Sudan, l’insistenza sulla soluzione militare porta la guerra al terzo anno consecutivo. L'analisi - Affaritaliani.it

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Sudan, l’insistenza sulla soluzione militare porta la guerra al terzo anno consecutivo. L'analisi

Nonostante la sofferenza della popolazione, l’esercito sudanese continua a respingere ogni tentativo di mediazione internazionale

​​​​​ di Redazione

Un'analisi sul terzo anno di guerra in Sudan: milioni di sfollati e una grande crisi umanitaria mentre la giunta militare respinge ogni mediazione internazionale

Il conflitto tra l’esercito sudanese e le Forze di Supporto Rapido (FSR) è ormai entrato nel terzo anno, generando una delle peggiori crisi umanitarie della storia del Paese. Secondo le ultime stime, circa 12 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle zone di combattimento, mentre oltre 4 milioni hanno cercato rifugio nei Paesi confinanti. Più di 30 milioni di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare e oltre 17 milioni di bambini hanno perso l’accesso all’istruzione.

Nonostante la sofferenza della popolazione, l’esercito sudanese continua a respingere ogni tentativo di mediazione internazionale. Il ministro degli Esteri, Ali Yousef, ha recentemente dichiarato che la formazione di un governo civile non sarà possibile prima della sconfitta totale delle FSR. Il comandante delle forze armate e leader de facto del Paese, Abdel Fattah al-Burhan, ha ribadito la volontà di continuare la guerra a ogni costo, rifiutando ogni apertura al dialogo. Durante una precedente iniziativa dell’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (IGAD), al-Burhan aveva rifiutato di partecipare, affermando: "Ribadiamo che la questione sudanese è un affare interno, e la nostra risposta alle iniziative regionali non significa rinunciare al diritto sovrano del Sudan di risolvere i suoi problemi autonomamente".

Di contro, il leader delle FSR, Mohamed Hamdan Dagalo (noto come Hemedti), ha espresso apertura verso una soluzione politica inclusiva e definitiva al conflitto, accettando di partecipare a una sessione di dialogo proposta a livello internazionale. Nel mezzo del conflitto, Hemedti ha annunciato la creazione di un “Governo della pace e dell’unità”, composto da 15 membri rappresentativi delle diverse regioni del Sudan. In un video pubblicato su Telegram, ha spiegato che l’obiettivo è rappresentare il “vero volto” del Paese e gettare le basi per un patto politico e una costituzione transitoria, in vista di un nuovo Sudan. Il governo, ha detto, fornirà servizi essenziali su tutto il territorio nazionale, non solo nelle aree sotto il controllo delle FSR.

Nel frattempo, Regno Unito, Germania, Francia, Unione Africana e Unione Europea hanno organizzato la “Conferenza di Londra sul Sudan”, durante la quale sono stati promessi oltre 80 milioni di euro in nuovi finanziamenti per far fronte all’emergenza umanitaria. Aprendo i lavori, il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha dichiarato: "Molti hanno voltato le spalle al Sudan. È un errore morale, considerando il numero di civili uccisi, bambini di pochi mesi vittime di violenze sessuali, e milioni di persone minacciate dalla fame, a livelli senza precedenti nel mondo".

Anche gli Emirati Arabi Uniti, tra i principali attori del Golfo nella regione, hanno preso posizione. Lana Nusseibeh, sottosegretaria per gli Affari Politici, ha chiesto l’avvio di un processo politico reale per una transizione guidata da civili, indipendente dal controllo militare. Ha inoltre denunciato le gravi violazioni dei diritti umani, tra cui stupri sistematici, l’uso di armi chimiche e l’ostruzione degli aiuti umanitari, chiedendo che i responsabili delle violazioni del diritto internazionale siano perseguiti. "La sovranità autoritaria non può giustificare la carestia", ha dichiarato, "né può essere usata come scudo per chi ostacola gli aiuti umanitari o prende di mira operatori e civili. I sudanesi meritano protezione e accesso agli aiuti".

Mentre la comunità internazionale discute, le violazioni contro i civili continuano. Dopo la riconquista di Khartoum da parte dell’esercito a marzo, le Nazioni Unite hanno denunciato esecuzioni sommarie su larga scala di civili accusati di collaborare con le FSR. Volker Turk, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, ha dichiarato: "Sono profondamente scioccato dai rapporti attendibili che parlano di esecuzioni extragiudiziali di civili in varie zone di Khartoum. Si tratta di gravi violazioni del diritto internazionale, e i responsabili – inclusi i loro superiori – devono essere chiamati a rispondere".

Poco prima, un altro episodio aveva scosso l’opinione pubblica: un massacro nel mercato di Tora, nella regione del Darfur, attribuito all’esercito sudanese. Immagini diffuse dalla stampa americana mostrano corpi bruciati e resti umani sparsi in un’area devastata dal fuoco. Secondo l’organizzazione per i diritti umani Avaaz, le vittime sarebbero oltre 200. Il Darfur, epicentro di violenze da anni, continua a subire bombardamenti indiscriminati da parte dell’esercito nelle aree controllate dalle FSR, con enormi perdite civili.

Il conflitto attuale affonda le sue radici nel colpo di Stato militare guidato da Abdel Fattah al-Burhan contro il governo civile del premier Abdallah Hamdok, nell’ottobre 2021. Le proteste popolari scoppiate dopo il golpe hanno segnato la rottura definitiva della fragile alleanza tra esercito e forze civili. In aprile 2023, il Sudan è piombato nella guerra civile. Da allora, la lotta per il potere ha trasformato il Paese in un teatro di sofferenza, distruzione e impunità.