Esteri

Elezioni Peru 2020, alle urne il paese degli scandali. Ma stabilità lontana

Dopo lo scioglimento del Congresso da parte del presidente Vizcarra peruviani alle urne, dopo anni di scandali e presidenti arrestati o suicidi

Domenica 26 gennaio elezioni parlamentari in Perù. Importante appuntamento elettorale per uno dei più importanti paesi dell'America Latina, continente segnato recentemente da un'instabilità estrema. Dalle proteste e rivolte in Cile ed Ecuador fino a quelle in Colombia, per non parlare del Venezuela e della Bolivia, dove il presidente Evo Morales è stato costretto all'esilio. Coinvolto anche il Perù, che si reca alle urne per le elezioni parlamentari anticipate scaturite dallo scioglimento del Congresso deciso dal presidente Martin Vizcarra.

Il Perù, soprattutto i suoi presidenti e leader politici, hanno un pericoloso rapporto con le manette e gli scandali giudiziari. Lo scorso anno si è suicidato Alan Garcia che stava per essere arrestato. Il vecchio generale Francisco Morales Bermudez è stato condannato all'ergastolo per il cosiddetto "piano Condor". Anche i vari Alberto Fujimori (così come la figlia Keiko), Alejandro Toledo e Ollanta Humala hanno avuto o hanno tuttora seri problemi con la giustizia. Per arrivare fino a Pedro Pablo Kuczynski, costretto a dimettersi per i sospetti di corruzione che lo avevano travolto.

Il suo successore Martin Vizcarra, a poco più di un anno dal suo insediamento, ha deciso di sciogliere le Camere. Una mossa dettata dal fatto che la maggioranza del Congresso di Lima, sua rivale, stava bloccando praticamente qualsiasi sua decisione. L'opposizione ha gridato al golpe ricordando la chiusura del parlamento ordinata in passato da Fujimori prima della sua svolta autoritaria, ma buona parte dei peruviani ha appoggiato la decisione di Vizcarra, sperando in una vera svolta nella lotta alla corruzione endemica che affligge il paese.

La crisi è stata il culmine di una disputa politica di diversi anni in Perù sul metodo di nomina dei giudici alla Corte costituzionale. La Corte costituzionale, la più alta corte in Perù, sta attualmente valutando la liberazione della leader dell'opposizione Keiko Fujimori, figlia dell'ex presidente Alberto Fujimori (1990-2000). Fujimori ha trascorso undici mesi in carcere per il suo coinvolgimento nel maxi scandalo corruzione di Odebrecht - dal nome del colosso brasiliano delle costruzioni - che ha travolto la classe politica latinoamericana.     I fujimoristi attualmente detengono la maggioranza in Parlamento ma, precipitando nei sondaggi, temono la prospettiva di elezioni anticipate. Soprattutto da quando, nel quadro di una riforma adottata nel 2018 dal referendum, nessun altro parlamentare in Perù può chiedere un secondo mandato. Martin Vizcarra, al contrario, gode di una grande popolarità a causa della sua opposizione senza compromessi alla corruzione, pur non avendo il sostegno di alcun partito politico. L'ingegnere 56enne subentrò a Pedro Pablo Kuczynski nel 2018, di cui era vice presidente, costretto a dimettersi per sospetta corruzione. Lunedì sera sono andate in scena diverse manifestazioni di sostegno alla sua decisione di sciogliere il Parlamento. Oltre ad Alberto Fujimori, condannato per violazione dei diritti umani e in carcere dal 2005, tutti i quattro ultimi presidenti del Perù hanno avuto problemi con la giustizia. Alan Garcia (1985-1990 e 2006-2011), sospettato di corruzione nello scandalo di Odebrecht, si è suicidato con un colpo di pistola il 17 aprile quando la polizia ha bussato a casa sua per arrestarlo. Ollanta Humala (2011-2016) e sua moglie Nadine Heredia sono stati incriminati a maggio dalla giustizia peruviana per riciclaggio di denaro. Pedro Pablo Kuczynski (2016-2018), dimesso, è coinvolto nell'inchiesta Odebrecht. Alejandro Toledo (2001-2006) è stato invece arrestato il 16 luglio negli Stati Uniti, dove risiede, per essere estradato sempre per lo scandalo Odebrecht. 

Ora le nuove elezioni, per sperare di trovare un po' di stabilità. Anche se il Congresso che sarà eletto rimarrà in carica poco più di un anno, prima di nuove elezioni al termine della legislatura.