Esteri
Pescatori liberi in Libia unica bella notizia, ma...
PESCATORI LIBERI UNICA BELLA NOTIZIA
Finalmente una bella notizia in questo triste finale di anno: dopo 108 giorni di prigionia, il generale Khalifa Haftar ha liberato i 18 pescatori, 8 italiani, 6 tunisini, 2 filippini e 2 senegalesi di Mazaro dal Vallo sequestrati dalla marina libica. L’incubo per i marittimi, infatti, era iniziato il 1 Settembre, quando il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio si era recato per una visita in Libia. Il titolare della Farnesina si era recato prima a Tripoli per poi andare in Cirenaica. Ma in Cirenaica non si era tenuto l’atteso incontro con il generale Haftar, che da sempre ha avuto un canale preferenziale con il nostro Governo.
Il ministro degli Esteri forse non voleva ripetere l’incidente diplomatico creatosi a Gennaio, quando Conte ricevette a Palazzo Chigi il Generale, suscitando le ire di Al Serraj, che in volo verso Roma fece immediato dietrofront. Il generale Haftar si era già ritirato dalla Tripolitania a Giugno, spinto dagli Emirati Arabi suoi alleati insieme all’Egitto, su suggerimento americano. Chiaro dunque che sotto il fronte politico l’uomo forte della Cirenaica non risultava più così decisivo agli occhi della diplomazia internazionale e Di Maio quindi, ha incontrato solamente il presidente del parlamento Agurila Saleh. Per Haftar la cui ambizione è pari alla sua supponenza, evidentemente si è trattato di un affronto che non poteva rimanere impunito. E forse non è un caso che mentre il nostro ministro degli Esteri tornava a Roma, le sue motovedette sequestravano i pescherecci Medinea e Antartide, con gli equipaggi accusati di pesca in acque libiche. L’Italia ha cercato subito di muovere i propri canali diplomatici, che però si sono rivelati assai poco efficaci, se si pensa che il sultano turco Erdogan, in una situazione simile ha impiegato 6 giorni per indurre il generale Haftar a riconsegnare la nave turca "Mabouka", con il tutto il suo equipaggio fra cui 7 marinai turchi. Ma evidentemente il premier turco, che in Libia ha avuto un ruolo determinante nel suo appoggio al rivale di Haftar, Al Serraj, non ha usato le mezze misure, per convincere il generale.
Rivolto ai capi della "Libyan National Army" (la milizia del generale Haftar), un portavoce del ministero, sicuramente su ordine dello stesso Erdogan, aveva dichiarato che "chiunque prende di mira gli interessi turchi in Libia diventa lui stesso un obiettivo legittimo per la nostra ritorsione" Il nostro paese, invece, è stato costretto ad aspettare ben 108 giorni, prima di poter riavere indietro i suoi pescherecci e i loro equipaggi, e pagando un prezzo salato a livello di credibilità internazionale. Il premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio, si sono dovuti recare alla corte di Haftar, in una pantomima, che a molti è apparsa come una vera e propria umiliazione dal punto di vista diplomatico e proprio in Libia, dove sia per posizione geografica sia per tradizione, il nostro paese ha sempre avuto un ruoloimportante.
“E’ stata una pietosa passerella pre natalizia di Conte e di Di Maio. Ed è ancora più umiliante il fatto che Erdogan, nemico di Haftar, ha ottenuto la liberazione delle sue motovedette in soli sei giorni, e senza che lui o il suo ministro degli Esteri si recassero in Libia a baciare la pantofola al generale Haftar” è stato il commento durissimo di Carlo Fidanza, capo delegazione al parlamento europeo di Fdi. Ma anche tralasciando la pura polemica politica, è sicuramente indubbio che questo fatto, dopo il caso Regeni, dimostra come il nostro paese abbia sicuramente perso influenza e peso strategico nell’asse del mediterraneo orientale, lasciando alla Francia il ruolo che prima apparteneva, quasi di diritto, al nostro paese, mentre la Russia e la Turchia stanno colmando il vuoto lasciato dall’amministrazione Trump nella regione. Alcune indiscrezioni parlano addirittura di un intervento di Francia ed Egitto per sbloccare la situazione, cosa smentita, ma che rafforza ulteriormente la tesi secondo cui il nostro paese, malgrado i grandi interessi economici che ha nel paese con la compagnia petrolifera Eni, i cui giacimenti avevano subito gravi danni dal blocco imposto dalle truppe del generale Haftar, abbia sicuramente perso gran parte del suo peso specifico sulla Libia, in un momento in cui che la situazioine rimane assai ingarbugliata, anche se le sorti sembrano sempre ormai segnate per le ambizioni del generale Haftar.
Il capovolgimento delle sorti della guerra (nel novembre del 2019 Tripoli stava per cadere nelle mani di Haftar) è dovuto in gran parte all’impegno maggiore della Turchia, che ha molto investito in uomini e mezzi, rispetto a quello della Russia e dello stesso Haftar. Determinanti e vincenti nelle varie battaglie recenti si sono dimostrati i droni-bombardieri Bayraktar T B2 Ucav (prodotti dal genero di Erdogan) che hanno distrutto in massa i costosissimi sistemi d’arme antiaerea russi Pantsir, forniti ad Haftar da Putin. Il nostro paese e l’Europa sono ritenuti a ben ragione alla stregua di spettatori non paganti in questo conflitto, al contrario degli Emirati Arabi e dell’Egitto, che hanno sostenuto con forza Haftar. Ma proprio questo sostegno che era motivato da questione religiose e che ha perciò allargato il conflitto locale ad una sorta di guerra contro i fratelli mussulmani, ha scatenato la naturale risposta del sultano di Erdogan, che ha avuto proprio da ciò la piena legittimazione ad intervenire nel conflitto, capovolgendone le sorti. Italia ed Europa hanno invece continuato a cercare una “soluzione politica”.
Dove questa era impossibile da raggiungere appunto perché la posta in gioco va ben oltre la Libia, ma riguarda chi esercita l’egemonia nel mondo sunnita nei vari paesi del Mediterraneo. Conte e Di Maio poi hanno commesso il grave errore di considerare Haftar come un cavallo vincente nella crisi libica. Così si spiega la gaffe di Conte che ha incontrato per primo e con gli onori di un capo di Stato Haftar a Palazzo Chigi l’8 gennaio 2020, provocando l’immediata cancellazione dell’incontro con Al Serraj che avrebbe dovuto avvenire subito dopo. E come nel più classico dei contrappassi proprio lo stesso Haftar adesso sembra aver voluto trattare Conte come lui aveva fatto con il rivale Al Serraj. Come dire oltre al danno la beffa.