Esteri

Cessate il fuoco a Gaza: Italia ed Europa semplici spettatrici (di nuovo)

Il Vecchio Continente resta alla finestra mentre Qatar, Egitto ed Usa giocano un ruolo da protagonista nella tregua tra Hamas ed Israele. Cronistoria della perdita di rilevanza dell'Europa

di Mauro Indelicato

Cessate il fuoco a Gaza: Italia ed Europa semplici spettatrici

La mediazione si è svolta a Doha e gli attori impegnati sono stati principalmente tre: Qatar, Egitto e Usa. L'Europa, tra le prime a congratularsi per il cessate il fuoco raggiunto a Gaza e per il rilascio dei primi ostaggi israeliani trattenuti da più di un anno da Hamas, sta guardando dalla finestra. E si tratta di una sconfitta politica per il Vecchio Continente tanto grave quanto difficile da rimarginare. Per di più perché avvenuta su un dossier, quale quello israelo-palestinese, che ha a che fare direttamente con il contesto mediterraneo.

Israele, sono lontani i tempi delle mediazioni europee

Era il marzo del 2002, la seconda Intifada, scoppiata due anni prima, stava raggiungendo il suo apice. In Israele i gruppi terroristici organizzavano attentati kamikaze quasi quotidianamente, nei territori palestinesi l'esercito di Tel Aviv cingeva d'assedio Jenin e Ramallah. A fare la spola tra le due città in quella fase, erano convogli umanitari e diplomatici sui cui mezzi sventolavano le bandiere spagnole. Il premier spagnolo di allora, Josè Maria Aznar, in quel momento guidava il semestre europeo ed era presidente di turno dell'Ue.

Madrid e Bruxelles erano quindi chiamate in causa in prima persona, gli attori mediorientali più importanti confidavano su un intervento mediatore dell'Europa. Soprattutto, si fidavano del know how politico del Vecchio Continente.

Quattro anni più tardi la stessa scena si è ripetuta nel sud del Libano. In quella occasione, al culmine del conflitto del luglio del 2006 tra Israele ed Hezbollah, per l'Europa è stata l'Italia ad assumere un ruolo significativo. Massimo D'Alema, ministro degli Esteri del governo Prodi II, ha presenziato a una conferenza svolta alla Farnesina con i rappresentanti di Libano, Israele e Usa da cui è nata la missione Unifil II.

Cosa è successo negli ultimi anni

Parlare delle mosse europee di allora, non vuol dire elogiare la classe dirigente del Vecchio Continente di quel periodo. Già in quella fase l'Europa, a torto o a ragione, era accusata da più parti di fare poco. A inizio secolo del resto, non ha impedito lo sviluppo dell'Intifada e non è riuscita a evitare la guerra in Iraq del 2003. E la stessa missione Unifil II, ad oggi, non è vista da tutti come un esempio di successo.

Tuttavia, l'attivismo di oltre venti anni fa stride con l'attuale immobilismo. Da quando è scoppiata, il 7 ottobre 2023, la nuova guerra a Gaza l'Europa non ha mai avuto un ruolo significativo. Colloqui e intermediazioni non hanno visto alcun attore europeo protagonista, sia a livello di singoli governi che sotto il profilo prettamente comunitario.

“I motivi di questa vera e propria involuzione del nostro ruolo sono tanti – è il pensiero, sussurrato ai nostri microfoni, di un diplomatico italiano impegnato a Bruxelles – La politica estera in Europa negli ultimi anni non è mai stata in cima tra le priorità. C'è stato quindi un certo disinteresse generale. E poi, ritengo che più il tempo passa e più l'Europa si presenta, internamente ed esternamente, tutt'altro che unita”.

Come l'Europa e l'Italia possono riacquistare peso

L'uscita dell'Italia e dell'Europa dai tavoli negoziali rappresenta un doppio svantaggio: c'è una voce in meno impegnata nella risoluzione dei più importanti dossier e, dal nostro punto di vista, si ha meno potere contrattuale per l'intervento su tematiche che riguardano da vicino il territorio europeo. Non c'è quindi in ballo unicamente il prestigio di Paesi un tempo molto più importanti sotto il profilo politico.

Le soluzioni per tornare ad avere voce in capitolo non sono molte, ma non sono nemmeno poche. L'Europa non ha lo stesso grado di influenza militare degli Usa, così come non ha i petrodollari del Qatar e delle altre petromonarchie determinanti per convincere le controparti a sedersi attorno a un tavolo.

Dalla sua però il Vecchio Continente ha l'esperienza diplomatica accumulata in molti anni, la quale può essere decisiva per instaurare delle missioni internazionali di interposizione. Non è un caso se, subito dopo il cessate il fuoco a Gaza, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto riferimento proprio alla possibilità di una missione europea per garantire una tregua a lungo termine.

Ma, prima di ogni cosa, occorre la volontà di attuare simili progetti. A parte qualche proposta lanciata da singoli attori, non ci sono sul tavolo al momento carte concrete da cui poter partire. L'impressione è che, prima di tornare in gioco, l'Europa deve riappropriarsi del principale mezzo strategico che ogni attore deve avere: la volontà politica.