Esteri
Cina, via al quinto Plenum: Xi Jinping prepara i prossimi 15 anni del Dragone
Vision 2035, doppia circolazione, mercato, crescita qualitativa, equilibri interni: che cosa ci si può aspettare dalla quattro giorni di Pechino
Tra otto giorni, le elezioni presidenziali statunitensi, che molto possono dire sulla postura della prima potenza globale nei prossimi quattro anni. Intanto, però, a Pechino è già partito un altro appuntamento importante, il quinto Plenum del 19esimo Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Una quattro giorni che si conclude giovedì 29 ottobre e che metterà a punto il nuovo piano quinquennale, con uno sguardo fino al 2035 con i principi cardine di autarchia tecnologica e consumi interni, da realizzare attraverso il programma Vision 2035 e la "doppia circolazione". Mentre Xi Jinping cementa il suo ruolo all'interno del Partito Comunista, in vista dell'ormai scontato via libera al suo terzo mandato da sancire al ventesimo congresso del 2022.
PLENUM Il Comitato Centrale è l'organo decisionale a base più ampia del Partito Comunista Cinese. Dura in carica cinque anni ed è composto oggi da 376 membri: 204 permanenti e 172 supplenti. I suoi membri sono eletti dal congresso nazionale del Partito, il quale conta approssimativamente 2000 delegati. Il Plenum avviene a porte chiuse e solitamente le decisioni prese vengono rese note dopo l'ultimo giorno degli incontri. Il piano che verrà approvato nei prossimi giorni è atteso alla prossima sessione plenaria dell'Assemblea Nazionale del Popolo, l'organo legislativo del Parlamento cinese, che si tiene a Pechino nel marzo di ogni anno. |
IL CONFRONTO USA-CINA
"Il governo comunista della Cina di oggi non è la stessa cosa del popolo cinese". Fine ottobre 2019. Un anno fa, anche se sembrano essere trascorse diverse ere geologiche nel frattempo. In una tiepida Pechino di fine ottobre si tiene il quarto Plenum del 19esimo Comitato centrale del Partito comunista. Sempre a fine ottobre, il 30, Mike Pompeo parla allo Hudson Institute di Washington. Il segretario di Stato degli Stati Uniti pronuncia quella frase con cui si dà il via a una nuova fase di engagement, o meglio contenimento, o meglio ancora confronto, della strategia anti cinese della Casa Bianca. Quella stessa frase è stata pronunciata tante altre volte durante questi dodici folli, lenti eppur velocissimi, mesi.
Ora, che è cominciato il quinto Plenum, la contrapposizione tra Usa e Cina appare quasi irreversibile. Tutti, anche i più distratti, si sono accorti che il confronto non era una questione meramente commerciale.
COME ARRIVA LA CINA AL PLENUM
Ma di che cosa si parlerà al plenum? La sessione si concentrerà sulle "proposte del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese per la formulazione del quattordicesimo piano di sviluppo economico e sociale" per gli anni tra il 2021 e il 2025, "e gli obiettivi a lungo termine per il 2035", spiega Xinhua.
Nelle scorse settimane, sono successe alcune cose che fanno capire la direzione che vuole prendere Pechino.
Primo: il viaggio di Xi Jinping nel Guandong, mai una meta banale per i presidenti cinesi. Da qui Deng Xiaoping diede il via alle riforme e all'apertura degli anni Ottanta, a partire dall'implementazione delle zone economiche speciali di cui Shenzhen rappresenta il caso più emblematico. Sempre da qui, nel 1992, Deng trovò la formula giusta per aprire la stagione "del miracolo" della crescita e dello sviluppo, sintesi programmatica della dialettica tra conservatori e riformatori del pre Tiananmen, in una fase che aprì alla deregolarizzazione del mercato del lavoro, privatizzazioni e la riforma fiscale del 1994. Ed è sempre qui che Xi era stato altre due volte, nel 2012 e nel 2018, per dare prima la svolta "interna" che ha portato al Made in China 2025 e poi per il colossale progetto di integrazione regionale (che coinvolge Hong Kong) della Greater Bay Area. Ancora da qui, Xi cerca di completare la trasformazione da fabbrica del mondo a colosso tecnologico, in una Cina che ora non nasconde più le proprie ambizioni, e allo stesso tempo non può pensare, come nel 1992, di muoversi senza che gli occhi degli Usa puntati addosso. E con uno Stato che torna presente come non mai nei processi economici, al termine di quel "ventennio di opportunità strategiche" profetizzato da Jiang Zemin nel 2002 e a pochi mesi dal centenario del Partito, che sarà celebrato nel luglio 2021.
Secondo: è stata approvata una legge per il controllo sull'export tecnologico. I dettagli non sono ancora chiari e il provvedimento entrerà in vigore solo a dicembre, ma difficile non leggerlo come una risposta all'offensiva Usa su Huawei & company, e come un'ulteriore passo di preparazione al decoupling, se mai avverrà.
Terzo: l'economia cinese è cresciuta del 4,9 per cento nel terzo trimestre, grazie al traino del turismo interno legato alla Golden Week e alla ripresa delle esportazioni. La bilancia torna in positivo anche su base annuale, con le speranze sempre più concrete di una ripartenza a V dopo lo stop causato dal Covid-19.
Quarto: comincia la revisione della legge sulla difesa nazionale varata nel 1997 e ritenuta ormai obsoleta. Negli ultimi 20 anni, “la situazione strategica è cambiata”, spiega la stampa cinese citando l’instabilità del contesto internazionale a riprova della necessità di nuove misure. La bozza dell’emendamento, passibile di modifiche fino al 19 novembre, prevede per la prima volta la mobilitazione difensiva in risposta alla “minacce agli interessi di sviluppo” e individua come prioritario il rafforzamento della cybersicurezza e la difesa dello spazio elettromagnetico. Secondo la nuova formulazione, le forze armate potranno essere dispiegate “per proteggere i cittadini, le organizzazioni, le unità e le strutture cinesi all’estero, salvaguardando così gli interessi esteri della Cina e partecipando ad attività tra cui missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, soccorso internazionale, scorta marittima, esercitazioni congiunte e antiterrorismo secondo quanto stipulato dalla Carta delle Nazioni Unite".
Appendice: forte messaggio retorico da parte di Xi, che alle commemorazioni della guerra di Corea, ha pronunciato un discorso fitto di riferimenti al ruolo di “aggressore” degli Stati Uniti, più volte nominati direttamente, nel conflitto del 1950-1953. “Non permetteremo mai a nessuna forza di invadere o separare la nostra sacra madre patria, e se una cosa del genere accadrà, il popolo cinese contrattaccherà frontalmente”. Implicito avvertimento su Taiwan, dopo il via libera alla vendita di armi per 1,8 miliardi di dollari da parte di Washington a Taipei. “Dobbiamo accelerare la realizzazione della Difesa nazionale e la modernizzazione militare e costruire Forze Armate di prima classe di livello mondiale”, ha detto Xi.
VISION 2035, DOPPIA CIRCOLAZIONE, MERCATO, CRESCITA: CHE COSA PUO' SUCCEDERE AL PLENUM
Autarchia è una delle parole d'ordine della strategia del Dragone, soprattutto dal punto di vista tecnologico, capitolo decisivo nella contesa. Non è detto che si verifichi un vero e proprio decoupling, tantomeno uno completo, ma intanto Pechino si attrezza per affrontarlo. Per esempio col programma Vision 2035, un Made in China 2025 di seconda generazione che porta fino in fondo una traiettoria cominciata già da tempo con la presidenza Xi. Una traiettoria nella quale può ricoprire un ruolo importante proprio Shenzhen, almeno nei piani del PCC. Proprio in questa città, tra l'altro, è stato avviato un maxi test sullo yuan digitale.
La doppia circolazione punta, invece, da una parte a stimolare la domande interna per evitare il rischio della trappola del reddito medio, e dall'altra provare a dare comunque linfa alle imprese cinesi sul piano globale e alle relazioni commerciali globali. Ci si aspettano poi passi verso la riforma del mercato, anche se a differenza di quanto accaduto negli anni Novanta, è prevedibile che il ruolo dello Stato nell'economia aumenti.
Attesa poi per gli obiettivi di crescita, che andranno rivisti dopo il Covid. Ma c'è anche chi pensa che il target possa anche non essere esplicitato, come ha ricordato anche lo stesso Caixin. Si tratta di un passaggio importante, visto che il 2020 dovrebbe essere (avrebbe dovuto?) l'anno in cui completare la missione dell'eliminazione della povertà assoluta e il raggiungimento di una società "moderatamente prospera". In ogni caso, ci si attende che più che sulla quantità della crescita, l'accento venga posto sulla sua qualità.
EQUILIBRI POLITICI
Pare ormai evidente che il fulcro centrale della visione cinese per il 2035 sia imperniata saldamente sulla figura di Xi. D'altronde, lo stesso fatto che nella convocazione del Plenum si faccia riferimento a un futuro più ampio che ai prossimi cinque anni significa di fatto esplicitare la volontà del presidente di restare al timone oltre il termine del suo secondo mandato. Anche perché nel 2017 è saltata la prassi dell'individuazione del "successore designato", e bisognerà vedere, come ha scritto Simone Pieranni su Il Manifesto, se un nome verrà fatto a questo punto nel 2022 per il quinquennio che partirà nel 2027.
I recenti movimenti intorno a fedelissimi del vicepresidente Wang Qishan, così come il progressivo emergere della figura di Chen Yixin (di lui e della campagna anticorruzione affidatagli avevamo parlato nei mesi scorsi, qui) lasciano intendere che nel Partito sia in atto un ulteriore assestamento. Già negli ultimi anni la prima campagna anticorruzione lanciata da Xi aveva riscritto gli equilibri interni, la nuova potrebbe dare ancora più spazio a un presidente il cui contributo teorico fa già parte dell'ideologia guida ufficiale del PCC.