Esteri
India sull'orlo del baratro: produce vaccini ma non li ha per la popolazione

Il paradosso: quattro aziende producono i vaccini ma per gli indiani non ce ne sono. E le gente continua a morire
Corre veloce il Covid in India. Corre talmente tanto forte che ogni giorno i contagi aumentano in maniera esponenziale. Da oltre una settimana si registrano oltre 200mila nuovi casi al giorno, con un picco, ieri, di oltre 300mila casi. Ma sono solo quelli censiti. Molti di più sarebbero se si tenesse conto di quell'ampia fetta di popolazione che non ha accesso ai tamponi e non è nemmeno considerata nella società indiana.
Intanto, il coronavirus non molla la presa, anzi, spaventa sempre più. Nella giornata di ieri le vittime sono state oltre 2 mila e le previsioni per i prossimi giorni non sono rosee.
In un discorso alla nazione, il Primo Ministro Narendra Modi, ha affermato che il Paese “sta combattendo ancora una volta una grande battaglia, ma questa seconda ondata è arrivata come una tempesta”. Però ha confermato la non esigenza di un lockdown.
Allora ci hanno pensato i singoli stati indiani a tentare di mettere un freno a quella che a tutti gli effetti potrebbe essere considerata la seconda ondata di Covid più potente al mondo. Come accade nel Rajasthan. Nel tentativo di arginare i crescenti casi di Coronavirus, il governo di Ashok Gehlot nei giorni scorsi ha ordinato un lockdown in tutto lo Stato dal 22 aprile al 21 maggio.
Gehlot ha tentato di rassicurare la popolazione spiegando che sono state inoltrate richieste per la fornitura di ventilatori, ossigeno e letti. Ma anche di tamponi e di vaccini. Intanto, dopo aver dichiarato le chiusure delle attività commerciali, dal Rajasthan è iniziata una fuga generale e schizofrenica dei lavoratori che provenivano da altre zone del Paese, col rischio concreto che questi soggetti contribuiscano in maniera determinante alla diffusione del virus.
Diffusione che negli ultimi mesi, complici i comizi elettorali dove hanno partecipato centinaia di migliaia di persone senza mascherine e distanziamento sociale, assembramenti religiosi come il Kumbh Mela partecipato da milioni di milioni di fedeli sulle rive del Gange e alcuni eventi sportivi, è stata tragicamente ampia.
Ed è il tema dei vaccini il più delicato in questo momento. L'India è il maggior produttore al mondo ma la sua campagna vaccinale stenta a decollare proprio per la mancanza di dosi. Un paradosso che potrebbe costare caro in termini di perdite di vite umane.
Come detto in India la popolazione è numericamente abbondante, circa 1.3 miliardi di persone, molte delle quali vivono molto al di sotto della soglia di povertà. Ed è proprio questa fetta di popolazione, quella che vive nelle strade e ancor di più negli slum, quella più colpita dal virus. Ma è anche quella meno controllata e che non rientra nel conteggio della casistica nazionale.
Casistica che racconta come il 24 percento dei contagiati presenti la variante indiana, forte e pericolosa, ma attualmente quasi sconfessata dalla politica nazionale.
La situazione è tragica. Ma non sono solo i numeri pesantissimi a preoccupare. Anche le infrastrutture si stanno rivelando particolarmente inadeguate. Negli ospedali manca quasi tutto dai letti alle bombole di ossigeno. E poi, come se non bastasse è notizia di poche ore fa che nel reparto Covid dell'ospedale di Zakir Hussain, stato Maharashtra , è esplosa una bombola di ossigeno, forse difettosa, che ha causato la morte di 22 pazienti.