Esteri
Taiwan: nei quartieri generali di DPP e KMT tra programmi, accuse e cartonati
Sabato 11 gennaio le elezioni presidenziali e legislative. Affaritaliani ha visitato le sedi dei due principali partiti in gara
TAIPEI - Da una parte l'austero ritratto di Sun Yat-sen, il padre della Repubblica di Cina. Dall'altro i sorridenti anime di Tsai Ing-wen e Su Tseng-chang, rispettivamente presidente e premier di Taiwan. Due rappresentazioni plastiche delle due anime, delle due storie, tra le quali gli elettori taiwanesi sono chiamati a scegliere alle elezioni presidenziali e legislative di sabato 11 gennaio. Affaritaliani.it ha visitato i quartieri generali delle campagne presidenziali dei due principali partiti, il Democratic Progressive Party (Mínzhǔ Jìnbù Dǎng) e il Kuomintang (Zhōngguó Guómíndǎng), dopo aver già intervistato nelle scorse settimane esponenti di entrambi gli schieramenti (DPP e KMT).
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A ricevere i media internazionali (presenti, tra gli altri, Wall Street Journal, Times, Bloomberg, Der Spiegel, South China Morning Post) per conto del DPP ci hanno pensato Yi-Ting Lien, portavoce della campagna elettorale di Tsai, e Chih-Wei Chen, vicedirettore del Dipartimento Affari Internazionali del partito. Due volti giovani, anzi giovanissimi. "Ci serve un presidente forte che abbia il coraggio di difendere la democrazia di Taiwan", esordisce Yi-Ting Lien, secondo cui "il modello un paese, due sistemi proposto dalla Cina non può funzionare. Lo dimostrano i fatti di Hong Kong".
La Repubblica Popolare è ovviamente al centro del dibattito politico taiwanese. Pechino considera infatti Taipei (attualmente riconosciuta solo da 15 nazioni al mondo) una provincia ribelle che fa parte integrante del suo territorio. A proposito della Cina, i due esponenti del DPP spiegano che la policy del DPP è quella di "evitare azioni provocatorie ma allo stesso tempo difendere la nostra sovranità e i nostri valori".
Lien e Chen
Possibilità di dialogo? "Noi lo speriamo ma deve essere un dialogo tra pari e tra rappresentanti ufficiali del governo, senza precondizioni da parte di Pechino". In soldoni: il mantenimento dello status quo. Nel frattempo però il numero degli alleati diplomatici di Taipei continua a dimininuire: "Siamo preoccupati, lavoriamo duro per mantenere quelli rimasti e allo stesso tempo promuoviamo la cooperazione con altri partner affini a noi, in primis gli Stati Uniti con i quali i rapporti non sono mai stati così buoni come adesso", dice Chen.
Un'altra preoccupazione è quella delle fake news. Lien e Chen citano uno studio dell'università svedese di Gothenburg, secondo cui Taiwan sarebbe il luogo più vulnerabile al mondo alle campagne di disinformazione. "Taiwan viene colpita da circa mille fake news ogni giorno", dice Chen. "Per difenderci abbiamo avviato delle collaborazioni con giganti come Facebook ma anche con un fact check center civile qui a Taipei. In più puntiamo sull'educazione alla media literacy già dalle scuole".
Il DPP, che si dice pronto ad aiutare i cittadini di Hong Kong che ne facessero richiesta, dice di voler investire nei prossimi anni su diversificazione delle relazioni economiche, cooperazione operativa con paesi non alleati (in primis gli europei dopo Usa e Giappone), energie rinnovabili, tecnologia e turismo.
Il Visitor Center DPP
Si insiste poi molto sul tema della comunicazione, divenuta centrale nella strategia del DPP dopo la batosta alle elezioni locali del 2018. "Da allora abbiamo cambiato il modo in cui comunichiamo con il pubblico, abbiamo modificato la nostra presenza sui social media presentando anche contenuti divertenti in grado di creare engagement coi cittadini. In questo modo stiamo riuscendo a comunicare agli elettori i risultati raggiunti finora e quelli che vogliamo raggiungere in futuro", dice Yi-Ting Lien.
E proprio intorno al mondo social è costruito il centro visitatori messo in piedi a fianco dell'ingresso principale della sede del DPP. Qui si trovano wall Facebook e Instagram con le ultime dichiarazioni di Tsai e i risultati raggiunti durante il suo mandato, nonché gadget di tutti i tipi, con un occhio di riguardo per gli animalisti (Tsai ha due gatti e tre cani). Il tentativo è quello di "ringiovanire" l'immagine di Tsai, in passato percepita come figura piuttosto algida e distaccata. Ecco allora gli anime cartonati e le fotografie sorridenti sui volantini che riassumono i risultati raggiunti durante il primo mandato.
Gli anime di Tsai e Su Tseng-chang
A qualche chilometro di distanza c'è invece il quartier generale del Kuomintang, il partito che ha guidato ininterrottamente la Repubblica di Cina fino al 2000. All'ingresso si trova un banchetto con felpe, sciarpe, cappellini coi simboli del partito e della Repubblica di Cina e un cartonato da selfie a grandezza naturale di Han Kuo-yu. I media internazionali vengono fatti accomodare in una sorta di aula magna dove campeggia il ritratto di Sun Yat-sen. Qui l'incontro si struttura attraverso uno "scambio di opinioni informale", moderato da Szu-Yin Ho, membro del Foreign and Overseas Chinese Policies Team e del National Policy Advisory Group di Han. Presenti anche Steve Cheng, uno dei portavoce della campagna presidenziale del KMT, Charles I. Chen, numero dieci nella lista dei candidati allo Yuan legislativo, Eric Huang, vice direttore degli Affari Internazionali del partito, Kwei-Bo Huang, sempre del gruppo Affari Internazionali, e Dale W. Jieh, ex rappresentante di Taipei in Nuova Zelanda.
Si chiarisce subito la principale differenza della politica del KMT sulla Cina, rispetto a quella del DPP: la posizione sul "consenso del 1992", che stabiliva l'esistenza di una "sola Cina", senza però stabilire quale fosse (la Costituzione della Repubblica di Cina contiene infatti la rivendicazione del territorio continentale). Il consenso del 1992 è sempre stato stato rifiutato da Tsai e dal DPP. Da qui la rottura del dialogo con Pechino che era stato avviato durante i precedenti due mandati di Ma Ying-jeou.
Un momento dell'incontro coi membri del KMT
Un dialogo che il KMT vorrebbe riprendere per "garantire la stabilità e la pace sullo Stretto e per rilanciare la Repubblica di Cina sotto il profilo economico". Questo non significa che il KMT accetti l'offerta di Pechino del modello "un paese, due sistemi". "Non potremmo mai accettare lo stesso schema presente a Hong Kong. Siamo una democrazia. Non abbiamo dimenticato che la Cina mira alla riunificazione". E allora quale può essere il punto di equilibrio con il Partito Comunista? "Il consenso del 1992 stabilisce che esiste una sola Cina con differenti interpretazioni. Insomma, è stato stabilito che siamo d'accordo di essere in disaccordo".
Un esercizio semantico sul quale però, secondo il KMT, si è sempre fondata e si può ancora fondare, la stabilità e la pacificità dei rapporti tra Taipei e Pechino. "Durante la presidenza Ma abbiamo firmato 33 accordi con la Cina, accordi che hanno migliorato la nostra economia e garantito sicurezza ai cittadini", si dice durante l'incontro. Il KMT ritiene che la politica estera di Tsai abbia esposto Taiwan a "conseguenze pericolose", mettendo a rischio la sicurezza e l'economia. Secondo il KMT "la New Southbound Policy non ha pagato. Il mercato del Sud Est asiatico non può rimpiazzare quello cinese". Insomma, il dialogo e la cooperazione con la Cina sono "inevitabili".
Gli esponenti del KMT dicono di sperare ancora nella vittoria nonostante i sondaggi negativi e credono in "un effetto Trump" per Han, descritto come "un candidato non convenzionale che sa parlare al cuore degli elettori. Il DPP aveva la maggioranza negli ultimi quattro anni ma ha deluso i cittadini, per loro sarà difficile convincerli che possano cambiare davvero le cose. Noi invece sentiamo il calore della gente".
Nel mirino del KMT c'è anche la legge anti infiltrazione approvata nelle scorse settimane. Secondo il partito che negli ultimi quattro anni è stato all'opposizione si tratta di una legge che "limita la libertà di parola e prefigura il rischio di un ritorno al periodo della legge marziale. Nel futuro la nostra potrebbe diventare una democrazia illiberale". Il tutto mentre, all'opposto di quanto dichiarato dal DPP, il KMT accusa gli avversari politici di creare disinformazione intorno alla figura di Han.
Sì, al di là di anime e cartonati il clima da campagna elettorale è onnipresente anche a Taiwan. O Repubblica di Cina.