Esteri
Migranti, Orban costringe von der Leyen al tavolo e cavalca le contraddizioni Ue
Il bluff di von der Leyen, che sui migranti è costretta a trattare con Orban. Un'Europa sempre più a la carte ed il ruolo chiave da mediatrice di Giorgia Meloni
Migranti, Orban costringe von der Leyen al tavolo e cavalca le contraddizioni Ue
Viktor Orban viene “ripescato” da Giorgia Meloni. E Ursula von der Leyen, prevedibilmente, dopo aver duramente attaccato il premier magiaro solo una settimana fa durante la presentazione delle linee guida della presidenza ungherese del Consiglio Europeo, si siede al tavolo con lui per discutere delle future strategie comunitarie per l’immigrazione.
A Bruxelles la presidente della Commissione ha incontrato, prima del Consiglio Europeo, la premier italiana, il collega di Budapest e un’ampia platea di capi di governo desiderosi di una serie di politiche più restrittive: dall’olandese Dick Schoof alla danese Mette Fredriksen, una leader socialdemocratica presente al tavolo, passando per il capo di governo greco Kyriakos Mitsotakis l’Europa mette sul tavolo l’esternalizzazione del controllo sulle migrazioni irregolari e si scopra, giocoforza, un po’ orbaniana.
Immigrazione: l'ipocrisia di von der Leyen
Questo conferma quanto, a valle dello scontro von der Leyen-Orban, scrivevamo su Affaritaliani.it, e cioè che nelle parole della presidente popolare della Commissione ci fosse un sostanziale velo d’ipocrisia. A Frau Ursula premeva mostrarsi alternativa a Orban in vista del voto di approvazione del Parlamento Europeo sui suoi compagni di viaggio alla Commissione. Ma nei fatti il summit sui migranti, che ha palesato le divergenze europee, segnala un problema di fondo del Vecchio Continente. Il quale sulle migrazioni è spaccato in due tronconi: i fautori degli hotspot esterni, dalla Tunisia all’Albania, promossi da Meloni e incentivati da Orban, il quale si crogiola nel fatto che essendo l’Ungheria circondata solo da Paesi membri dell’Unione Europea questo significa ottenere una facile vittoria politica, sono da un lato. Sull’altro fronte si schierano il premier spagnolo Pedro Sanchez, il presidente francese Emmanuel Macron e molti leader dell’area balcanico-danubiana, che chiedono maggior solidarietà intereuropea.
In mezzo, chi agisce da solo, contribuendo a parcellizzare l’Europa: Germania e Svezia hanno fissato nuovi controlli alla frontiera, l’Austria li promuove da tempo ma al cancelliere Karl Nehrammer, che deve negoziare il governo con l’estrema destra orbaniana dell’Fpo, preme farsi vedere al tavolo delle trattative.
Un'Europa spaccata è ciò che più fa comodo a Orban
Il risultato? Un’Europa spaccata dove i veti pesano di più. Proprio come piace a Orban. Esattamente come succede su altri dossier, dai diritti civili al green passando, soprattutto, per il sostegno all’Ucraina e le sanzioni alla Russia. Tema su cui di recente è emerso che il Consiglio Europeo potrebbe deliberare di rendere volontario, e non obbligatorio, il processo di contribuzione all’European Peace Facility (Epf), il fondo utilizzato da Bruxelles per rimborsare gli aiuti forniti a Kiev.
I veti di Orban hanno finora bloccato 6,5 miliardi di euro di erogazioni all’Epf, e ora il passaggio alla volontarietà serve a evitare che l’Ungheria, pesando l’1% del totale, blocchi con la regola dell’unanimità il sostegno a Volodymyr Zelensky. Ma questo, chiaramente, crea il precedente di un’Europa à la carte in cui altri Paesi si sentiranno chiamati a sfilarsi. Un punto in più per Orban, che potrà continuare a cavalcare la contraddizione su cui spinge per operare con forza in Ue: economia irrorata di fondi comunitari, potere di veto esercitato o paventato per far leva su Bruxelles.
L'Europa sempre più accondiscente verso Orban
Ursula von der Leyen guida dunque un’Europa spaccata e la Commissione va al passo dei player che con più rigidità sceglie di alzare i muri ove possibile. E in nome di questo potere di dilazione delle strategie europee e delle capacità di condizionamento si è presentato raggiante di fronte al gruppo dei Patrioti per l’Europa formato da partiti come la Lega, il Rassemblement National e Vox alla vigilia del summit. L’Europa non lo ammette, ma per contenere o bypassare Orban sta diventando sempre più accondiscendente nei suoi confronti. Pur trovando grandi difficoltà ad ammetterlo.