Esteri

Migranti, francesi "chiagni e fotti": fanno la morale, ma poi manganellano

Di Giuseppe Vatinno

I francesi se la prendono con l'Italia per la gestioni dei flussi, ma loro sono i primi a non accoglierli: l'ultima stretta al loro confine a Sud ne è l'esempio

Migranti, i “franciosi” attaccano l’Italia

I soliti “franciosi”, come da sempre li chiamavano i nostri saggi avi, attaccano l’Italia. Lo fanno “alla francese”, e cioè con l’intempestività grezza che li caratterizza. Il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva già pronta la valigia per partire alle 15.30 di ieri per Parigi dove aveva un incontro diplomatico con la sua omologa Catherine Colonna, quando il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, ha sganciato la bomba: «La signora Meloni, a capo di un governo di estrema destra scelto dagli amici della signora Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori sui quali è stata eletta» e poi ancora: «Meloni è come Le Pen, si fa eleggere dicendo “vedrete” e poi quel che vediamo è che l’immigrazione non si ferma anzi si amplifica».

Il motivo è stato quello di una risposta al presidente del partito di Marine Le Pen, Jordan Bardella, che dal confine di Mentone aveva dichiarato: “Dobbiamo riservare aiuti sociali ai francesi, espellere delinquenti e criminali stranieri e osare impegnarci in un braccio di ferro diplomatico con i paesi di partenza”. Naturalmente il viaggio è stato annullato ed è scoppiata l’ennesima crisi diplomatica. L’intemerata d’oltralpe ha addirittura costretto il “Partito democritico” a difendere Tajani: «L'opposizione al Governo Meloni la fa l'opposizione italiana, Darmanin può serenamente dedicarsi ai suoi problemi interni», e quindi l’uscita del ministro dell’Interno ha avuto il magico effetto di essere riuscito a compattare l’Italia.

La scorsa settimana i franciosi hanno schierato 150 militari sul confine con l’Italia e hanno preso a manganellate i migranti che cercavano di entrare in Francia. Poi di notte ributtano dentro i nostri confini i pochi che sono riusciti a passare. Del resto la reazione dell’Eliseo non c’è stata anche se Tajani ci spera: «C’è un attacco a freddo, come una pugnalata alle spalle, da parte di un esponente di primo piano del governo della Francia. Non sono cose che si possono ignorare. Di sicuro però il resto dell’esecutivo di Macron non la pensa come Darmanin. Il comunicato non è sufficiente perché non ci sono le scuse, ma da parte francese si nota comunque sia il dispiacere che l’imbarazzo su quanto accaduto».