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Artico nuovo fronte: petroliere russe tra i ghiacci. "Risposta alla Nato"

di Redazione Esteri

Per aggirare le sanzioni Mosca minaccia l’Artico con navi non adatte. Rischio disastro ambientale

Mosca: "Risponderemo al rafforzamento della Nato nell'Artico"

La Russia risponderà al rafforzamento del potenziale militare della Nato nell'Artico con una serie di misure, comprese misure preventive: lo ha detto l'ambasciatore russo Nikolai Korchunov a RIA Novosti. Il diplomatico ha notato l'aumento delle tensioni politico-militari nell'Artico, innescato dalla posizione "non costruttiva" degli Stati Uniti e dei suoi alleati, sullo sfondo della guerra in Ucraina.

"La politica di rafforzamento del potenziale militare della Nato in questa regione, anche attraverso l'adesione della Finlandia all'alleanza e il previsto coinvolgimento della Svezia in essa, testimonia la prevalenza di scenari di potere della Nato per garantire la propria sicurezza alle latitudini settentrionali a scapito della sicurezza di altri Paesi".   Mosca, ha avvertito Korchunov, procederà in risposta a queste sfide e minacce con "una serie di misure necessarie, comprese le misure preventive, derivanti dai compiti" che il presidente Vladimir Putin ha delineato.

Secondo quanto scrive Repubblica, "Mosca pur di evitare sanzioni e intoppi alla vendita del suo greggio, da qualche tempo sta inviando petroliere nel Mar Glaciale Artico, utilizzando così l’impervia rotta settentrionale, e non quella meridionale, più sicura e convenzionale. Come racconta il Financial Times, nel mese corrente ci sono state almeno due navi russe che, per consegnare petrolio alla Cina, dal porto di Murmansk (Russia settentrionale) hanno deciso di circumnavigare la Siberia, attraversare lo stretto di Bering con l’Alaska e riscendere verso sud per attraccare nella cinese Rizhao".

L’aspetto più inquietante è che a inizio settembre Mosca ha utilizzato, in due di questi viaggi verso l’Asia, navi non “ice class”, scrive Repubblica. "Ossia non rinforzate e senza doppio scafo di sicurezza. Si tratta della Leonid Loza e della NS Bravo, in attività rispettivamente da 12 e 13 anni, che possono trasportare fino a un milione di barili di greggio". Secondo il Financial Times, è una prima volta in tempi moderni. E come sottolinea Repubblica, "in queste condizioni, in caso di impatto con un iceberg o incidenti dovuti al ghiaccio, è probabile che la petroliera abbia perdite, più o meno gravi, innescando così un potenziale disastro ambientale".