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Caos in Siria, l'Europa chiude le porte ai rifugiati. Tra infiltrazioni terroristiche e nodi legali: che cosa c'è dietro 

Si teme una nuova ondata di profughi, con rischio di infiltrazioni terroristiche: è questo il messaggio che arriva dalle diverse cancellerie Ue dopo lo stop alle richieste di asilo

di Francesco Crippa

Caos in Siria, l'Europa chiude le porte ai rifugiati. Tra infiltrazioni terroristiche e nodi legali: che cosa c'è dietro 

Si teme una nuova ondata di profughi, con rischio di infiltrazioni terroristiche. È questo – o almeno così sembra – il messaggio che arriva dalle diverse cancellerie europee che a poche ore di distanza dalla conquista di Damasco per mano dei ribelli jihadisti hanno annunciato uno stop alle richieste di asilo. Una decisione presa alla svelta da Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Grecia, Norvegia, Danimarca e Svezia. Non fa eccezione l’Italia, mentre l’Austria è andata oltre, programmando l’espulsione dei richiedenti asilo. Per alcuni, però, si tratta di una decisione presa con troppa fretta, mentre non mancano dubbi sulla legalità di queste azioni.

Ufficialmente, la posizione dell’Unione europea è di cautela. Pur non dando indicazioni sulle richieste, l’Ue non apre al rimpatrio: “Il rientro o meno nel paese è una decisione individuale, per ora giudichiamo che non ci siano le condizioni per rimpatri sicuri e dignitosi in Siria”, ha chiarito un portavoce. In Europa, il paese dove vivono più siriani è la Germania. Lunedì, però, Berlino è statala prima capitale a chiudere la frontiera, sospendendo l’esame delle richieste d’asilo provenienti dalla Siria. Secondo le autorità quelle non ancora esaminate sono 47.270, di cui 46mila ancora nella fase iniziale. La decisione tedesca è stata rapidamente imitata. “Il governo ha stabilito, analogamente a quanto fatto da altri partner europei, di sospendere i procedimenti circa le richieste di asilo dalla Siria”, ha comunicato con una nota il governo italiano. Secondo i dati disponibili, i richiedenti asilo nel nostro paese sono meno di mille.

La mossa di Germania, Italia e diverse altre nazioni si spiega con due parole: incertezza e timore. L’incertezza su quello che accadrà a Damasco ha fatto alzare muri preventivi, per tutelarsi da una nuova possibile ondata di rifugiati in fuga dal regime jihadista che si sta instaurando. Il timore, però, non riguarda solo i numeri. “Giusto bloccare le entrate dalla Siria, questi non sono frati francescani ma terroristi islamici, sono per la sospensione di Schengen”, ha detto per esempio Matteo Salvini. Al netto della fin troppo semplicistica generalizzazione, le parole del leader della Lega spiegano bene quale sia l’altra paura: quella di infiltrazioni terroristiche.

Dal canto suo, l’Austria, dove vivono circa 100mila siriani, non si è limitata alla sospensione della valutazione delle richieste di asilo. Verranno riesaminati i casi in cui è già stato concesso l’asilo e, soprattutto, come annunciato dal ministro dell’Interno Gerhard Karner verrà preparato “un programma di rimpatrio ed espulsione in Siria”

Secondo l’International rescue committee si tratta però di decisioni premature. “Considerate le notevoli incertezze e preoccupazioni che rimangono sulla transizione e il futuro della Siria, futuro, invitiamo tutti i paesi in cui i siriani vivono come rifugiati a sostenere il diritto all'asilo, nonché il principio del ritorno sicuro e volontario”, ha detto Imogen Sudbery, direttrice del comparto europeo dell’ong. Sulla questione ci sono anche dubbi giuridici. Stando infatti all’articolo 3 della Convenzione di Ginevra sullo statuts dei rifugiati, l’accesso alle richieste d’asilo deve avvenire “senza discriminazioni quanto alla razza, alla religione o al paese d’origine”. Un principio recepito dal diritto europeo ma contro cui sembrano muoversi i vari provvedimenti adottati.

In ogni caso, la vicenda è stata subito cavalcata soprattutto dai partiti di destra, uniti in un coro propagandistico. In Danimarca, per esempio, commentando la decisione del governo di sospendere le richieste il leader del Partito popolare, Morten Messerschmidt, si è augurato che i “45.121 siriani” che vivono lì ritornino in Siria. “Oltre a sostenere la ricostruzione del loro paese, ciò migliorerà le statistiche sugli stupri in Danimarca”, ha scritto su X Morten Messerschmidt. In Svezia, invece, l’estrema destra ha chiesto anche la revoca del permesso di soggiorno. “Possiamo cominciare con le circa 45mila persone che non hanno la cittadinanza svedese”, ha twittato Tobias Andersson, deputato dei Democratici svedesi. Messaggi analoghi sono stati lanciati in Germania dall’Afd, in Austria da Fpö, in Italia da Salvini.