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Fao, dopo la peste suina scatta l'allarme influenza aviaria. Allevamenti nel mirino del virus H5N1: tutti i rischi
La diffusione del virus H5N1 tra i mammiferi è una minaccia senza precedenti che potrebbe avere “gravi impatti” sulla produzione alimentare. Rimane molto basso il rischio di contagio per l’uomo

La sempre maggiore diffusione del virus H5N1 dai volatili ai mammiferi rappresenta una potenziale minaccia per gli allevamenti. Analisi
Dopo la peste suina, un nuovo rischio per gli allevatori: l’influenza aviaria. Come segnalato dalla Fao (Food and agricolture organization), l’agenzia Onu per cibo e agricoltura, la sempre maggiore diffusione del virus H5N1 dai volatili ai mammiferi rappresenta una potenziale minaccia per gli allevamenti. Il rischio di contagio per l’uomo, invece, resta basso.
Durante un meeting a Roma, il vicedirettore generale della Fao Godfrey Magwenzi ha detto che il mondo sta affrontando un’epidemia senza precedenti di influenza aviaria che potrebbe causare “gravi impatti sulla sicurezza alimentare e sull'approvvigionamento alimentare”. I rischi connessi sono diversi: si va dalla “perdita di preziose sostanze nutritive” a una possibile riduzione dei posti di lavoro e dei redditi dei lavoratori rurali, cui aggiungere poi un aumento dei costi per il consumatore finale.
L’aumento dei casi di influenza aviaria nei mammiferi si registra ormai da tempo, colpendo animali selvatici e domestici, compresi gli animali da zoo, quelli da compagnia e quelli da allevamento. Negli ultimi anni, il virus H5N1 ha già portato ad abbattimenti di massa di pollame in tutto il mondo. Durante l’epidemia del 2021-22, per esempio, in Europa sono stati eliminati 47,7 milioni di uccelli d’allevamento, mentre negli Stati Uniti sono stati 166 milioni dall’inizio dell’ultimo focolaio. Se abbattimenti di proporzioni simili dovessero rendersi necessari anche negli allevamenti di bovini, i rischi sarebbero enormi.
Per questo, la Fao punta ad aumentare la prevenzione e le misure di biosicurezza. Come segnalato dall’altra vicedirettrice generale, Beth Vechdol, si tratta di una “minaccia transfrontaliera” che richiede la collaborazione di più soggetti in tutto il mondo. “Una catena”, ha aggiunto, “è forte quanto lo è il suo anello più debole” e solo “lavorando insieme possiamo ridurre l’impatto dell’influenza aviaria e proteggere sia la salute animale che quella umana—a livello locale e globale”.
Se i potenziali danni all’industria alimentare e tutto ciò che ne consegue, l’uomo è molto meno a rischio. Le infezioni umane sono molto rare, mentre non ci sono evidenze scientifiche che provino la trasmissione sostenuta da uomo a uomo. Tuttavia, gli esperti avvisano di non abbassare la guardia, perché la diffusione del virus H5N1 tra i mammiferi potrebbe determinare mutazioni potenzialmente pericolose per l’uomo. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) hanno, in questo senso, identificato 34 diversi marcatori genetici che suggeriscono un possibile aumento della capacità del virus di adattarsi a nuovi soggetti, tra cui appunto anche gli umani.
A gennaio, il responsabile scientifico dell’Efsa, Alessandro Broglia, aveva spiegato in un’intervista a Politico che la presenza di queste caratteristiche era più che sporadica. Su 27mila sequenze virali analizzate, infatti, solo 144 avevano le caratteristiche necessarie per una trasmissione tra umani. E, tra l’altro, erano state isolate “principalmente in Asia e Africa e mai in Europa”.