Esteri
Coronavirus, in isolamento il capo staff della Casa Bianca
"In Usa molti più contagi dei dati riportati"
Già al primo marzo tra 1.043 e 9.484 persone negli Stati Uniti potrebbero essere state infettate dal coronavirus COVID-19, molto più del numero che era stato riportato pubblicamente, secondo un nuovo studio Cedars-Sinai. Lo rivela uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center che è stato presentata a MedRxiv, il server pre-print della ricerca in ambito medico. Questo dato "suggerisce che la finestra di opportunità per contenere l'epidemia di COVID-19 nella sua fase iniziale si sta chiudendo", hanno affermato i ricercatori nel loro articolo.
Il numero di possibili pazienti infetti è significativamente più alta rispetto al numero di casi confermati e presunti negli Stati Uniti segnalati dai Centri federali per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), che si sono attestati ai 164 del 7 marzo scorso. Alcuni media l'8 marzo hanno riportato oltre 500 casi totali, mentre i CDC nel loro aggiornamento del 9 marzo portavano il numero totale di casi COVID-19 negli Stati Uniti a 423, compresi i casi positivi sia confermati che presunti. Gli investigatori di Cedars-Sinai, che hanno guidato lo studio, hanno affermato di aver scelto metodi "molto conservativi" per stimare il numero di casi di coronavirus.
"Questo rende la nostra attuale stima probabilmente una sottovalutazione del numero reale di individui infetti negli Stati Uniti", hanno scritto. Per arrivare alle stime dell'infezione per il loro nuovo studio, i ricercatori hanno modellato solo i casi di coronavirus COVID-19 "importati" direttamente negli Stati Uniti dall'area di Wuhan, in Cina, prima del 23 gennaio, quando il governo cinese ha bloccato la città. I potenziali casi in arrivo negli Stati Uniti da altre parti della Cina o da altri paesi fortemente colpiti come la Corea del Sud, l'Italia o l'Iran, non sono stati inclusi nella stima.
Gli investigatori hanno stimato che il numero totale di persone negli Stati Uniti infettate dal coronavirus dal 1° marzo fosse compreso tra 1.043 e 9.484. La prima cifra ipotizzava che le attuali procedure preventive - come la quarantena e lo screening dei viaggiatori internazionali negli aeroporti - avevano ridotto del 25% la trasmissibilità in casi non identificati. La seconda cifra presupponeva che non fosse stata intrapresa alcuna procedura di intervento per ridurre la trasmissibilità.
"Il nostro modello suggerisce che anche interventi sulla popolazione moderatamente efficaci per ridurre la trasmissione possono avere un profondo impatto sulla portata dell'epidemia", ha spiegato Dermot PB McGovern, principale autore della ricerca. "Questa scoperta supporta il ruolo degli interventi di sanità pubblica nel controllo di questa malattia". Ma rallentare la trasmissione non è un compito facile, dato che la maggior parte dei casi COVID-19 sembrano essere lievi o addirittura asintomatici, hanno osservato i ricercatori, il che può rendere difficile l'identificazione di individui infetti che potrebbero diffondere il virus. Nonostante questi ostacoli, ha affermato McGovern, potrebbe essere ancora possibile mitigare l'epidemia di COVID-19 attraverso misure già suggerite dagli esperti di sanità pubblica, tra cui la promozione del distanziamento sociale e dell'igiene personale e la limitazione di incontri su larga scala per occasioni come eventi sportivi.
Coronavirus, il capo staff della Casa Bianca Meadows in quarantena
Di fatto sembrerebbe che proprio durante un evento pubblico, la scorsa settimana Mark Meadows, il nuovo capo dello staff della Casa Bianca, sia entrato in contatto con una persona positiva al COVID-19. I media americani hanno riportato che, nonostante sia risultato negativo ai risultati dei test preliminari, per prevenzione, Mark Meadows abbia deciso di seguire la via della quarantena.