Esteri
Che cosa sappiamo della tragedia del Sinai
Quando si verifica una tragedia la gente amerebbe sapere tutto e subito. Cosa che la maggior parte delle volte è impossibile. Volendo fare chiarezza sul disastro dell’Airbus schiantatosi sul Sinai con 224 persone a bordo, per cominciare dovremmo ricordare che, se insistiamo troppo, fatalmente qualcuno “ci farà contenti” raccontandoci delle sciocchezze. Dunque è meglio allineare i pochi fatti certi per vedere che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo.
L’aeroplano viaggiava a nove o diecimila metri d’altezza e, a detta di tutti i competenti, quelle sono le condizioni in cui un incidente è talmente improbabile che non val la pena di parlarne. Anche ad ammettere che un motore su due improvvisamente si fermasse, l’aeroplano arriverebbe felicemente a destinazione. I momenti più pericolosi sono invece il decollo, l’atterraggio e, per quanto possa sembrare strano, la circolazione sulle piste. Nel 1977, nelle Isole Canarie, morirono 583 persone in uno scontro a terra.
Anche ad ammettere che, contrariamente a tutto ciò che si sa, si sia verificato un problema ad alta quota, è comunque altissimamente improbabile che i piloti non abbiano avuto neppure i pochi secondi necessari per segnalare il guasto per radio. Dunque è evidente che si è verificato qualcosa di istantaneo. E - a giudicare dal totale silenzio dell’aereo - bisogna ipotizzare che l’aereo sia stato improvvisamente distrutto.
Ciò intanto ci consola sulla sorte delle persone a bordo. Verosimilmente o non hanno avuto nemmeno il tempo d’accorgersi che stavano per morire, oppure, se l’hanno avuto, è stato questione di secondi. Anche ad essere proiettati vivi fuori dall’aereo, le condizioni di ossigeno e di temperatura, a diecimila metri, non consentono la sopravvivenza nemmeno per qualche minuto.
Se i due flight recorder (le due scatole arancione impropriamente denominate “scatore nere”) confermeranno questa ipotesi, che cioè l’aeroplano è stato improvvisamente trasformato in un rottame, il passo seguente è chiedersi che cosa può averlo provocato.
L’alternativa è una: o un missile o una bomba. Questo dilemma probabilmente non potrà essere risolto dall’esame dei registratori di volo (che potrebbero soltanto mostrare un improvviso encefalogramma piatto) e bisogna aspettare l’esame dei rottami. Sempre che i tecnici siano in grado di distinguere gli effetti di un missile da quello di una bomba.
Per quanto riguarda il missile, qualcuno dice che i terroristi non dispongono di armi tanto sofisticate, e neppure di personale tecnico sufficientemente esperto per usarle. Ma qualcun altro risponde che lo Stato Islamico ha potuto appropriarsi delle armi in dotazione all’Iraq presenti nei territori conquistati, e poi che, fra tanti affiliati, potrebbero non mancare i tecnici necessari. Per questa parte, non si può affermare nulla. Né costituisce prova la rivendicazione dello Stato Islamico: manca poco perché esso si attribuisca il “merito” delle alluvioni e dei terremoti.
L’ipotesi della bomba richiede evidentemente un’indagine poliziesca. L’ordigno potrebbe essere stata portato sull’aereo da un passeggero, superando dunque i controlli all’imbarco: purtroppo, come hanno rivelato parecchie inchieste giornalistiche, la cosa non è affatto inverosimile. Oppure – e più probabilmente – il terrorista potrebbe essere stato un membro del personale di terra dell’aeroporto. Basti pensare a quegli enormi carrelli a trenino che portano i bagagli sotto la stiva dei bagagli: non ci sarebbe nessuno difficoltà ad aggiungerci una “valigia” propria, piena di dinamite e con un timer per l’esplosione. Ma è inutile continuare. Quando si tratta di indagini poliziesche l’umanità ha fatto pratica sin dai tempi di Caino e Abele. Basti vedere un famoso caso giudiziario di cui si occupò Cicerone, da giovane, fino a far condannare il potente assassino e far assolvere il proprio cliente innocente, Roscio Amerino. La vicenda ricorda i migliori film giudiziari di Hollywood. Dunque gli inquirenti non hanno bisogno che gli si insegni il mestiere.
La sintesi è scarna e abbastanza insoddisfacente: sulla base dei dati disponibili può dirsi che l’aeroplano non è caduto per un guasto tecnico e dobbiamo ancora identificare i colpevoli.
Se si vuole esaminare la vicenda dal punto di vista politico, sempre che la responsabilità sia dell’estremismo islamico, può dirsi che gli autori dell’attentato non hanno fatto un affare. La Russia, anche a causa del suo “côté” asiatico, quello stesso che le ha fatto avere prima un sistema feudale e poi Stalin, non è mansueta come tanti Paesi occidentali. Se Putin sarà certo che i responsabili sono degli islamici integralisti, si può contare sul fatto che gli accarezzerà piuttosto rudemente la schiena, a qualunque gruppo appartengano. Se qualcuno ha dei dubbi chieda informazioni alla Cecenia,
Gianni Pardo
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