Esteri
I racconti della paura di israeliani ed ebrei in Europa
Dopo quanto accaduto ad Amsterdam abbiamo raccolto testimonianze di chi vive tra aggressioni verbali e fisiche
Israeliani ci raccontano la loro vita da "bersagli"
"Vivo a Monaco da 30 anni ma da molto tempo quando esco non indosso più la kippah perché ho paura di essere insultato e aggredito come è successo a tanti ebrei. Dal 7 ottobre 2023 dire di essere israeliani o ebrei ti espone a molti pericoli e lo stesso vale per mia moglie e nostro figlio. Anche se le autorità tedesche stanno facendo molto per combattere l'antisemitismo, ci sono bande di arabi che operano nelle strade per darci la caccia. Viviamo nella paura".
Albert è un cittadino tedesco, di origine israeliana. Vive nel capoluogo della Baviera da anni. Ci chiede di non divulgare il suo cognome per paura di ritorsioni, si, paura... Lo abbiamo recuperato di ritorno da una trasferta di lavoro in Olanda, proprio ad Amsterdam, teatro delle aggressioni contro i tifosi del Maccabi Haifa, la squadra di calcio israeliana che si trovava nei Paesi Bassi per la partita di Europa League contro l'Ajax.
"Non mi ha sorpreso per nulla quanto successo l'altra sera. Era nell'aria, era solo una questione di tempo. Bisognava solo capire quale sarebbe stata l'occasione ed il luogo giusto. È bastata una partita di calcio... Ormai da mesi l'atteggiamento di molte persone nei confronti miei e della mia famiglia è cambiato. Siamo bersaglio di accuse di vario tipo: velate e non violente da parte di alcune persone, ma altre sono diventate aggressive. In famiglia cerchiamo di muoverci in situazioni di assoluta sicurezza. Nostro figlio a scuola è ormai oggetto di sguardi, quando va bene, ma anche frasi offensive. Il passo che porta dalla violenza verbale a quella fisica è corto, cortissimo...".
Racconti identici a quelli di Ester, israeliana, ma trasferita da anni a Parigi per lavoro. "Ho visto quanto successo in Olanda e sono rimasta inorridita. Ho sempre sperato che non si arrivasse a questo, alla "caccia all'ebreo" ma l'antisemitismo ormai è dilagante anche qui, anzi, forse qui a Parigi è ancora peggio. Indossare la Kippah non può significare farsi ammazzare ma conosco ormai molti amici ebrei che non la portano più e quando vanno in sinagoga lo fanno con molta attenzione e con paura. Mi chiedo cosa voglia fare l'Europa con noi ebrei e dopo quello che abbiamo visto giovedì sera ad Amsterdam temo di conoscere la risposta."
Marco, svizzero di adozione ma ebreo di famiglia ci fa un altro tipo di analisi, non meno interessante. "Quello che mi sorprende e preoccupa non è la reazione dei gruppi di estremisti pro-Palestina; so benissimo che si tratta di una minoranza, potenzialmente pericolosa ma numericamente rispetto al resto della popolazione pur sempre una cerchia molto ristretta; quello che è davvero cambiato è l'atteggiamento ormai di "odio" verso Israele di persone anche di una certa età, con un elevato livello culturale economico. Se anche questa parte della società comincia a vedere noi ebrei come dei nemici beh, allora c'è davvero da preoccuparsi".
Il caso Italia
Ed in Italia? Come vivono gli ebrei nel nostro paese? Con quale stato d'animo? I cori a favore dei giovani aggressori di Amsterdam al corteo Pro-Palestina sono un segnale preoccupante ma al momento la situazione generale sembra essere ancora accettabile ed i casi di antisemitismo isolati. Oggi si è tenuto un evento organizzato dalla Comunità ebraica di Milano (con altre associazioni) contro le aggressioni avvenute ad Amsterdam con gli interventi di diversi politici di maggioranza ed opposizione: Mariastella Gelmini, Lia Quartapelle e Alessandro Colucci. Poi Klaus Davi, i consiglieri comunali Daniele Nahum e Gianmaria Radice, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib e Davide Romano (direttore del Museo della Brigata ebraica) che ci ha spiegato come stanno le cose. "In Italia la situazione è migliore, o meglio, e meno peggiore che in altri paesi anche perché qui la popolazione araba ed ebrea è meno numerosa rispetto ad Olanda, Francia o Germania. Ma vediamo che siamo sulla strada di nazioni più "calde"; ci sono oggi infatti comportamenti, gesti, azioni contro ebrei o israeliani che accadevano altrove qualche anno fa e che purtroppo anche qui stiamo accettando. Insomma, siamo sulla stessa strada, soltanto un po' più indietro, ma continuando così sappiamo bene dove andremo a finire".
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