sul piano internazionale. Dura, infatti, la reazione dell'Iran, che ha avvertito l'Arabia Saudita: "L'esecuzione di Nimr vi costerà cara", ha tuonato il ministero degli Esteri iraniano. Durissimo l'ayatollah Ahmad Khatami, membro dell'influente Assemblea di esperti della repubblica islamica e tra i religiosi più in vista dell'Iran, che ha denunciato la natura "criminale" della famiglia reale saudita e ne ha preconizzato la fine. "Non ho dubbi", ha affermato, "che questo sangue puro macchierà la casa dei Saud e li spazzerà via dalle pagine della Storia".
Unanime la condanna anche dei ribelli sciiti Houthi dello Yemen e del Supremo Consiglio islamico sciita del Libano. Il movimento sciita libanese Hezbollah, alleato dell'Iran, ha detto inoltre di ritenere "gli Usa e i suoi alleati" come "responsabili" per le esecuzioni avvenute oggi in Arabia saudita perché "coprono i crimini del Regno contro il suo popolo e quelli della regione". "Chiediamo alla comunità internazionale di condannare il crimine commesso dall'Arabia Saudita", si aggiunge in una nota di Hezbollah citata dai media libanesi. Anche i politici iracheni hanno criticato l'esecuzione di al-Nimr, affermando che questo inasprirà il conflitto settario nella regione. "L'applicazione della condanna a morte del religioso saudita Nimr Baqir al-Nimr incendierà la regione", ha detto il deputato iracheno sciita Mohammed al-Sayhood. Mentre il parlamentare sciita Kamil al-Zaidi, del blocco politico dello Stato di Diritto, ha chiesto al governo di Baghdad di eseguire le pene capitali "contro i terroristi arabi, in particolare sauditi, condannati in Iraq".
Manifestazioni di protesta. Proteste e scontri in Bahrein, dove la polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che hanno esibito ritratti del religioso nel villaggio sciita di Abu-Saiba, a ovest della capitale Manama. Manifestazioni di protesta contro il regime anche in Arabia Saudita a Quatif, nella Provincia Orientale, l'unico distretto dove gli sciiti sono la maggioranza. Centinaia di musulmani sciiti sono scesi in piazza a Srinagar, nel Kashmir indiano. I manifestanti hanno innalzato foto dell'imam giustiziato per "terrorismo" e inneggiano slogan contro la monarchia saudita. Alcuni manifestanti hanno portato alta la bandiera del movimento libanese sciita di Hezbollah.
In Bahrein alcuni manifestanti sono scesi in strada per protestare contro l'esecuzione del leader religioso sciita Nimr Al-Nimr. Lo sceicco, che nel 2011 aveva incitato le folle a seguire l'esempio delle primavere arabe, è stato giustiziato in Arabia Saudita assieme ad altri 46 condannati alla pena di morte. Secondo il governo di Riad, sarebbero stati coinvolti in una serie di attentati compiuti da al-Qaeda tra il 2003 e il 2006
L'appello alla calma del fratello di al-Nimr. Come detto, nel braccio della morte c'è anche suo nipote Alì al-Nimr, ora ventunenne. Per salvare il giovane è partita nei mesi scorsi una mobilitazione internazionale. Amnesty International ha chiesto l'annullamento della sentenza, indagini sulle presunte torture compiute dal Paese e il rispetto dei diritti umani. Suo padre Mohammed al-Nimr (fratello dello sceicco giustiziato), evidemente preoccupato che il figlio Alì possa seguire la stessa sorte dello zio, ha espresso l'auspicio che qualsiasi risposta alle esecuzioni sia pacifica: "Nessuno deve avere reazioni al di fuori di una cornice pacifica, basta bagni di sangue".
La risposta del governo saudita. Il Gran mufti dell'Arabia Saudita Sheikh Abdul-Aziz Alal-Sheikh ha invece difeso l'esecuzione dei 47 detenuti, parlando di "grazia ai prigionieri", in quanto la morte "eviterà loro di commettere altro male e di causare caos". Il mufti saudita ha quindi affermato che le esecuzioni sono state condotte nel rispetto della Sharia, la legge islamica, e con l'obiettivo di tutelare la sicurezza nel Regno.
Condannato a morte anche Fares al Zahrani, già nella lista dei 26 super ricercati di al-Qaeda compilata dalle autorità dell'Arabia all'indomani dell'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Nessuno tocchi Caino: "Arabia Saudita primo Paese -boia". "Con almeno 158 esecuzioni nel 2015, l'Arabia Saudita è il primo Paese-Boia del mondo, se si considera il numero degli abitanti". Lo afferma in una nota l'associazione 'Nessuno tocchi Caino', che ha commentato l'esecuzione odierna come "un fatto senza precedenti nella storia del Regno Saudita di per sé già mortifera e connotata dalla sistematica violazione delle norme di diritto internazionale, a partire dai processi gravemente iniqui, nel corso dei quali agli imputati spesso non è concesso di avere un avvocato e condanne a morte sono comminate a seguito di confessioni ottenute sotto tortura". Secondo l'associazione "è facile prevedere che la 'guerra al terrorismo' darà un contributo consistente all'escalation della pratica della pena di morte anche nel 2016, soprattutto dopo che l'Arabia Saudita si è posta alla testa della Grande Coalizione anti-Sato Islamico, in nome della quale si sentirà legittimata nel continuare a violare i diritti umani al proprio interno e perseguire e decapitare persone in realtà coinvolte solo nella opposizione pacifica o in attività sgradite al regime".
Il silenzio dell'Occidente. Infine l'accusa al silenzio dell'Occidente: "Nessuno nell'Occidente cosiddetto libero e democratico - si legge nella nota - sembra preoccuparsi del fatto che, nel nome della guerra al terrorismo, si sta affidando il governo dell'emergenza a chi ha provocato l'emergenza stessa, si stanno accreditando come 'stabilizzatori' dell'area più infuocata del mondo, il Medio-Oriente, regimi che al proprio interno conducono una guerra di lunga durata e di terrore nei confronti dei propri popoli".