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I cinesi non sanno cosa fare. Ecco perché il mondo ha paura

Da circa un anno l'Ispi (ispionline.it)  ha lanciato FocusCina, un progetto rivolto alle imprese che intendono investire o che sono già presenti nella Repubblica Popolare Cinese.  L’obiettivo è quello di evidenziare le molteplici sfaccettature del gigante asiatico, cercando di contribuire a cambiarne la percezione: da monolite indistinto a terra di varietà e opportunità rappresentate dalle 31 unità amministrative di livello provinciale della Cina continentale. Grandi come nazioni europee, le Province cinesi sono un territorio tutto da esplorare e una sfida interessante per ogni azienda italiana. Dove investire, su cosa investire e che cosa cambia nelle Province è quello che "Focus Cina" offre agli enti preposti all'internazionalizzazione e alle imprese italiane che fanno business con questo grande protagonista della scena economica e politica internazionale.

Alessia Amighini, ricercatrice dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e docente di Economia internazionale, all'Università Cattolica di Milano, con un'intervista ad Affaritaliani.it, spiega le possibili ripercussioni, sia dal punto di vista geopolitico, sia economico,  della crisi delle Borse asiatiche e del rallentamento dell'economia di Pechino.

Visto il rallentamento dell'economia cinese e la crisi delle Borse asiatiche, ha ancora senso investire in Cina?
"Certamente sì. L'economia ha subito un rallentamento ma le previsioni di crescita sono comunque buone: si parla di una crescita del Pil del 6 o del 7% per i prossimi anni. Una percentuale molto inferiore rispetto al passato ma sicuramente 4 o 5 volte superiore rispetto a qualsiasi altro Paese avanzato. E 'importante però che la crisi della Borsa non vada oltre e che la Cina rimanga a questi livelli di crescita per tenere su la domanda mondiale. La Cina rimane il mercato più in espansione nonostante la crisi. E' difficile però capire dove la congiuntura possa portare visto che ci sono numerose variabili di tipo politico che entrano in gioco e che non sono prevedibili”.

In che modo questa crisi cambierà il regime comunista?
"E' probabile che il governo vada nella direzione già presa in questo periodo, ovvero verso un accentramento delle decisioni politiche. Questo per tenere più sotto controllo le Province che in realtà nell'ultimo decennio sono state molto indisciplinate dal punto di vista fiscale ed economico. C'è una tendenza a un aumento del dirigismo di Pechino che potrebbe portare a una maggiore stabilità del Paese. Questo però potrebbe anche portare problemi visto ce le province, dopo anni di libertà, si potrebbero sentire oppresse da un maggiore centralismo. Ma c'è da sottolineare una cosa importante...".

Quale?
"Lo stesso governo cinese non sa quale modello di organizzazione del partito più funzionale adottare per gestire la crisi macro economica. E' un po' questo che preoccupa tutti, mercati compresi. Ad esempio, le misure che hanno adottato in queste settimane, sono in contraddizione tra di loro".

Come cambierà a livello geopolitico il ruolo della Cina?
"E' una delle economie più grandi, anche se non a livello della ricchezza pro capite e il suo ruolo in Asia e nel resto del mondo si rafforzerà sicuramente. E' indubbio che gli equilibri internazionali vanno rivisti tenendo conto del peso della Cina nonostante non sia un regime democratico. Inoltre,  le iniziative cinesi come la nuova banca di investimento per le infrastrutture a cui hanno aderito i Paesi più importanti, tranne gli Stati Uniti, e  la nuova visione di lungo periodo  sulle vie della seta marittima e terrestre, lasciano capire che Pechino ha una visione  sul proprio futuro e sul proprio ruolo nel mondo che ben pochi paesi hanno".

Daniele Riosa (@DanieleRiosa)