Esteri

"L'Ucraina come l'Italia dei nostri nonni", l'esperienza sul campo di Maran

di Piefrancesco Maran*

L'assessore milanese ricorda la sua esperienza come osservatore Ocse, in occasione delle elezioni che sembravano preludere a una nuova fase per il Paese

*assessore alla Casa del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran è anche un personaggio politico di caratura nazionale, come dimostra anche la sua eccezionale performance alle ultime amministrative ha stabilito il record di 9166 preferenze personali, il numero più alto in tutta Italia. Giovane eppure già molto esperto da politica, ha conosciuto l'Ucraina come osservatore Ocse e in questo post sui social ha raccontato la sua esperienza

Sembra una vita fa eppure nel 2004 in Ucraina si parlava di rivoluzione arancione. Un grande moto di piazza che chiedeva sviluppo, diritti, libertà, lotta alla corruzione. Era una mobilitazione politica affascinante, che mi convinse a dedicare all’Ucraina post indipendenza la mia tesi di laurea. Anche per quello nel 2007 ho avuto occasione di visitare il Paese come Osservatore Internazionale dell’OECD, l'Ocse, all’elezioni dei membri del Parlamento. La missione durò 10 giorni in parte a Kiev e in parte nell’oblast di Sumy, una provincia al confine con la Russia.

Non ho mai considerato la rivoluzione arancione come una vera e propria manifestazione antirussa, anzi la mobilitazione era per cambiare l’Ucraina contro la corruzione imperante, di certo rappresentata prevalentemente da una classe politica attigua politicamente alla Russia.  L’Ucraina che ho visitato un paio d’anni dopo era già disillusa per aver sostituito politici corrotti con altri politici che fondamentalmente replicavano gli stessi atteggiamenti. Il Presidente Yushenko, sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento, non aveva inciso in alcun modo sulle sorti del Paese, la pasionaria Yulia Tymoshenko pochi anni dopo verrà arrestata per corruzione.

La mia missione si svolse in un Paese tranquillo, che dava l’idea di essere pacificato. Come osservatori a Sumy giravamo (con una bellissima lada blu) di seggio in seggio e ovunque incontravamo una situazione quasi da festa paesana. Ai seggi c’erano i rappresentanti di ogni partito in un clima pressoché sempre molto disteso, nell’atrio trovavi apparecchiato un buffet dove potevi bere thè e mangiare tartine con burro e pomodori. Furono elezioni sostanzialmente regolari sia nella mia percezione, sia nella relazione finale dell’OCSE, che confermavano una tendenza alla normalizzazione del Paese verso un percorso pienamente democratico.

A livello personale girare per le strade della provincia di Sumy è stata un’esperienza unica, la città non aveva illuminazione pubblica se non in alcune vie principali, altrove ci trovavamo per strade di campagna in cui attraversarono polli e galline, le signore anziane giravano ancora coi foulard sui capelli, quelle della foto sono rappresentative di tante persone che ho incontrato in quei giorni.

Ho immaginato che fosse un po’ così l’Italia dei nostri nonni.

Non torno in Ucraina da allora, son successe di sicuro tante cose, oggi Sumy, che è un po’ più a nord delle regioni occupate è indicata come una possibile meta di espansione militare dei russi, di fatto quella zona vive in uno stato di tensione perenne dal 2014, cioè meno di 7 anni dopo i fatti cui ho assistito.

Lascio ogni valutazione geopolitica a chi ne sa più di me, anzi vi invito a seguire Lia Quartapelle, l’unica riflessione che mi sento di fare è che le guerre non avvengono solo in situazioni già caotiche, possono travolgere persone, villaggi, città e paesi dove tutto sembra tranquillo, dove sorseggi thè e mangi tartine di burro e pomodori ai seggi. Ecco, cose così accadono anche in un posto che pochi anni fa sembrava tranquillo e sereno.

 

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