Esteri

Cina, Giappone, Asean, caos Kirghizistan, elezioni Tagikistan: pillole asiatiche extra large

di Lorenzo Lamperti

La settimana della (geo)politica asiatica

Il 26 ottobre si avvicina. E' in quella data che prenderà il via la tre giorni del quinto plenum del 19esimo congresso del Partito comunista cinese. Quello che dovrà dare il via al nuovo piano quinquennale del governo, che dirà molto del futuro di Pechino (e dunque del mondo). La convocazione sembra lasciare poco spazio alle interpretazioni: gli ingredienti fondamentali del menù sembrano autarchia e centralità del ruolo di Xi Jinping, sempre più spesso "leader del popolo". Nel frattempo, arrivano segnali di movimenti interni al partito. Soprattutto intorno a Wang Qishan, vicepresidente nonché figura fondamentale per l'ascesa dell'attuale presidente cinese. Un binomio che sembra(va?) inscindibile quello tra Xi e Wang, spalla fondamentale dell'azione anti corruzione portata avanti dal segretario generale del PCC. Negli scorsi mesi, però, qualcosa sembra muoversi. Wang è apparso sempre meno in pubblico, e due uomini vicini a lui sono finiti nei guai. Ren Zhiqiang, imprenditore che aveva criticato la gestione dell'epidemia da coronavirus di Xi, è stato condannato a 18 anni per corruzione e abuso di potere. E ora Dong Hong, per 20 anni braccio destro di Wang, è finito sotto indagine. Il tutto mentre continua a emergere la figura di Chen Yixin (ne avevo parlato qui a luglio), il nuovo asso di Xi nella nuova campagna anti corruzione che pare aver lanciato la "lunga marcia" verso il suo terzo mandato che potrebbe (dovrebbe) essere sancito al ventesimo congresso del 2022.

 

TAIWAN

Incursioni aeree - Nel corso del 2020 l'aeronautica militare taiwanese si è attivata 4132 volte, in aumento del 129 per cento rispetto a tutto il 2019. La quasi totalità delle volte per intercettare velivoli cinesi. I dati derivano da un rapporto presentato allo Yuan legislativo di Taipei da parte del ministero della Difesa. Pechino non riconosce le incursioni, semplicemente perché non riconosce l'esistenza di una linea mediana e di uno spazio aereo taiwanese. Le tensioni militari intorno all'isola sono in aumento da quando il rapporto tra Formosa e gli Stati Uniti si è fatto più stretto.

Relazioni con gli Usa - A proposito di rapporto tra Taipei e Washington, negli scorsi giorni il Guomindang ha ufficialmente avanzato la richiesta al governo della presidente Tsai Ing-wen di adoperarsi per ristabilire relazioni diplomatiche con gli Usa. Una richiesta che ha sorpreso chi continuava a considerare il partito nazionalista cinese come l'interlocutore di Pechino sull'isola. Dopo la batosta elettorale di gennaio scorso, però, il GMD sta provando a cambiare volto per non perdere la vocazione maggioritaria, mentre il sentimento di identità taiwanese continua a diffondersi tra i cittadini. Con il nuovo leader Johnny Chiang, il partito sembra aver imboccato una nuova strada che può metterne a repentaglio la collocazione tradizionale (o quantomeno degli ultimi due decenni). La mossa sembra però volta soprattutto a mettere in difficoltà l'amministrazione Tsai. Nelle scorse settimane, il ministero degli Esteri aveva negato l'ipotesi di un riavvio delle relazioni diplomatiche ufficiali con gli Usa, limitandosi a parlare del possibile accordo commerciale. Ora, scavalcando la maggioranza sul tema, il GMD spera di portare alla luce le contraddizioni del posizionamento geopolitico del Democratic Progressive Party. E' un gioco rischioso.

Revisione costituzionale - Un comitato ad hoc valuterà possibili revisioni alla Costituzione della Repubblica di Cina (Taiwan). Lo Yuan legislativo ha formato il comitato dopo che i partiti hanno dato il loro via libera alla composizione dello stesso: ne faranno parte 22 membri del DPP, 14 del GMD, due del Taiwan People's Party e uno del New Power Party.  Tra le proposte al vaglio, l'abbassamento dell'età necessaria per andare a votare da 20 a 18 anni.

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INDO PACIFICO

Summit Quad - Il 6 ottobre è andato in scena un incontro tra i rappresentanti del cosiddetto Quad, l'alleanza quadrilaterale tra Usa, Australia, Giappone e India. Durante l'incontro di Tokyo, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha invitato i partner dell'Indo Pacifico a "unirsi" contro l'attività, definita "maligna", della Cina nella regione. L'alleanza, derivata dalla visione dell'Indo Pacifico di Abe Shinzo annunciata nel 2007 durante un viaggio in India, è sempre rimasta solo sulla carta. Dotata sì di una dichiarazione di intenti, ma non di una struttura operativa. Tornato a "vivere" nel 2017, cioè da quando Donald Trump ha deciso di portare su un nuovo livello il cosiddetto "contenimento" della Cina, il Quad ha sempre sofferto delle visioni e necessità strategiche distinte tra i suoi attori, in particolare tra le potenze medie asiatiche e il big brother americano. Ora Pompeo vorrebbe istituzionalizzare la partnership, rendendola sempre più simile a quella "Nato asiatica" di cui si è talvolta parlato. Obiettivo che ha ribadito in un'intervista al Nikkei Asian Review. Che Washington raggiunga il suo obiettivo è, però, tutt'altro che scontato. Lo dimostra la speculare azione sul Mar cinese meridionale, con i paesi del Sud-est che però non si sono fatti arruolare in massa come la Casa Bianca sperava. Soprattutto India e Giappone preferiscono il confronto allo scontro con il Dragone. 

Come avevamo previsto nelle pillole asiatiche extra large della scorsa settimana, il viaggio di Pompeo in Asia orientale è stato ridotto rispetto al previsto a causa della positività al Covid-19 di Trump. Sono dunque saltate le tappe in Corea del sud e Mongolia.

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ASIA ORIENTALE

Corea del nord, 75 anni di Partito - Sabato 10 ottobre grande parata per celebrare il 75esimo compleanno della faondazione del Partito dei lavoratori coreani. In mostra le nuove armi strategiche di Pyongyang, a partire dai missili balistici intercontinentali. 

Cina-Giappone, segnali di ripartenza - La Cina verrà rimossa dall'elenco del Giappone dei paesi vietati dal prossimo mese. Insieme alla Cina continentale, le restrizioni saranno revocate per altri 11 paesi e regioni, tra cui Taiwan, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud, Vietnam e Malesia, secondo il quotidiano Yomiuri Shimbun. Un piccolo segnale che può portare al riavvio di una diplomazia che ha subito battute d'arresto negli scorsi mesi. Tutto, in realtà, era partito proprio dal tardivo (secondo molti cittadini nipponici) blocco ai voli dalla Cina operato dal governo Abe, che sperava di ricevere Xi Jinping a Tokyo per l'ingresso delle relazioni bilaterali in una "nuova era". Un processo bruscamente interrotto dal Covid, dal programma China exit di Tokyo e dalle tensioni su Senkaku/Diaoyu e Taiwan. 

Un altro segnale di ripartenza arriva dalla finanza. La Cina ha aumentato i suoi acquisti di titoli di stato giapponesi (JGB) al livello più alto in tre anni e mezzo, in un apparente tentativo di raccogliere maggiori rendimenti dalle massicce riserve di valute estere di Pechino. I cinesi hanno acquistato 1,46 trilioni di yen (13,8 miliardi di dollari) in JGB a medio-lungo termine su base netta tra aprile e luglio, come mostrano i dati del Ministero delle finanze giapponese e della Banca del Giappone: 3,6 volte l'importo rispetto all'anno precedente.

Corea del sud, niente China exit - A proposito di diversificazione e uscita dal mercato cinese, quella operata dalle imprese sudcoreane è meno spedita rispetto a quella delle realtà giapponesi. Gli sforzi di Seul nel convincere le aziende a tornare in patria dalla Cina non stanno funzionando granché. Secondo i dati del Korea Institute for Industrial Economics & Trade, solo 80 aziende su migliaia con collegamenti in Cina hanno riportato parte delle loro operazioni a casa negli ultimi sette anni, vale a dire da quando la Corea del sud cerca di ridurre la propria dipendenza dalla produzione estera. A livello geopolitico, Seul è in una posizione complicata. Negli scorsi giorni, l'inviato americano per il controllo degli armamenti Marshall Billingslea ha incontrato dei funzionari governativi coreani, parlando della "minaccia cinese". Ma alla Corea del sud la relazione con Pechino serve non solo a livello commerciale ma anche nell'ottica del dialogo con Pyongyang.

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SUD EST

Cina, missione diplomatica in area Asean - Il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri Wang Yi dà il via a una cinque giorni di visite nel Sud-est asiatico. Nuovo segnale di attenzione di Pechino verso l'area dei paesi Asean dopo il recente viaggio del ministro della Difesa Wei Fenghe, parallelo a quello dello stesso Wang in Italia. Il rappresentante della diplomazia estera del Dragone visiterà Cambogia, Malesia, Singapore, Laos e Thailandia dall'11 al 15 ottobre.  Il ministero del Commercio cinese ha affermato che la Cina e l'ASEAN sono diventate il principale partner commerciale l'una dell'altra con un interscambio totale che da gennaio ad agosto ha raggiunto i 416,5 miliardi di dollari. 

Il viaggio di Wang arriva subito dopo quelli a Pechino dell'inviato speciale del presidente indonesiano, Luhut Binsar Panjaitan e del ministro degli Esteri filippino Teodoro Lucsin. In particolare, l'intenzione della Cina è quella di controbilanciare le mosse americane nel Sud-est asiatico. A settembre, Washington ha lanciato progetti per 153 milioni di dollari in Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar.

Cooperazione Cambogia-Vietnam - Le relazioni tra Cambogia e Vietnam sono complesse da decenni, sin dalla riunificazione del Vietnam e dall'avvento dei khmer rossi in Cambogia. E tradizionalmente i due paesi sono agli antipodi per quanto riguarda l'approccio alla Cina, all'interno del gruppo Asean. Hanoi è la capitale che difende con maggiore convinzione la propria posizione sulle dispute del Mar cinese meridionale. Phnom Penh è invece quella più vicina a Pechino, con il primo ministro cambogiano Hun Sen che è stato il primo leader a recarsi in Cina dopo l'inizio della crisi pandemica per mostrare solidarietà al grande vicino. Ora però qualcosa si muove a livello di cooperazione bilaterale. Il governo della Cambogia ha avviato uno studio di fattibilità su un nuovo collegamento ferroviario da Phnom Penh a Ho Chi Minh City. La nuova ferrovia potrebbe ridurre il deficit commerciale della Cambogia con il Vietnam e migliorare l'accesso della Cambogia ai mercati e alle fabbriche cinesi. Circa il 40% delle merci trasportate dalla Cina alla Cambogia passa attraverso il Vietnam.

La Cambogia è uno degli snodi principali della Belt and Road nel Sud-est asiatico. E anche per questo è finita "nel mirino" di Washington, o quantomeno ci è finita la Union Development Group, la compagnia cinese che sta sviluppando la zona turistica di Dara Sakor. Lo scorso fine settimana, in un discorso alla virtuale Assemblea generale delle Nazioni Unite, il primo ministro cambogiano ha rimproverato "alcuni paesi" per aver sempre più interferito nella sovranità dei paesi più piccoli. Il riferimento pare scontato.

 

Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa
Mahinda Rajapaksa 

SUBCONTINENTE INDIANO

Cina e India litigano su Taiwan - Nuovo scontro, stavolta diplomatico, tra Pechino e Nuova Delhi. Negli scorsi giorni sono apparse sui principali quotidiani indiani delle paginate in cui si annunciavano le celebrazioni per la festa nazionale taiwanese di sabato 10 ottobre. L'ambasciata cinese in India ha chiesto ai media locali di rispettare il principio della "unica Cina". Il ministro degli Esteri di Taipei, Joseph Wu, ha reagito con un tweet particolarmente duro in cui campeggia tutto in maiuscolo un "get lost". Le relazioni tra Cina e India sono state messe a dura prova negli ultimi mesi dagli scontri lungo l'enorme confine conteso.

Patto aereo tra Usa e Bangladesh - Gli Usa cercano intanto di portare dalla loro parte anche gli altri paesi della sfera di influenza indiana. Dopo l'accordo difensivo con le Maldive di cui abbiamo parlato settimana scorsa, è arrivato quello aereo con il Bangladesh. Gli Stati Uniti ospitano circa 500.000 bengalesi. L'accordo aiuterà la compagnia di bandiera nazionale del Bangladesh Biman a rilanciare la sua rotta Dhaka-New York, sospesa nel 2006 per motivi commerciali.

Sri Lanka con la Cina - Cina e Sri Lanka hanno in programma di riavviare le discussioni su un accordo di libero scambio. Annuncio arrivato dopo un nuovo summit diplomatico tra i due paesi, che sono sempre più vicini dopo il risultato delle recenti elezioni parlamentari che hanno visto il trionfo della famiglia Rajapaksa. Il presidente, Gotabaya,  ha tra l'altro respinto i timori sulla cosiddetta "trappola del debito" cinese, sostenendo che la Belt and Road sta avendo e avrà effetti positivi sullo Sri Lanka. Rassicurazioni anche sul fronte del porto di Hambantota, solitamente preso a simbolo dei rischi di una eccessiva esposizione al debito nei confronti della Cina.

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CINA-EUROPA  

La Grecia stoppa Huawei? - Prima di arrivare in Italia, Mike Pompeo era stato anche in Grecia. Una visita che sembra aver dato i suoi frutti. La Grecia starebbe infatti valutando la possibilità di escludere le apparecchiature Huawei dalle sue reti wireless a banda larga di quinta generazione. In cambio il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha ottenuto una riaffermazione da parte degli Stati Uniti del proprio impegno e sostegno alla Grecia, nel mezzo delle tensioni greco-turche in aumento in il Mar Mediterraneo orientale. Il clima è molto cambiato dai tempi del governo Tsipras e dall'arrivo di Cosco al porto del Pireo.

LP 11805184Macron e Kenyatta

CINA-AFRICA 

Zambia, prestiti per shopping militare e debito - Lo Zambia è il maggior destinatario di prestiti cinesi per l'approvvigionamento militare in Africa. Dei 1,5 miliardi di dollari di tali finanziamenti anticipati da Pechino alle nazioni africane tra il 2000 e il 2017, 600 milioni di dollari sono andati allo Zambia, secondo un rapporto della Ohio State University. Ma, in realtà, il ruolo della Cina nel commercio di armi in Africa rimane piuttosto minore, con cifre infinitamente minori rispetto a Russia, Stati Uniti, Germania e Francia. E appena sopra l'Italia (qui un report sul tema).

Nel frattempo, si aggrava la crisi legata al debito del paese africano, dopo che è stata respinta la richiesta del governo di ritardare il pagamento di tre miliardi di dollari. Gli obbligazionisti sono preoccupati che il governo locale non sia completamente trasparente sulla reale entità dei suoi debiti, in particolare sull'importo dovuto alla Cina.

Kenya, si cerca la diversificazione - C'è chi usa il termine decoupling, e c'è chi usa il termine diversificazione. In Africa è il secondo ad andare nettamente per la maggiore. Altro segnale in tal senso il viaggio in Francia del presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta. Un viaggio dal quale è tornato con un prezioso carico di 165 milioni di dollari di nuovi prestiti agevolati, sovvenzioni e vari altri accordi di finanziamento per iniziative di sviluppo sanitario e infrastrutturale. Oltre a progetti sanitari e agricoli, Parigi ha dato il via libera al finanziamento per la costruzione di 190 chilometri della Rironi-Nakuru-Mau Summit Road. La Francia prova a dare un segnale che esiste un'alternativa alla Cina in Africa.

Jair Bolsonaro mascherina

CINA-SUDAMERICA

Il Brasile decide sul 5G - C'è attesa per la scelta di Brasilia sulla partecipazione del colosso cinese Huawei alla costruzione della rete per il 5G. Funzionari statunitensi hanno esortato il Brasile e altri alleati a bloccare i componenti Huawei nelle loro reti 5G, affermando che facilitano il furto di proprietà intellettuale e lo spionaggio da parte di Pechino. Più esplicitamente, l'ambasciatore statunitense a Brasilia ha dichiarato in un'intervista al quotidiano locale O' Globo che le aziende americane potrebbero smettere di investire in Brasile per paura che la loro proprietà intellettuale venga compromessa dalla presenza cinese. "La domanda non è se Huawei vincerà o meno un'offerta", ha risposto l'ambasciatore cinese Yang Wanming. "La posta in gioco è se un paese può stabilire regole di mercato basate su apertura, imparzialità e non discriminazione per tutte le aziende". Il rappresentante cinese a Brasilia ha descritto il processo di offerta 5G come cruciale per le aziende per valutare "la maturità" della più grande economia dell'America Latina. "Crediamo che il Brasile saprà come prendere decisioni razionali che tengano conto degli interessi nazionali a lungo termine". Il derby tra superpotenze in campo brasiliano sta per avere il suo risultato, quantomeno parziale.

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ASIA CENTRALE

Kirghizistan nel caos -  Questa settimana abbiamo parlato parecchio di Kirghizistan. Prima del risultato delle elezioni legislative di domenica 4 ottobre (qui), poi degli scontri e delle prospettive interne e regionali della crisi seguita alle proteste post voto (qui, con Giulia Sciorati e Giorgio Comai). La situazione non si è calmata col passare dei giorni, ma si è semmai aggravata. Il risultato delle urne è stato annullato ma questo non ha placato le proteste, con un paese ripiombato in una profonda frammentazione (raccontata benissimo per ISPI da Giulia Sciorati ed Eleonora Tafuro). Il primo ministro si è dimesso, mentre il presidente Soroonbai Jeenbekov, ha dichiarato fino al 21 ottobre lo stato di emergenza a Biskek. Lo stesso Jeenbekov si è detto disposto a lasciare ma solo dopo lo svolgimento di nuove elezioni.  Nel frattempo, l'ex presidente Almazbek Atambayev è stato prima liberato dal carcere dalla folla e poi coinvolto in una sparatoria durante una manifestazione. I sostenitori dei due politici si sono scontrati a piazza Ala-Too Square con quelli a favore dell'aspirante nuovo primo ministro, l'ex parlamentare Sadyr Japarov, che manifestavano anche loro vicino alla sede del governo. Segno che l'opposizione è tutt'altro che unita. Non solo. Anche un'altra figura delle proteste di questi giorni, l'imprenditore Tikek Toktogaziev, è finito in ospedale dopo essere stato ferito durante gli scontri. Jeenbekov ha ammesso che il paese rischia di finire "fuori controllo". Per avere una mappatura dei protagonisti della crisi kirghisa, si rimanda a questo pezzo di Bruce Pannier.

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Elezioni in Tagikistan - La "scintilla" kirghisa nella "polveriera" dell'Asia centrale si è accesa in un momento delicato. Domenica 11 ottobre, infatti, si vota anche in Tagikistan per le elezioni presidenziali. Certo, nel paese limitrofo la costellazione politica è molto più ridotta. Emomalī Rahmon è presidente dal 1992 e non ha veri rivali. La sua presa sul potere è forte e ci si aspetta una facile conferma, anche perché negli ultimi anni i partiti oppositori hanno subito forti limitazioni. Nel 2015 il Partito di rinascimento islamico è stato definito "organizzazione terroristica" e il suo leader Muhiddin Kabiri è stato costretto all'esilio. Nello stesso anno, un altro oppositore, Umarali Quvvatov, è stato ritrovato ucciso a colpi d'arma da fuoco a Istanbul. Resta solo il Partito socialdemocratico, che però alle ultime elezioni legislative ha totalizzato (ufficialmente) solo lo 0,3% dei voti. E, come ha sottolineato l'Economist, la dinastia Emomalī può proseguire con il figlio, Rustam, che sarebbe già stato designato erede del padre. Piazza permettendo, anche se quella tagika è tradizionalmente molto più sotto controllo rispetto a quella kirghisa.