Esteri

Crisi in Siria e Cina che spinge sui consumi: la congiuntura che potrebbe portare alle stelle il prezzo del petrolio

Nel 2025 Pechino intende uscire dalla stagnazione economica. Come? Aumentando i consumi. Questo, assieme all'instabilità in Medio Oriente, potrebbe avere ripercussioni sul prezzo del greggio

di Federico Giuliani

Crisi in Siria e Cina che spinge sui consumi: la congiuntura che potrebbe portare alle stelle il prezzo del petrolio

La crisi politica in Siria che ha rovesciato il governo di Bashar Al Assad e la decisione, da parte della Cina, di adottare una politica monetaria "accomodante" nel 2025. È questa la combo che ha spinto verso l'alto il prezzo del petrolio a livello globale, con conseguenze spiacevoli per gran parte dell'Europa, Italia compresa. I future sul greggio Brent si sono attestati a 72,19 dollari al barile, in rialzo di 5 centesimi (0,07%), mentre il West Texas Intermediate statunitense ha chiuso a 68,59 dollari al barile, in rialzo di 22 centesimi (0,32%).

Lunedì scorso, entrambi i benchmark erano saliti di oltre l'1% e potrebbero continuare a seguire la tendenza. C'è però chi, come il Georgetown Journal of International Affairs (GJIA) della medesima università statunitense, ritiene che la tradizionale correlazione tra i sussulti geopolitici in Medio Oriente e l'aumento dei prezzi del petrolio sarebbe ormai interrotta. Vero, ma cosa aspettarsi dallo stimolo economico deciso da Xi Jinping?

L'andamento del prezzo del petrolio e la crisi in Siria

Per capire che cosa sta influenzando l'andamento del prezzo del petrolio dobbiamo puntare i riflettori sulla Siria, dove il presidente Bashar al-Assad è stato deposto dai ribelli guidati da un gruppo di jihadisti islamisti. A Damasco questi ultimi stanno lavorando per formare un governo e ristabilire l'ordine.

Pare che le banche e il settore petrolifero del Paese stiano gradualmente riprendendo le loro attività in queste ore. Certo, la Siria non è un importante produttore di petrolio, ma è comunque una nazione situata in una posizione strategica e che ha (aveva?) forti legami con Russia e Iran. Al momento le tensioni siriane sembrano contenute soltanto all'interno di quel Paese. Il rischio, assolutamente da non trascurare, è che l'instabilità e l'incertezza possano contagiare il resto della regione.

A quel punto assisteremo ad una significativa interruzione dell'approvvigionamento di petrolio e a prezzi alle stelle. Il GJIA, d'altro canto, ha però fatto notare come, dal 7 ottobre 2023, nonostante ci sia stata una costante escalation delle tensioni mediorientali, incluso un aumento del numero di attori statali e non statali coinvolti nella guerra tra Israele e Gaza, i prezzi del petrolio siano rimasti nell'intervallo tra i 70 e i 90 dollari al barile di greggio Brent (con massimi nell'ottobre 2023 e dopo l'attacco iraniano a Israele dell'aprile 2024).

Lo stimolo della Cina

E la Cina che cosa c'entra con il petrolio? Semplice: il leader cinese Xi Jinping ha annunciato un approccio più rilassato della politica monetaria nazionale. La seconda potenza mondiale, alle prese con la stagnazione dei consumi interni (e non solo quello), sta elaborando piani per rilanciare definitivamente il proprio sistema economico. I mercati prevedono quindi una domanda crescente di petrolio in Cina, il più grande acquirente al mondo, e una possibile scarsa offerta in Europa in vista dei prossimi mesi.

Succederà davvero questo? L'allerta deve restare alta. Anche perché, per la prima volta negli ultimi sette mesi dell'anno, le importazioni cinesi di greggio sono aumentate registrando, a novembre, un balzo in avanti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Il GJIA la pensa diversamente. Il think tank Usa ritiene che la futura crescita economica cinese, più lenta del previsto, potrebbe sì portare ad una crescita della domanda di petrolio, ma senza generare terremoti o effetti domino. Alcuni analisti stimano che la domanda di oro nero del Dragone possa aumentare solo di 0,1-0,15 milioni di barili al giorno per ogni aumento dell'1% della crescita del suo pil.

Nell'ultimo decennio, l'aumento annuale della domanda di petrolio cinese è stato in media di oltre 600.000 barili al giorno (oltre il 60% dell'aumento medio globale totale). Il Fondo Monetario Internazionale prevede che la crescita economica della Cina rallenterà ancora, passando dal 5,2% del 2023 al 4,8% del 2025, al 4,5% del 2025. Se così fosse, finché la produzione di petrolio, la raffinazione e le strutture di trasporto all'interno del Golfo non saranno coinvolte in una guerra, e la domanda cinese rimarrà lenta, i prezzi rimarranno stabili nell'intervallo tra 70 e 75 al barile. Non tutti, però, ne sono convinti...