Esteri

Bielorussia: vince Lukashenko, proteste. Il futuro di Minsk tra Mosca e Ue

di Lorenzo Lamperti

Il presidente eletto con oltre l'80% dei voti. Ma il futuro del paese sembra per la prima volta in bilico sia a livello interno sia a livello geopolitico

Batka ce l'ha fatta ancora. Non che ci fossero dubbi sui risultati delle elezioni presidenziali in Bielorussia. Aleksandr Lukashenko è stato rieletto per la sesta volta con l'80,23 per cento delle preferenze, stando ai risultati preliminari del voto di domenica 9 agosto. La rappresentante delle opposizioni, la casalinga Svetlana Tikhanovskaya, si è fermata 9,9 per cento dei voti. Gli altri candidati si sono fermati sotto al 2 per cento, mentre l'affluenza è stata dell'84%.

Ma l'interesse, e la preoccupazione, era ed è tutta puntata su quanto poteva e può accadere dopo l'annuncio dei risultati. Alla chiusura delle urne ci sono state proteste in diverse città, con la polizia che è intervenuta per reprimerle. Circa 120 persone sarebbero state arrestate, di cui 50 a Minsk. E il vigore delle manifestazioni anti Lukashenko, anche durante la campagna elettorale, hanno assunto un vigore senza precedenti. Segnale preoccupante per il presidente, che nonostante la conferma inizia a temere che la sua presa possa, nel futuro anche prossimo, essere messo a rischio.

L'altro, grande e imprevisto, quesito è sulla collocazione geopolitica della Bielorussia. Inutile dire che tradizionalmente il rapporto con la Russia è fortissimo. Tanto da far pianificare a Vladimir Putin una riunificazione sotto un'unica entità statale che gli avrebbe permesso di restare al potere oltre al 2024, quando scadrà il suo mandato al Cremlino. Un piano che non è piaciuto a Minsk, con Putin che ha ripiegato sulla riforma costituzionale appena approvata da un referendum popolare.

LP 11592637(fonte Lapresse)Guarda la gallery

Lukashenko ha anzi flirtato con altri attori. Ha aperto le porte agli investimenti della Cina (che sta costruendo un parco industriale) e ha aperto un canale di dialogo con l'Unione europea. Negli scorsi mesi è andato ancora più in là, ricevendo a Minsk il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, facendo addirittura presagire un cambio di campo che avrebbe del clamoroso. E Washington ha riaperto l'ambasciata a Minsk dopo 12 anni, appuntando non un nome qualunque ma Julie Fisher, figura con un passato nella Nato.

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In realtà, almeno per il momento, questa ipotesi non sembra concreta. Nonostante negli ultimi giorni della campagna elettorale siano stati arrestati 33 cittadini russi con l'accusa di far parte di un contingente di contractors del celeberrimo gruppo Wagner entrati in Bielorussia "per destabilizzare il paese".

Ma la realtà è che il legame con Mosca è ancora troppo stretto e le mosse di Lukashenko sembrano motivate da una parte per motivi di campagna elettorale e dall'altra per rafforzare la propria posizione negoziale con il Cremlino. Putin vuole stabilità in Bielorussia, per evitare che si possa verificare un nuovo scenario da Ucraina nel quale però la differenza sarebbe l'assenza di una Crimea, vale a dire una fetta del paese (o comunque una parte di essa) profondamente filorussa. Anche perché a livello identitario, il sentimento bielorusso cresce. Secondo recenti sondaggi, la percentuale di chi vuole l'unificazione è sceso dal 60 al 40% in pochi anni.

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Putin si è congratulato con Lukashenko per la vittoria, anche perché i problemi interni (a partire dalle proteste nell'estremo oriente russo) non consentirebbero al Cremlino di aprire un altro fronte. La Polonia, interessata da vicino a quanto accade a MInsk, ha denunciato l'uso della forza delle autorità bielorusse nelle proteste. "Dobbiamo sostenere il popolo bielorusso nella sua ricerca della libertà", ha detto il premier Mateusz Morawiecki. E lo stesso Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha denunciato la violenza contro i manifestanti. Lukashenko ha invece definito chi protesta delle "pecore telecomandate", accusando di interferenze esterne Regno Unito e Varsavia.

Insomma, l'integrazione di Minsk nelle dinamiche europee sembra complicata, quantomeno con Lukashenko. E gli Stati Uniti, impegnati nella contesa globale con la Cina, non sembrano interessati a stimolare una rivoluzione "colorata" come in Ucraina in questo momento. Il futuro della Bielorussia è ancora tutto da scrivere, ma qualcosa dall'interno sembra davvero muoversi.