Esteri

L'atroce massacro dei palestinesi continua: bruciati vivi donne e bambini

di M. Alessandra Filippi

Nella notte Israele ha bombardato una tendopoli di profughi a nord di Rafah dove sono ammassati decine di migliaia di palestinesi in fuga

Nella notte il raid di Israele a Rafah, colpite donne e bambini: le immagini della devastazione

La carneficina israeliana in onda 24 ore su 24 da 8 mesi ha superato se stessa. Ieri sera, in risposta ai razzi lanciati dalla Striscia – 8 dei quali partiti dalla zona di Rafah e rivendicati dalle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas-, diretti verso il centro di Israele e Tel Aviv, dove le sirene per la prima volta da mesi hanno di nuovo suonato, l’IDF ha colpito il campo profughi di Tal Al-Sultan a nord di Rafah: ignorando l’ordine vincolante della Corte internazionale di giustizia le forze aeree israeliane hanno colpito il cuore della tendopoli dislocata nelle vicinanze del quartier generale dell'UNRWA compiendo un massacro. Il bilancio provvisorio è di 40 vittime, per la quasi totalità donne e bambini, molti dei quali bruciati vivi nelle loro tende; imprecisato resta invece il numero dei feriti, si parla comunque di diverse dozzine. Una carneficina difficile da descrivere. Un rogo di proporzioni enormi ha avviluppato il campo, molti corpi sono stati trasformati in torce umane, altri oscenamente mutilati. In uno dei video si vede un uomo aggirarsi fra le fiamme mentre tra le mani tiene il corpo di un bimbo che non ha più la testa.

Il Ministero della Sanità della Striscia ha dichiarato che il campo si trova in una zona fino a ieri classificata come sicura dalle forze israeliane che proprio in quest’area avevano costretto decine di migliaia di palestinesi a sfollare. Molti dei feriti con gravissime ustioni sono stati trasportati ​​nell’unico ospedale rimasto, quello di Tal al-Sultan, una struttura non adeguata a una simile emergenza e dove difficilmente potranno essere curati i grandi ustionati, destinati dunque alla peggiore delle agonie. Il massacro arriva infatti in un momento in cui tutti gli ospedali della regione sono stati forzosamente evacuati dall’esercito israeliano che li ha resi impraticabili e dunque fuori servizio. Testimoni oculari hanno riferito che il bombardamento ha portato alla distruzione e all'incendio di un gran numero di tende. Il corrispondente di Al Jazeera ha riferito che gli equipaggi delle ambulanze non sono stati in grado di recuperare i corpi carbonizzati a causa del bombardamento. Molte delle donne e dei bambini rimasti carbonizzati sono stati colti nel sonno.

Nella notte il portavoce dell'IDF ha affermato che l’operazione è stata mirata all’uccisone di due alti funzionari di Hamas ed è stata condotta "secondo il diritto internazionale, utilizzando munizioni precise e sulla base di precedenti informazioni di intelligence che indicavano l'uso dell'area da parte di Hamas". E poi ha aggiunto che l’”incidente” occorso al campo profughi unitamente alle dichiarazioni riguardanti le “vittime civili collaterali” verranno esaminati.

 Morti e feriti che si aggiungono a quelli che, secondo il Gaza Media Office, solo nella giornata di sabato 25 maggio, sono stati circa 190, causati da bombardamenti israeliani che hanno preso di mira diversi centri di accoglienza nella Striscia, tutti localizzati in aree considerate “sicure” dall'esercito israeliano. Sempre ieri sera il ministro del Gabinetto di guerra - e leader centrista - Benny Gantz ha avanzato alla segreteria del governo la richiesta di istituire una Commissione di inchiesta sui fatti del 7 ottobre e sulla guerra a Gaza che ne è seguita. In base alla richiesta, hanno riferito i Media, dovrebbero essere sottoposti ad indagine tutti gli eventi relativi al 7 ottobre, la guerra, il processo decisionale a livello sia politico che militare.

L’Autorità Nazionale Palestinese ha espresso la sua profonda indignazione per le vittime civili e dichiara che “è stato superato ogni limite” e chiede che gli Stati Uniti fermino Israele. Mentre Hamas ha lanciato un appello col quale invita tutti i palestinesi a insorgere e marciare contro il massacro, non solo a Gaza ma in Cisgiordania e all’estero.

Lo scorso 9 ottobre Gallant, ordinando l’assedio totale della Striscia di Gaza, aveva detto “Non ci sarà elettricità. Non ci sarà cibo. Non ci sarà carburante. Stiamo combattendo animali umani e ci comportiamo di conseguenza”. È stato di parola. Ci ha offerto un esempio di macelleria umana che mai democrazia occidentale è stata in grado di concepire e attuare. Quanto agli “animali umani” è chiaro a tutti chi siano le belve. Sono quasi 36.000 i palestinesi uccisi e più di 80.700 persone i feriti. Il bilancio delle vittime causato dall’attacco di Hamas e di 1.139 israeliane, e sono dozzine quelle ancora tenute prigioniere nella Striscia.

Sono quasi otto mesi che assistiamo ad ogni sorta di atrocità, depravazioni e crimini che nemmeno la Corte di Giustizia e la Corte Penale sono riusciti a fermare. È evidente che a questo punto c’è un  serio problema che si profila all’orizzonte di questo 234esimo giorno di genocidio palestinese.

Si chiama complicità: quella nella quale sono incappate tutte le nazioni democratiche che lo stanno permettendo, fornendo supporto logistico, armi e condiscendenza. A partire dal Presidente Joe Biden, il suo Governo e gli stessi Stati Uniti, che con le tonnellate di armi fornite a Israele sono diventati attori e complici dello sterminio del popolo palestinese. Una complicità che unita a quella della Gran Bretagna e di stati europei come Germania e Francia, non è più mascherabile e tanto meno tollerabile. E deve essere perseguita secondo i termini stabiliti dal Diritto Internazionale, così come è stato fatto per Israele, Netanyahu e Gallant, e i tre leader di Hamas. Ne va della nostra stessa sopravvivenza come razza umana. Se accettiamo questa mattanza come abbiamo lasciato si consumasse quella nazista contro quasi 20 milioni di innocenti, sei dei quali erano ebrei, decretiamo la fine della nostra specie per come l’abbiamo sempre conosciuta, condannandoci a un “the day after” infernale. Una sola notte senza termine

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